La mia testardaggine è unica nel suo genere, ma è risaputo: "Se Mirko ha in mente una cosa, da buon toro qual'è, non c'e verso di fargli cambiare idea".
Non ho mai smesso di scrivere, ma una lunga convalescenza causa l'operazione all'ernia bilaterale (e un mese di convalescenza), mi ha spinto ad allargare i miei orizzonti per passare il tempo e dare vita al mio spirito creativo e produttivo.
Da quasi un mese, consapevole delle lunghe tempistiche di recupero, ho creato l'account instagram che v'invito a seguire, e con una certa frequenza, tendo a proporre i vari libri che son solito leggere. E' stata una ventata d'aria fresca in questa calda estate rinchiusa tra le mura di casa come James Stewart nel film "La finestra sul cortile" di Hitchcock. In più do libero sfogo a una passione, quella della fotografia, che da anni ho preso dai miei genitori (anche se i risultati sono ben diversi). Cercando ulteriori profili inerenti alla lettura -perché la mia riservatezza era e resterà qualcosa a regola d'arte-, avevo fatto qualche strappo alla regola con i classici amici e conoscenti. Anche di persone a me care che non sentivo più da tempo causa la perdita dei numeri di cellulare. M'imbatto in Angelo, un mio caro amico di Marsala dai tempi dei forum -il lontano 2007, come passa il tempo-. Uno dei cinque motivi per cui avevo iniziato a suonare il basso: I suoi ripetuti "dai dai dai suona suona" pari a "mangiailbudinomangiailbudinomangiailbudino" di Homer erano talmente insistenti quanto ricchi di risate contagiose da spingermi a comprare questo strumento a quattro corde. Dopo i classici convenevoli, la frase "ora suono poco, passo il tempo a leggere e a scrivere". Mi sembrava d'essere tornato indietro nel tempo, quando ci si sentiva su MSN. La sua risposta: "Ora sono un giornalista, Mirko! Gestisco un blog, ti va di scrivere per me? Dai dai dai!!" (non è andata esattamente così, ma la sua simpatica enfasi e il calore che mi ha sempre donato da quando ci siamo conosciuti è rimasta tale e questo sentimento è sempre stato reciproco, nonostante i chilometri che ci dividono l'un l'altro).
La notte scorsa ho pensato a tutto ciò che mi tiene legato a un monitor del pc: Goodreads, il già citato instagram, spotify, questo blog e da poco il salto della quaglia. Dovevo fare qualche taglio o ridurre le presenze in qualcosa. Scrivere su due blog era ciò che mi tormentava di più: In uno (questo) ho la totale libertà di pensiero e di stesura in quanto da me gestito. L'altro scrivo dei pezzi che vengono riletti, corretti o tagliati per poi essere postati.
Questo non è un addio a Blogspot, tornerò occasionalmente se vorrò avere carta bianca su cui scrivere, carta "sporca e lurida"...viscida come Daniele Luttazzi, dove posso concedermi qualche errore di battitura o sviste dovute a distrazioni. Ma se si prende con serietà una proposta, anche se dettata dal cuore da un caro amico, la stessa merita priorità e attenzione. Con cadenze obbligatorie (salvo ciò che la vita ti propone al di fuori del monitor) e la cura nei minimi dettagli.
V'invito di nuovo a seguirmi sulle altre piattaforme che spammerò (da amante dei Monty Python ) avidamente qua sotto:
Goodreads - per restare aggiornati con le mie letture, divise come sempre tra libri e graphic novel instagram - come sopra con qualche extra (ma che ve lo dico a fare, in fondo sono un novellino di questo social) spotify - la musica, ovviamente, non deve mai mancare nella mia vita. il salto della quaglia - la mia nuova "casa".
Grazie per i sorrisi, il supporto e le critiche/frecciatine. Quest'ultime sono il motore per spingermi a migliorare ulteriormente nella mia vita, lavorativa ed extralavorativa.
"Ops, i did it Again!" Cantava una nota popstar agli inizi del 2000.
C'è qualcosa che inconsciamente mi spinge a comprare libri riguardante riferimenti matematici o inerenti alla fisica, nonostante in questo campo ero, ai tempi della scuola, uno studente con la media del 6 -a volte meritato, altre stiracchiato-.
Come spesso tendo a fare do la colpa alla genetica, visto che queste erano le materie dove, da studente di medie/elementari chiedevo aiuto a chi si sapeva orientare con facilità (mia madre). O forse è proprio quel titolo, ritrovato anche nel libro "La formula segreta dei Simpson" letto di recente, a dare la soluzione corretta a questo rompicapo.
"La congettura dello spaventapasseri" è un chiaro riferimento al film "Il mago di Oz" quando, alla richiesta del cervello da parte dello stesso, il mago si ritrova incapace di donarne uno allo Spaventapasseri e gli consegna un diploma. Una volta ottenuto, il personaggio declama "La somma delle radici quadrate di due lati qualsiasi di un triangolo isoscele è uguale alla radice quadrata del lato restante".
