lunedì 8 giugno 2020

Quindi non hai visto "The last dance"? Sai questo cosa può comportare?

 -L'incontro causerebbe un paradosso temporale il cui risultato potrebbe provocare una reazione a catena che scomporrebbe la tessitura del continuum tempo-spazio distruggendo l'intero Universo! Riconosco che è l'ipotesi più pessimistica: la distruzione potrebbe essere molto circoscritta e limitata alla nostra galassia.- (cit.)







Più passano i giorni, più mi sento fare la stessa e prevedibile domanda: << Hai visto "The last dance" su Netflix?>>.  

Per chi non lo sapesse, è una mini docu-serie sportiva dedicato a quello che per me era ed è uno tra i migliori giocatori di basket di sempre: Michael Jordan. 
La risposta purtroppo è no, non l'ho visto e per quanto ho amato e amo tutt'ora Jordan non lo vedrò. 

Mentre scrivo queste parole, ancora assonnato alle 8.13 del mio primo giorno (piovoso) di ferie, si apre nella mia mente un varco proveniente da due passati. Il che, probabilmente, mi fa capire che sto sognando: Sono le mie versioni da 13enne e quella da 23enne. 
Guardano la camera spaesati, il primo si chiede dove sono finiti i poster di MJ e il canestro appeso alla porta. Il secondo si chiede dove sono finiti i poster dei Nirvana ma allo stesso tempo guarda soddisfatto il basso appeso alla parete, pensando "cazzo...alla fine ci sono riuscito!".  Poi guardano me -o meglio, loro stessi da 36enne-, con un principio di calvizia nascosto tra capelli pettinati alla Jack Nickolson e un lieve (anche se è ancora tutto da confermare) dolore che fa pensare alla classica ernia: "che rottame!" Esclamano, anche se entrambi, curiosando su ciò che scrivo, mi attaccano con la domanda scritta all'inizio e le mille filippiche Jordaniane che facevo ai tempi verso i "non credenti".
Zittisco subito il 23enne, dicendo che i santini di Jordan che aveva nel portafoglio anni prima non portarono la fortuna tanto cercata alla maturità e lui, carico di rancore che eliminerà a sua insaputa nel corso degli anni, abbassa le orecchie. 


Non ho visto o vedrò questo docu-film per un semplice motivo sentimentale, ed è legato proprio a queste due mie versioni del passato. 
Anno dopo anno avevo accumulato vari dvd e libri a riguardo, da bravo invasato. Il 13enne, esaltato, mi ricorda di come all'esame di terza media aveva portato la pallacanestro per ginnastica e (con entusiasmo) secondo le regole dettate dal prof. l'ultimo capitoletto doveva essere dedicato a un giocatore. Non so quante pagine avevo scritto sul n°23 dei Bulls.
La verità è legata tutta a quei '90 ed è difficile spiegar loro questa cosa. Tramite i vari dvd e libri (anche indiretti, quali "Eleven Rings" del coach Zen Phil Jackson o "Bad as i wanna be -cattivo come voglio essere" di Dennis Rodman), già sapevo tutto riguardante l'universo Jordaniano o quasi. 
Per facilitarvi la mia posizione in un ottica più seria e dettagliata oltre il lato sentimentale, vi consiglio la lettura del post io (non) ballo da solo del giornalista Sergio Tavcar. I punti di vista sono molto simili e non voglio assolutamente prendere merito di idee o pensieri altrui. Specie da chi mi ha donato compagnia durante le sue telecronache nel corso del tempo. Sono in debito con te per tutte le emozioni che mi hai donato, Sergio. Grazie mille. 

