Poco tempo fa avevo letto "La vita fino a te", di Matteo Bussola. Libro che consiglio praticamente a tutti quanti, anche per disintossicarsi di quell'egocentrismo che spesso la società ci rende vittime e imparando cosa vuol dire essere altruisti e saper apprezzare le piccole cose che la vita quotidianamente ci regala.
Tra i tanti capitoli, uno su tutti (anche se per vie diverse rispetto al tema di questo post) mi è rimasto impresso. Si tratta de "le ali dell'ornitorinco". Il brano in questione ha tutt'altro a che vedere su ciò che voglio scrivere, anche se in parte la confusione mentale è la stessa, citando il libro:<<Il mondo le diceva: guarda che sei un'anatra, mentre lei si sentiva un castoro". La chiamava "la sindrome dell'ornitorinco">>.
Questa "sindrome", chiamiamola così, l'ho vissuta i giorni scorsi per via di due lutti che sicuramente mi hanno cambiato. La perdita di mia nonna, che per me era praticamente una seconda madre, mentre tre giorni dopo la sua scomparsa, quella di un caro amico .
Due notizie terribili nel giro di pochi giorni e come spesso accade lo shock è stato talmente forte che mi son ritrovato circondato da domande e aspettative. Soprattutto su me stesso e la vita. Dal "Chi sono?" al "cosa faccio, adesso? Cosa potevo fare?" (un po' in stile ornitorinco...sono un mammifero e depongo le uova? il più classico dei "What a fuck!").
Questo post in parte vuole essere d'aiuto verso chi fa fatica a rialzarsi dalle cadute, sperando di donare esempio e conforto -o al massimo, se sono amici della zona suonare il campanello e dirmi "oh, ti va una birretta? Ho bisogno di parlare".
Me ne rendo conto, rialzarsi in certi casi è una botta pazzesca. Nulla è stato scritto e di conseguenza i vari progetti vanno letteralmente a farsi fottere. Come dei fogli di brutta copia accartocciati e finiti nel cestino per via di un senso d'insoddisfazione.
Tutto all'improvviso sembra una merda, perfino le bellezze della natura stessa. Pure una farfalla che si posa su un fiore può risultare tale.
Eppure in questi giorni a chi mi chiede "come stai?" rispondo con un "Huevos grandes (per affrontare tutto, sottointeso)", perché il sorriso nonostante tutto non mi manca. Tanto meno la forza per spostare bancali a lavoro o leggere libri.
Siamo tutti diversi gli uni dagli altri, è vero. Ma forse anche se in piccole percentuali ciò che accomuna tutti noi è la voglia di reagire. Per noi stessi, per le care persone che non ci sono più e per la vita stessa che obbiettivamente ci mette alla prova. Dove la trovo questa forza? Semplicemente esperienza. Una pellaccia dura fatta di sconfitte e perdite. Di delusioni e lacrime mi hanno portato ad essere una persona determinata, costante e ambiziosa.
Mi vengono in mente alcune strofe di "Country Boy" dei Tre allegri ragazzi morti:
"Va tutto bene / non ti devi preoccupare non per me
Mi sono fatto male / ma ho imparato come si fa / occhi sorridenti
una pulita alle braghe (...)
(...)Va tutto bene / spero davvero anche per te / il tempo è dei peggiori
anche per fingere / impara a cadere presto / perché presto succederà
e intanto ridere delle cose / che qualche volta ti servirà."
Di mia nonna mi rasserena sicuramente il fatto che ha passato una vita in salute, morendo di vecchiaia a 88 anni. A differenza mia l'ospedale l'ha visto solo due volte. Di lei ho la stessa tempra e tenacia (oltre ad una R grattata nel parlato e uno sguardo capace a incenerire le persone, se si comportano in maniera scorretta o irrispettosa). Il piccolo extra è l'orologio di mio nonno, suo marito, che puntualmente tengo in tasca quasi sempre e che stringo nei momenti di difficoltà. Lo voleva gli ultimi giorni d'ospedale, consapevole che ormai era arrivata la sua ora e voleva vicino qualcosa riguardante mio nonno. Quella sera in ospedale l'orologio arrivò nelle mie mani tramite mio padre. "Ora è tuo, rendili fieri".