Stesso discorso vale per Homer Simpson che, indossando (con una discutibile dignità) gli occhiali di Henry Kissinger trovati all'interno di un W.C., esclama con inconsapevole inesattezza la medesima frase come riferimento al film. Nella stessa puntata, grazie ai monitor di sorveglianza, il Signor Burns vede Homer versione "quattrocchi" e lo assume come mazziere di blackjack -con risultati a dir poco esilaranti e ulteriori riferimenti a film quali per esempio Rain Man-. Sono quindi uno spaventapasseri? Compro libri inerenti per dare l'immagine di persona sapiente quando in realtà sono tutt'altro? No. Uso questi piccoli mezzi come rivincita personale e colmare quei fallimenti ottenuti da studente, dimostrando a determinati insegnanti che si sbagliavano, mentre ad altri un sentito riconoscimento. Tutt'ora spero sempre d'incontrare a lavoro la mia prof di fisica delle superiori proprio per ringraziarla e farle sapere che nonostante le montagne russe presente nei compiti in classe (che viaggiavano dal 6, occasionalmente 7...e poi finire come un noto film di Stan Lee, ovvero "i fantastici 4"), non è mai stato tempo sprecato. Da toro testardo quale sono, continuo occasionalmente a sbattere la testa e cercare risposte alle domande di vita quotidiana. Citando il libro "La fisica in casa": "In ogni azione, anche la più semplice, che avviene in casa nostra entra in gioco la fisica: a volte è la meccanica, altre la termodinamica, altre ancora l'elettromagnetismo. Ogni semplice gesto è il risultato di un complesso esperimento di fisica". Questo perché il fanciullo interiore presente in me non ha mai smesso di chiedersi come realmente funzionano le cose e che ragionamenti sono stati effettuati per arrivare a determinate conclusioni. Le materie scientifiche mi hanno sempre strizzato l'occhio grazie anche ad alcuni personaggi di film e serie tv quali Doc Brown in Ritorno al futuro, Batman e...Scheggia, di Cip e Ciop agenti speciali. Anche se la mia esperienza fallimentare ricorda con esattezza uno che la legge della fisica l'ha stravolta subendo clamorose sconfitte puntata dopo puntata: Will E. Coyote.
L'ultimo letto in ordine di tempo (La scienza secondo i Simpson) l'ho apprezzato e non poco, nonostante queste mie cadute scolastiche. Scontato dire che conosco le puntate di questa famiglia gialla a memoria: Riferimenti alla matematica sono in ogni dove, se si fa attenzione e citando l'epilogo "Sarebbe facile per i non nerd liquidare le birichinate matematiche che appaiono nei Simpson e in Futurama come superficiali e frivole, ma questo sarebbe un insulto all'arguzia matematica della storia della televisione. Questi autori non si sono mai tirati indietro di fronte alla responsabilità di dare visibilità a qualsiasi idea matematica, dall'ultimo teorema di Fermat al loro teorema di Futurama". Non sono una persona dalle risate facili, è risaputo. Questo libro mi ha aiutato a cogliere tutte quelle gag fotografiche da fermo immagine quali messaggi criptati o formule scritte che a primo impatto avevo accantonato. L'avevo scoperto grazie a questo video di Asta Ndiaye, che continuerò a ringraziare per il consiglio da lei proposto. Come un degno algoritmo di internet, menziona anche "Sette brevi lezioni di fisica" di Rovelli. Libro che gentilmente mi regalerà una mia amica perché si ritrova inspiegabilmente con due copie in casa. Sono piccole coincidenze che spesso mi fanno chiedere "com'è possibile? E' destino?".
Molte volte anche noi "schiappe" (a dispetto di Homer) abbiamo un lato curioso e affamato di risposte e cambiamenti. Come dice Bruce Lipton, autore de "La biologia delle credenze" <<Il mondo cambia ogni volta che ruota su se stesso, quindi chi siamo noi per non cambiare?>>. Questo per dire che c'e sempre tempo per rimboccarsi le maniche. Alle superiori tra i tanti gruppi che ascoltavo, c'erano in heavy rotation i Sottotono. Lo scorso anno Tormento aveva fatto uscire il singolo "acqua su marte". Il testo, che si sposa alla perfezione con questo contesto (a distanza di anni) , recita
"Quando tutto non va come vorrei Quando mi hanno detto "non ce la farai" (...) Perdere serve a crescere E diventare un uomo Adesso mi perdono tanti sbagli O non ti godrai i traguardi Mi dicevano dai come farai senza il diploma Ci pensi mai Che poi la vita è un'altra scuola E' formidabile E stan parlando alla tv, han trovato l'acqua su marte Tutto è possibile"
("Torme", se passi in quel di Udine ti avviso: una buona birra offerta al Trinity Pub è obbligatoria. Anche per la compagnia che mi avete donato tu e Fish nel corso degli anni).
Già, perdere serve a crescere e diventare uomo. Poi se si fa dell'autoironia tutto è ancora più facile e divertente! Se vi chiedete cos'era successo durante la mia maturità era andata più o meno così, accantonando quel campanilismo che contraddistingue Udine e Trieste. L'unica differenza è che non avevo i Queen di sottofondo tanto meno la prevedibilissima "Notte prima degli esami" di Venditti, ma ascoltavo a ripetizione "Ten", "No code" e "Yield" dei Pearl Jam.