"Tavcar!" esclamano due me del passato con gioia. Esatto. Una cosa che ancora ci accomuna nonostante l'evolversi della persona sono le sue telecronache. Specie e soprattutto dell'Eurolega su Koper/Capodistria, assieme alle partite dell' Olimpija Ljubljana.
Sguardi complici e malinconici si cercano e si nascondono, consapevoli di una cosa sola: E' difficile rivivere quei '90. Anzi, per me fine anni '90, perché mi ero avvicinato a Michael con il suo primo ritorno post baseball e il classico "repeat the three-peat". Il 23enne guarda il basso e lo accarezza, fantasticando sulla sua idea di formare un gruppo grunge chiamato "Project Grudge" e che mai accadrà, almeno per il momento (il nome in questione era un ovvio richiamo al progetto realizzato degli Stati Uniti per investigare il fenomeno degli oggetti volanti non identificati, ma mi è sempre piaciuta l'assonanza grunge/grudge).
E' difficile spiegare a molti ragazzini del 2020 che muovono i primi passi nel mondo della pallacanestro chi era Jordan. Non ha inventato lui il brand delle scarpe ne è un meme vivente.

Non lo voglio vedere non per prendere le distanze da un gregge, ma per un semplice motivo sentimentale:
Penso a Jordan e subito vedo il 13enne che fa i tiri a canestro con la lingua di fuori e lo sguardo vispo verso la sua amica d'infanzia che, sdraiata sull'amaca in giardino, gli chiedeva "perché tiri con la lingua di fuori?", pensando alla classica frase come risposta "Be like Mike" e di quanto si allenava duramente nonostante i suoi limiti per il classico sogno dei ragazzini ambiziosi a livello sportivo: Vestire la maglia azzurra.
Guardo il 23enne che apre l'armadio in cerca di quella canotta rossa dei Bulls. "Non è più appesa li, è in un cassetto" e di come l'aveva avuta in regalo per i suoi 23 anni da una ragazza che frequentava in quel periodo. Quando, durante la festa di compleanno e preso dalle birrette, aveva chiamato in camera due sue ex compagni di squadra per farla vedere con orgoglio. "Oh...è la versione delle finals!!". Lo stesso che ride rovistando tra i dvd e nota il film "Number 23" e della similitudine con il protagonista, ossessionato da un semplice numero.

E poi ci sono io, il "rottame" 36enne (con l'ernia confermata come una trade di mercato da Adrian "Woj" Wojnarowski). Che guarda il passato con nostalgia ma con occhi maturi e critici verso il futuro e verso la pallacanestro americana attuale dove i lunghi tirano da tre e nessuno va a rimbalzo, di come perdo la pazienza tanto quanto perdo i capelli nel leggere che un noto "re" è il migliore di tutti i tempi (vedendo finire nel dimenticatoio giocatori del passato come Chamberlain, Russell o lo stesso Jordan per dirne tre così a caso).
Rimprovero la mia versione da teenager: Space Jam è solo una lunga pubblicità della durata di un film, ma lo rassicuro: da ammiratore di Bill Murray sto facendo un pensierino sulla sua canotta #22. D'altronde "Every day is Murray Day" e in questo caso, la pubblicità ha fatto il suo effetto.
Insomma, citando "Serve the servants" dei Nirvana: "Teenage agnst has paid off well/ Now i'm bored and old" (La rabbia adolescenziale ha pagato bene / ora sono annoiato e vecchio).