Un rendere fieri che si allarga non solo a loro ma al mio amico che non c'è più. Che quando finiva le superiori e rientrava a casa con la corriera, vista la differenza d'età, mi bussava alla porta e chiedeva in prestito alcuni album di musica. Amico di grosse risate e momenti surreali da far invidia a quei quattro spannati di Jackass. Amico che purtroppo non si è mai confidato con nessuno per una malattia che lo tormentava e che gli ha fatto prendere una decisione che ha shockato l'intera comunità, per quanto era amato e ben voluto.
Rendili fieri. Perché tutto si può dire di queste persone, nel bene e nel male. Ma i loro sorrisi stampati nella mia mente sono quella forza extra che mi fanno andare avanti e che mi spingono a riprendere a scrivere e sicuramente anche a suonare, nonostante le tempistiche non sono poi così favorevoli. Una determinazione nuova in me presente, che mi porta ad essere più maturo e uomo rispetto a quello che ero fino ad un paio di giorni. Appunto, la forza dell'ornitorinco, non sindrome. Che forse non sa ancora che cos'è, ma in cuor suo va avanti per la sua strada. Un po' di qua un po' di la.
Suonerò? Scriverò? Giocherò con i lego per creare qualcosa di colorato per abbellire a livello estetico una parte della casa?
Per quanto riguarda la scrittura questo primo post del 2020 è un modo per "sbloccarmi", una Version 2.0 del sottoscritto dove, nel corso dei giorni passati, ho pensato che se devo portarlo avanti, sto blog, lo farò secondo alcune nuove regole. Farlo per me stesso se ho qualcosa da dire, come sto già facendo.
Leggendo si i vostri commenti ma senza rispondere (non per maleducazione, sia chiaro...qua potete scrivere sempre quello che volete, siamo in un paese libero. Ma sto cercando di disintossicarmi dalle notifiche che ci rendono schiavi dei monitor). Magari col tempo m'addolcirò ritornando ad essere mansueto come voleva mia nonna e come son sempre stato, ne sono certo.
Intanto questa attitudine, è ben descritta da Doro Gjat:
"E siamo a posto, più l'Italia m'ignora e più mi rinforzo
Più la scena è vicina più mi discosto
resto vero restando fermo sul posto.
(...)
E lo direte che ero ossivo per i vostri complimenti
e parimenti mi azzittivo, perché schivo sia le view, i like e i commenti
e piuttosto di piacere, io scelgo di piacermi"
Perché alla fine, nonostante tutto, sono cambiamenti, e come tali bisogna saperli affrontare. Me lo son ripetuto durante il viaggio in macchina da casa all'ospedale per andare da mia nonna quell'ultima volta, nella notte di Mercoledì. Il tutto in maniera cantata, per quanto riesco a sorridere e togliendo la maschera che per forza di cose devo indossare.
La canzone è Changes, dei Black Sabbath. E descrive per filo e per segno ciò che provo da quella dannata sera. Quella straziante voce di Ozzy Osbourne che canta, nel ritornello
La canzone è Changes, dei Black Sabbath. E descrive per filo e per segno ciò che provo da quella dannata sera. Quella straziante voce di Ozzy Osbourne che canta, nel ritornello
"I'm going through changes" (Sto attraversando dei cambiamenti).
Citando Jeff Bridges nel film "Starman": "Vuole sapere qual'è la cosa più bella che trovo in voi (terrestri)? Date il meglio di voi stessi nelle situazioni peggiori."
Hai un nuovo seguace! :) You have a new follower. (slowly di Zagabria :P)
RispondiEliminaQuesto è un bel post, che nonostante l’ispirazione negativa ha portato il tuo sfogo verso una positività propositiva: ottimo modo per far partire sotto i migliori auspici questo 2020.
RispondiEliminaNaturalmente mi dispiace per le due perdite importanti. È significativo che tu ne abbia tratto un buon insegnamento. Si va avanti, ma con dei begli esempi alle spalle.