(Tranquilli, ci sono i sottotitoli!)
Piccola curiosità inerente al video: La carta "Anche Einstein è stato bocciato in matematica" l'abbiamo giocata tutti, prima o dopo. Ricordo ancora quando l'avevo detto a mia madre, mettendo già le mani avanti alle elementari: Eravamo a Lignano e stavo leggendo le schede ad anelli allegate al "Giornalino". So già che, leggendo queste righe e ascoltando la parodia triestina della canzone dei Queen, la paziente signora citata in questione si farà grosse risate.
-L'incontro causerebbe un paradosso temporale il cui risultato potrebbe provocare una reazione a catena che scomporrebbe la tessitura del continuum tempo-spazio distruggendo l'intero Universo! Riconosco che è l'ipotesi più pessimistica: la distruzione potrebbe essere molto circoscritta e limitata alla nostra galassia.- (cit.)
Più passano i giorni, più mi sento fare la stessa e prevedibile domanda: << Hai visto "The last dance" su Netflix?>>.
Per chi non lo sapesse, è una mini docu-serie sportiva dedicato a quello che per me era ed è uno tra i migliori giocatori di basket di sempre: Michael Jordan.
La risposta purtroppo è no, non l'ho visto e per quanto ho amato e amo tutt'ora Jordan non lo vedrò.
Mentre scrivo queste parole, ancora assonnato alle 8.13 del mio primo giorno (piovoso) di ferie, si apre nella mia mente un varco proveniente da due passati. Il che, probabilmente, mi fa capire che sto sognando: Sono le mie versioni da 13enne e quella da 23enne.
Guardano la camera spaesati, il primo si chiede dove sono finiti i poster di MJ e il canestro appeso alla porta. Il secondo si chiede dove sono finiti i poster dei Nirvana ma allo stesso tempo guarda soddisfatto il basso appeso alla parete, pensando "cazzo...alla fine ci sono riuscito!". Poi guardano me -o meglio, loro stessi da 36enne-, con un principio di calvizia nascosto tra capelli pettinati alla Jack Nickolson e un lieve (anche se è ancora tutto da confermare) dolore che fa pensare alla classica ernia: "che rottame!" Esclamano, anche se entrambi, curiosando su ciò che scrivo, mi attaccano con la domanda scritta all'inizio e le mille filippiche Jordaniane che facevo ai tempi verso i "non credenti".
Zittisco subito il 23enne, dicendo che i santini di Jordan che aveva nel portafoglio anni prima non portarono la fortuna tanto cercata alla maturità e lui, carico di rancore che eliminerà a sua insaputa nel corso degli anni, abbassa le orecchie.
Non ho visto o vedrò questo docu-film per un semplice motivo sentimentale, ed è legato proprio a queste due mie versioni del passato.
Anno dopo anno avevo accumulato vari dvd e libri a riguardo, da bravo invasato. Il 13enne, esaltato, mi ricorda di come all'esame di terza media aveva portato la pallacanestro per ginnastica e (con entusiasmo) secondo le regole dettate dal prof. l'ultimo capitoletto doveva essere dedicato a un giocatore. Non so quante pagine avevo scritto sul n°23 dei Bulls.
La verità è legata tutta a quei '90 ed è difficile spiegar loro questa cosa. Tramite i vari dvd e libri (anche indiretti, quali "Eleven Rings" del coach Zen Phil Jackson o "Bad as i wanna be -cattivo come voglio essere" di Dennis Rodman), già sapevo tutto riguardante l'universo Jordaniano o quasi.
Per facilitarvi la mia posizione in un ottica più seria e dettagliata oltre il lato sentimentale, vi consiglio la lettura del post io (non) ballo da solo del giornalista Sergio Tavcar. I punti di vista sono molto simili e non voglio assolutamente prendere merito di idee o pensieri altrui. Specie da chi mi ha donato compagnia durante le sue telecronache nel corso del tempo. Sono in debito con te per tutte le emozioni che mi hai donato, Sergio. Grazie mille.
"Tavcar!" esclamano due me del passato con gioia. Esatto. Una cosa che ancora ci accomuna nonostante l'evolversi della persona sono le sue telecronache. Specie e soprattutto dell'Eurolega su Koper/Capodistria, assieme alle partite dell' Olimpija Ljubljana.
Sguardi complici e malinconici si cercano e si nascondono, consapevoli di una cosa sola: E' difficile rivivere quei '90. Anzi, per me fine anni '90, perché mi ero avvicinato a Michael con il suo primo ritorno post baseball e il classico "repeat the three-peat". Il 23enne guarda il basso e lo accarezza, fantasticando sulla sua idea di formare un gruppo grunge chiamato "Project Grudge" e che mai accadrà, almeno per il momento (il nome in questione era un ovvio richiamo al progetto realizzato degli Stati Uniti per investigare il fenomeno degli oggetti volanti non identificati, ma mi è sempre piaciuta l'assonanza grunge/grudge).