Gli anni novanta son difficili da spiegare alle nuove generazioni. Non erano solo Jordan e Kurt Cobain. Era l'aria frizzante che si respirava e si viveva. Di come alcuni coetanei del mio paese andavano in giro d'estate con la canotta di Vincenzino Esposito ai Toronto Raptors o di O'Neal ai Magic. Era il periodo di "internet, questo sconosciuto" e delle finali nba del 1998 registrate su VHS, le tanto amate videocassette: L'ultimo ballo, in differita ovviamente su Koper/Capodistria. E del tempismo di mia madre che mi disse, nel mezzo: "Mirko puoi andare dal tabaccaio a prendermi un pacchetto di sigarette?" e della corsa in bici, trovando un mio amico sul terrazzo vicino all'edicola e la frase "Marco! Metti su Capodistria, che succede? Com'è la partita?".
Per me "The last dance" è quest' ultimo ballo ricco di ricordi vissuti.
Niente Jordan ai Wizards, citando un mio cugino "per me Michael si è ritirato definitivamente nel 1998". E così è stato anche per me: nell'anno in cui mi bocciarono (ovviamente la stagione del lockout post Jordan) il mio diario di scuola era ricco di "MJ #23/45" o della pagina dedicata ai Bulls del 1998/1999: Nomi da una parte e destinazioni dall'altra. Con l'euforia e la malinconia nel vedere sul canale tedesco DSF, una volta ritornato a casa da scuola, i Chicago Bulls contro gli Atlanta Hawks. Quei primi Bulls post Jordan, con Wennington, Harper, Kuckoc e il ritorno di Perdue. Non era la stessa cosa. Anche se son sempre rimasto "fedele" a questa squadra di semi disadattati come me, strizzando occasionalmente l'occhio al suo successore in maglia 8/24 ai Lakers.


Lo so, cari amanti della pallacanestro: Nonostante il mio amore per il basket, ho una visione molto "limitata" e sentimentale che mi porta, sicuramente, a perdere una serie che probabilmente ha dell'incredibile e spingerà le nuove leve a vedere e scoprire un giocatore del passato in tutta la sua grandezza (D'altronde io non ho mai visto giocare Pistol Pete Mavarich, quindi mi rendo conto dell'utilità della cosa per i "gavanelli d'oggi"). So cosa state pensando.

La mia risposta a tutto questo?

"Uno strazio Topo Ignazio buttami un mattone sulla testa
Che questa nostalgia non passa mai
Mai e poi mai riproverò questi brividi
Mai e poi mai riproverò cose simili
Mai e poi mai le elimini,
Aiuto, sto diventando come Limiti!
(...)

Nessuna logica mi salva, sai,
Sono un fottuto nostalgico...



...Non mi riprenderò mai."



(Un grazie speciale all'ernia che non mi ha fatto prendere sonno la scorsa notte e a Guglielmo Scilla, che con il suo video 20 vs 30 visto per l'ennesima volta durante le ore d'insonnia mi hanno "ispirato", assieme alla canzone "Limiti" di Caparezza, alla realizzazione di questo post).







(Foto di repertorio: Anno 1998/1999. Uno dei due intrusi provenienti dal passato presenti nel post)

1 commento:

  1. Ciao!

    Penso che hai reso bene l'idea di che cos'era la pallacanestro in quel periodo per tutti noi. A leggere il tuo messaggio (pur non avendo visto come scritto The last dance), ho avuto un brivido. La classica pelle d'oca e la bellezza dell'attesa da te descritta: Dalle partite di Lega Basket sulla rai nel tardo pomeriggio di domenica -con i vari Glenn Sekunda e Bonora, Danilovic & "Picchio" Abbio vs Myers e un vecchio Dominique Wilkins e il tiro da 4, la confraternita dei Roosters di Varese degna di Animal House e chi più ne ha più ne metta (il 13enne ancora presente mi dice di nominare anche Matteo Malaventura)- al lunedì sera, almeno per noi in Friuli sul canale Capodistria. Ore 20.00 NBA Action e questa indimenticabile sigla. https://www.youtube.com/watch?v=z2mSB7nYync

    Era l'ossessione, era una malattia quella pallacanestro. Avevo più riviste di basket nello zaino che libri di scuola! Divertente il fatto che alle medie barattavo i poster presenti su American SuperBasket con il ragazzo che aveva la chiave per i palloni.

    Visto o non visto, una cosa è certa: quando sentiamo nominare His Airness siamo tutti come Giovanni Storti al volante e con i lacrimoni...

    Non ce la faccio, troppi ricordi! (La reazione di MJ alle nostre lacrime piene di malinconia e momenti indimenticabili è solo una: Finali NBA Bulls vs Blazers, "The shrug".)

    Cheers! 🍻

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