E' difficile spiegare a molti ragazzini del 2020 che muovono i primi passi nel mondo della pallacanestro chi era Jordan. Non ha inventato lui il brand delle scarpe ne è un meme vivente.
Non lo voglio vedere non per prendere le distanze da un gregge, ma per un semplice motivo sentimentale:
Penso a Jordan e subito vedo il 13enne che fa i tiri a canestro con la lingua di fuori e lo sguardo vispo verso la sua amica d'infanzia che, sdraiata sull'amaca in giardino, gli chiedeva "perché tiri con la lingua di fuori?", pensando alla classica frase come risposta "Be like Mike" e di quanto si allenava duramente nonostante i suoi limiti per il classico sogno dei ragazzini ambiziosi a livello sportivo: Vestire la maglia azzurra.
Guardo il 23enne che apre l'armadio in cerca di quella canotta rossa dei Bulls. "Non è più appesa li, è in un cassetto" e di come l'aveva avuta in regalo per i suoi 23 anni da una ragazza che frequentava in quel periodo. Quando, durante la festa di compleanno e preso dalle birrette, aveva chiamato in camera due sue ex compagni di squadra per farla vedere con orgoglio. "Oh...è la versione delle finals!!". Lo stesso che ride rovistando tra i dvd e nota il film "Number 23" e della similitudine con il protagonista, ossessionato da un semplice numero.
E poi ci sono io, il "rottame" 36enne (con l'ernia confermata come una trade di mercato da Adrian "Woj" Wojnarowski). Che guarda il passato con nostalgia ma con occhi maturi e critici verso il futuro e verso la pallacanestro americana attuale dove i lunghi tirano da tre e nessuno va a rimbalzo, di come perdo la pazienza tanto quanto perdo i capelli nel leggere che un noto "re" è il migliore di tutti i tempi (vedendo finire nel dimenticatoio giocatori del passato come Chamberlain, Russell o lo stesso Jordan per dirne tre così a caso).
Rimprovero la mia versione da teenager: Space Jam è solo una lunga pubblicità della durata di un film, ma lo rassicuro: da ammiratore di Bill Murray sto facendo un pensierino sulla sua canotta #22. D'altronde "Every day is Murray Day" e in questo caso, la pubblicità ha fatto il suo effetto.
Insomma, citando "Serve the servants" dei Nirvana: "Teenage agnst has paid off well/ Now i'm bored and old" (La rabbia adolescenziale ha pagato bene / ora sono annoiato e vecchio).
Gli anni novanta son difficili da spiegare alle nuove generazioni. Non erano solo Jordan e Kurt Cobain. Era l'aria frizzante che si respirava e si viveva. Di come alcuni coetanei del mio paese andavano in giro d'estate con la canotta di Vincenzino Esposito ai Toronto Raptors o di O'Neal ai Magic. Era il periodo di "internet, questo sconosciuto" e delle finali nba del 1998 registrate su VHS, le tanto amate videocassette: L'ultimo ballo, in differita ovviamente su Koper/Capodistria. E del tempismo di mia madre che mi disse, nel mezzo: "Mirko puoi andare dal tabaccaio a prendermi un pacchetto di sigarette?" e della corsa in bici, trovando un mio amico sul terrazzo vicino all'edicola e la frase "Marco! Metti su Capodistria, che succede? Com'è la partita?".
Per me "The last dance" è quest' ultimo ballo ricco di ricordi vissuti.
Niente Jordan ai Wizards, citando un mio cugino "per me Michael si è ritirato definitivamente nel 1998". E così è stato anche per me: nell'anno in cui mi bocciarono (ovviamente la stagione del lockout post Jordan) il mio diario di scuola era ricco di "MJ #23/45" o della pagina dedicata ai Bulls del 1998/1999: Nomi da una parte e destinazioni dall'altra. Con l'euforia e la malinconia nel vedere sul canale tedesco DSF, una volta ritornato a casa da scuola, i Chicago Bulls contro gli Atlanta Hawks. Quei primi Bulls post Jordan, con Wennington, Harper, Kuckoc e il ritorno di Perdue. Non era la stessa cosa. Anche se son sempre rimasto "fedele" a questa squadra di semi disadattati come me, strizzando occasionalmente l'occhio al suo successore in maglia 8/24 ai Lakers.
Lo so, cari amanti della pallacanestro: Nonostante il mio amore per il basket, ho una visione molto "limitata" e sentimentale che mi porta, sicuramente, a perdere una serie che probabilmente ha dell'incredibile e spingerà le nuove leve a vedere e scoprire un giocatore del passato in tutta la sua grandezza (D'altronde io non ho mai visto giocare Pistol Pete Mavarich, quindi mi rendo conto dell'utilità della cosa per i "gavanelli d'oggi"). So cosa state pensando.
La mia risposta a tutto questo?
"Uno strazio Topo Ignazio buttami un mattone sulla testa
Che questa nostalgia non passa mai
Mai e poi mai riproverò questi brividi
Mai e poi mai riproverò cose simili
Mai e poi mai le elimini,
Aiuto, sto diventando come Limiti!
(...)
Nessuna logica mi salva, sai,
Sono un fottuto nostalgico...
...Non mi riprenderò mai."
(Un grazie speciale all'ernia che non mi ha fatto prendere sonno la scorsa notte e a Guglielmo Scilla, che con il suo video 20 vs 30 visto per l'ennesima volta durante le ore d'insonnia mi hanno "ispirato", assieme alla canzone "Limiti" di Caparezza, alla realizzazione di questo post).
(Foto di repertorio: Anno 1998/1999. Uno dei due intrusi provenienti dal passato presenti nel post)
Citando Marty McFly, questo 2020 è pesante. Non perché abbiamo problemi con la forza di gravità. Tutti, ormai, hanno già detto la loro sulla quarantena, COVID-19, consigli opinioni e chi più ne ha più ne metta.
Ero tentato di fare un post simile già durante la metà della fase 1 per incoraggiare le persone a non arrendersi senza scivolare nel tormentone "andrà tutto bene" o "ce la faremo". Anche perché i casi sono due dal mio punto di vista, da quel che vedo in questa fase 2 italiana: "non andrà tutto bene, se andrà tutto come prima" nel primo caso e il secondo, più goliardico e cretino, quando sento alla tv lo spot di Euronews con le varie voci di persone che urlano "ce la faremo" da casa mia rispondo "si...addosso".
Ma come l'ho vissuta io questa quarantena? Posso essere d'esempio per le persone nel mio piccolo? Forse si. Motivare le persone a migliorare ulteriormente la vita nel quotidiano è sempre stata una delle sfide che ho da sempre accettato. E in questo caso vi svelo il perché di questa sicurezza.
Senza entrare nei dettagli o raccontare la storia della mia vita, vi dico che da quando ho 4/5 anni ho un problema di salute, dovuto al fatto che il mio corpo non produce abbastanza anticorpi e di conseguenza non solo devo andare una volta al mese a fare delle flebo, ma in teoria (e in pratica), risultavo/risulto una delle categorie a rischio.
Questo mi ha fermato, in qualche modo? No. Per l'attitudine presente in me ho vissuto una quarantena rimboccandomi le maniche grazie alle 4-H citate nel titolo: Dall'inglese "Health, hands, head, heart" (Salute, mani, testa e cuore). Andiamo per ordine.
Health (Salute): Non sono mai stato una persona con le mani in mano, vuoi per carattere o per aver ereditato questa qualità da alcuni membri della mia famiglia. I primi giorni ero ancora nella mia solita fase "letargo", dove una volta rientrato dal lavoro -tra pensieri e stress accumulati nel corso della giornata- riuscivo a rilassarmi solo con quattro ore di sonno al pomeriggio. Complice il fatto che, come avevo scritto in questo post, per gli stessi motivi di salute sopra citati ho notato riscontri positivi nel dividere la mia vita tra letargo e iperattività. Qualcosa poi è cambiato, è scattato l'interruttore nella mia mente: Mentre le persone a me care e alcuni amici hanno mostrato una sensibilità rara nei miei confronti, specie per quanto riguarda il mio lavoro e il contatto col pubblico, mi definivo come Will Smith in "Io sono leggenda". Ho cambiato l'approccio ribaltando in maniera esagerata e ignorante il punto di vista (stando comunque vigile): Forse è proprio il mio problema la cura, rendendomi unico. Lo so...cazzata immane. Ma a volte devi giocare con la mente e farti forza anche nelle maniere più impensabili per riuscire ad abbattere determinati problemi di salute. Dico questo perché ricordo come, da bambino, mia madre mi ripeteva di vedere nella mia mente i miei anticorpi come personaggi di videogiochi che devono andare avanti al livello successivo per vincere la partita finale e questo, devo dire, mi è stato d'aiuto.
Sta di fatto che finalmente, ormai da un mesetto e qualche settimana, mi alleno con costanza (in base ai turni lavorativi e mansioni a casa da fare), mattina pomeriggio e sera. Neanche tanto, forse un'ora e qualcosa se messi insieme. Dai venti minuti di corsa sul tapis roulant, addominali e manubri a pomeriggi alternati e lo stretching alla sera. Dove trovo il tempo per fare questo? Mi sveglio ogni mattina alle sei. Anche perché ricordando Kobe Bryant, tendo ad applicare, come detto in un vecchio post, la "Mamba Mentality" al meglio possibile nel mio caso e in più, sfruttare tutte le 24 ore per stare bene. Non solo in salute, ma anche negli altri tre punti successivi. Una versione molto casereccia e solitaria di "#fisicodacovid" proposto da Willwoosh che tanto adoro.
Hands (Mani, manualità): Il tempo in quarantena è infinito. Ogni giorno era ed è uguale a quello precedente viste le restrizioni, simile al film "Ricomincio da capo" con Bill Murray. Ironia della sorte anche la mia sveglia suona alle sei, manca solo la musica di Sonny & Cher con "I got you babe". Certo, ho letto molti libri (ne parlerò dopo su "head"), ma oltre all'attività fisica dovevo tenermi occupato in qualche maniera. Così ho dato sfogo alla mia creatività. La mia passione per i LEGO® è risaputa, doveva solo uscire allo scoperto e dare libero sfogo alle mie idee una volta per tutte. Così, dopo aver realizzato un semplice leggio per il telefono, complice anche una gentile amica spagnola conosciuta su Slowly, ho realizzato la versione tarocca della DeLorean di Ritorno al futuro. La complicità è tutto, unita alla collaborazione, visto che gentilmente mi aveva passato le istruzioni in pdf e passo passo con i pezzi che avevo a disposizione nel vecchio baule ho fatto quello che potevo, anche se multicolor.
tempo dopo, nel giorno del mio compleanno, mi sono ritrovato come regalo da una persona a me importante e fondamentale nella mia vita, l'apollo 11 sempre della lego da costruire. "Così sai come passare le prossime giornate". O meglio...le prossime ore, visto che alle 00.45 del giorno stesso era già bello che montato.
Ormai il bambino che è in me ha stretto la mano all'adulto ingegnoso, specie se si tratta di mattoncini. Idee ne ho ancora tante, più di arredamento: Una di queste è una lampada da tavolo, ma al posto della lampadina inserire lo smartphone con la torcia accesa rivolta ovviamente verso il basso. In maniera tale da leggere durante la notte sulla scrivania, senza sdraiarmi a letto. Anche perché così facendo più che perdermi nei vari racconti del periodo va a finire che mi perdo nei sogni addormentandomi.
Head (Testa, mentalità): Lavorare ai tempi del COVID-19 è snervante sia per l'approccio alle normative -almeno i primi periodi d'adattamento- e poi al contatto con le persone, nel far mantenere la distanza e le rispettive regole e buonsenso civico. Non solo con i clienti, ma questo è un altro discorso che preferisco evitare sul web. Parafrasando un personaggio di Faletti ai tempi del Drive In "Il negozio è piccolo e i colleghi...mormorano!". Se ve lo chiedete... no, non lavoro a Passerano Marmorito e restando in tema, omaggiando quella splendida persona qual'era Giorgio e le sue mille sfumature artistiche "Se non dico niente mi regalano un bel giumbotto".
Chi mi conosce o mi ascolta durante le mie confidenze giornaliere (Amici e amiche tramite whatsapp) sa qual'è la situazione e lungi da me l'idea di portarla allo scoperto. Un rimedio a tutto questo l'ho trovato, però. Ed era sotto i miei occhi da sempre. Parlo del film di Mike Judge "Impiegati...male!".
C'è una scena del film su tutte che descrive il mio stato d'animo attuale, ovvero fregarmene di tutto e non fregarmene di niente. Arrivavo a casa nervoso raccontando a chi avevo vicino l'esito della giornata o i comportamenti infantili di determinate persone. Ne valeva la pena condividere energia negativa a persone che voglio veramente bene e che hanno già i loro problemi quotidiani? Non mi sembra il caso. Poi, all'improvviso (Clic qui per rendere la visione ancora più mistica) l'arcangelo Gabriele, durante una seduta mistica di tapis roulant, mi ha illuminato con questa clip cinematografica:
Il consiglio che vi posso dare in questo caso è di provarci anche voi: Fate e state sul vostro, a costo di passare per "salvàdi" (Selvatico, in friulano) come il sottoscritto e poi, una volta timbrato uscita, se avete il cartellino, lasciate i problemi sul posto di lavoro. Vivete sereni la vostra vita nel quotidiano, pensate ai progetti futuri di e con chi avete vicino. Ricordatevi che "Nessuno vale più di voi, da non dimenticare / si lavora per mangiare", cantavano i Punkreas.
Mente è anche riferita alla lettura, tenere la mente allenata. In questo caso l'ho allenata leggendo molti libri (alcuni interessanti e altri meno), leggevo recensioni per ampliare una wishlist cartacea già colma di titoli -anche di svariate graphic novel di vario genere- e soprattutto ho ridato vita al mini Super Nintendo. Sono ritornato indietro nel tempo nel 1991, con Super Castlevania IV. Sarà che sono di parte in quanto amante dei bei giochi anni '80/'90 -col quattro di Maggio ho raggiunto i 36 anni e in testa sta spuntando una piazzetta che ho dedicato a Kobe Bryant-, ma è veramente un bell'allenamento mentale. Usare la logica e scervellarmi per procedere di livello. Quando bastavano quattro tasti e tanta creatività per divertirsi e allo stesso tempo metterti in difficoltà da bambino.
Heart (Cuore): Prendete tempo per voi stessi. Nella canzone citata a inizio post quel "ho bisogno di te per fare in fretta", in questo caso dal mio punto di vista, è riferito a noi stessi. E qui le citazioni si sprecano, perché posso nominare anche una strofa di "Come as you are" dei Nirvana, se non la canzone intera. In questi giorni ho imparato a conoscermi; se non a riscoprirmi, accettarmi e farmi accettare per quello che sono e come sono. Partendo dal critico più crudele di tutti: me stesso (Dovrò farmi chiamare Anakin, visto che con me il lato oscuro vince a mani basse). Si parte dalle piccole cose, quali riconoscere l'intolleranza al lattosio (un trauma, visto che amo i formaggi tanto quanto Monterey Jack di "Cip & Ciop agenti speciali") che causavano in me un aspetto pari a un adolescente divoratore di cioccolata. Ad aggravare la situazione pure le mascherine che irritavano la pelle, passando così in vie ufficiali a quelle di stoffa. Conoscermi e riconoscermi, riscoprirmi più che altro. In questo periodo a casa sono saltate fuori tante vecchie foto di famiglia per motivi che non sto a elencare. Rivedermi bambino con parenti o con i vari cugini mi ha riportato alla mente tanti valori. Lo stesso calore di famiglia e fratellanza se vogliamo, anche se sono figlio unico. Stesso discorso vale per quelle piccole cose ormai rare come gli abbracci o gesti ricchi d'affetto. Per uno come me che ha la nomea di orsetto abbraccia-tutti, anche la visita più inaspettata o una birra bevuta in compagnia ha lo stesso valore. Dare risalto a quei momenti che ti scaldano il cuore e ti fanno stare bene: Nella giornata di oggi per esempio a lavoro ho rivisto una delle due maestre che avevo all'asilo e si è fermato il mondo, si voleva parlare. Così come, sempre in cassa, incontrare una cara persona iconica del mio paese. Cosa ancora più importante...è volersi bene per quello che si è e accettarsi, in tutte le sfumature o nei pregi e nei difetti che ci portiamo dietro, spesso se le cose si contraddicono (come per esempio "spaccarsi" d'esercizi e poi bere una meritata birra fresca, che poi diventano due...).
Queste "4H" le ho trovate scritte nel libro molto coinvolgente che sto leggendo in questo momento, ovvero "A caccia nei sogni", di Tom Drury. Come spesso tendo a fare, mi ritrovo a riflettere anche nelle frasi o avvenimenti più semplici presenti nei libri, come cita il titolo del mio blog. Mi permetto di aggiungere per finire una quinta H "extra" all'elenco:
Humor (Umorismo): Che sia lavoro, a casa o semplicemente anche in solitaria; la battuta pronta o una risata è sempre presente -anche se ridere da solo, mi rendo conto, è preoccupante-. Ovviamente non sono un robot e se mi girano le scatole, in quanto toro come segno zodiacale, cito CapaRezza che canta "Non toccare toro, quand'è nero paghi pegno". Ma trovarmi di buon umore e contagiare gli altri è parecchio divertente. Paragonare la collaborazione lavorativa tra me e una mia collega e amica pari alla combo "coca & mentos" è stato un bel momento, specie se (con i guanti) ci siamo scambiati il nostro "handshake" esplosivo con effetto sonoro pari al mix prima nominato. Le mascherine possono anche nasconderlo, ma in questi giorni adoro vedere nelle persone lo sguardo sorridere, un piccolo regalo della vita. Di solito ci concentriamo sul sorriso della persona, ma ora che è nascosto l'espressività degli occhi è un tesoro che va custodito, se percepito a dovere. A casa ogni occasione è buona per tormentare chi ho vicino, da minuti di solletico pari a delle torture cinesi oppure battute o scambi di sguardi che causano risate a lunga durata. Poi ci sono gli amici e le battute fatte (in questo periodo) su whatsapp, condivisioni di video come quelli fatti dal canale "3lamestudio" oppure foto di nuovi acquisti, anche in tempi di COVID-19. Perché si sa, non è da tutti impegnarsi per risultare cretini e c'è chi -come me- ne approfitta esagerando.
(Foto di repertorio: Maggio 2020. Lunghezza capelli e barba da quarantena degne di un Tom Hanks in "Cast Away". Per caso l'avevo già detto nei post precedenti che mi piacciono i film di Mel Brooks?)
Di solito ho vari modi per arrivare a determinati titoli di libri: Non sono un lettore che guarda le classifiche dei libri più letti.
Negli anni passati spesso entravo in un negozio, facevo un gran sospiro e dopo aver girato in lungo e in largo compravo libri di vario genere che in qualche modo sentivo che mi chiamavano. Occasionalmente mi son fatto consigliare nel tempo determinati titoli da vari amici (Fondamentale per me la "Trilogia" di Efraim Medina Reyes, consigliata appunto da un caro amico; così come alcuni titoli di Banana Yoshimoto da un'altra cara persona).
Poi si sono aggiunti altri assi nella manica oltre al "compro questo...ha qualcosa da dirmi e devo capire cosa", che mi tocca svelare: Le recensioni del sabato presenti su SportWeek, dove occasionalmente qualche chicca interessante salta sempre fuori; altre provenienti dalla rivisa musicale "Buscadero Magazine", libri menzionati da altri libri oppure da personaggi sportivi o vicini a varie discipline: Menzioni d'onore Michele K. Posa, giornalista di wrestling e avido lettore come me e, per ultimo -da stalker, non avendo instagram- i consigli del capitano della nazionale azzurra Gigi Datome sul suo profilo del noto social. L'hastag #gigionelegge è sempre molto interessante. Soprattutto è meraviglioso vedere come uno sportivo non solo ha questo sano interesse per allenare la mente (oltre che il corpo durante le partite), ma si carica sulle spalle la frase "essere d'esempio per i tifosi e spingerli ad aprire un buon libro e leggere -o perlomeno iniziare a farlo".
Ma...quando il libro in questione non è affatto buono?
Ovviamente il capitano non ha colpe. Anche perché ipotizzo che grazie alla casa editrice si è ritrovato tra le mani un libro che, probabilmente, va contro i suoi valori umani così com'è capitato a me. Ammaliato dalle sue buone parole descrittive era finito nella mia wishlist. D'altronde...come fai a dire di no al capitano? Ovviamente un flop ci sta e Gigi...tranquillo: Non sai quanti ne ho comprati grazie a te o ancora ne comprerò, hai sempre tutta la mia stima. Lo dice uno che non ha la bandiera del Friuli a casa (eresia!) ma inspiegabilmente una sarda e, ovviamente, due casse d'ichnusa per combattere oltre la sete, le calde giornate che arriveranno.
Parlo di "La più amata", di T.C. E mi pesa anche solo nominarlo, perché comunque una pubblicità negativa resta sempre una pubblicità.
Ero reduce da una serie di letture estremamente positive (per i miei gusti) e in fondo al cuore speravo in un flop prima o poi, anche per spezzare questa routine. Ma non pensavo di arrivare a tanto! Aspetterò solo Martedì 26 Maggio per buttarlo nella differenziata, visto che ritireranno la carta quel giorno.
Perché non mi è piaciuto, nonostante ho letto solo 33 pagine? L'ho trovato presuntuoso, arrogante e come detto contro i valori che ho imparato fin dalla tenera età grazie alla mia famiglia. L'ipotetica ricchezza sbattuta in faccia fin da subito, tra piscine, grossi anelli e questo cognome così importante. La fama e la presunzione (oltre che un po' di razzismo buttato li, da varie etnie a noi poveri e "umili" gente di provincia, che "abbiamo il ghiaino in testa" secondo la sua nobile e ricca famiglia). Più andavo avanti più m'innervosivo per principio, visto che mio nonno ha fatto tanti sacrifici per riuscire a costruire casa mia assieme ai suoi fratelli - passando anche l'infanzia tra la povertà, guerre e lavori all'estero per mantenere un figlio e la moglie. Per non parlare del terremoto che aveva colpito la mia terra nel 1976-. Oltretutto lo stavo leggendo prima d'iniziare il turno a lavoro e si sa: Arrivare col dente avvelenato quando si lavora a contatto col pubblico non è mai bello. Non capisco come mai questo libro aveva avuto un discreto successo, tanto da arrivare secondo al premio Strega. Sento puzza di casa editrice e di partiti politici per una (ingiusta) promozione. La cosa che mi dona pace è che non sono il solo a pensarla così: Su goodreads ho trovato molte altre pessime recensioni da chi ha avuto il coraggio di leggerlo fino alla fine. Trovando ripetizioni sul suo nome, capitoli scritti male e via dicendo. Questo si allega al titolo: perché "parte 2", se non ho mai scritto la parte 1? Ovviamente la parte uno è di Daniele Luttazzi, comico che adoro da quando avevo 14 anni. Anche se il libro da lui citato non è lo stesso, rende esattamente bene l'idea di cosa voglio dire. A te la parola, Daniele.
Una cosa positiva c'è però.
Se un libro come "La più amata" è arrivato secondo al Premio Strega del 2017 (se non ricordo male), ho una chances. La chances per scrivere un libro autobiografico sulla mia vita, la mia perseveranza nell'ottenere risultati e vincere il premio. Partendo alle mie sconfitte alle mie vittorie ottenute con sacrificio, impegno e determinazione. -D'altronde...se un libro così è arrivato al secondo posto la porta è aperta per tutti quanti, anche se non si è figli di noti primari o se non si ha una piscina a casa, vi avviso-. L'unico problema è che ho imparato una cosa, da mia nonna paterna. Ovvero l'arte della riservatezza. parafrasando la canzone "Quasi adatti" dei Tre Allegri Ragazzi Morti "Quasi adatto a raccontare agli altri i propri cazzi".
Mi hanno raccontato tante favole, da bambino. Mi viene in mente come "La rana e il bue" di Esopo descrive esattamente l'impatto che il libro vuole avere nei confronti dei lettori, finale compreso. Non serve aggiungere altro.
Prima d'incominciare volevo ringraziare Fabrizio del blog Cent'anni di nerditudine per avermi fatto scoprire questa graphic novel grazie alla sua recensione (che trovate facendo clic sul link sopra postato). Non sono uno che risponde più con la stessa frequenza ai vari commenti sotto i post, me ne rendo conto, ma questi sono piccoli gesti che fanno dire a chi scrive una recensione "Il mio lavoro è servito a qualcosa, ben fatta!".
Tutto è iniziato da una videocassetta e un videoregistratore nei primi anni '90. La collezione di film non era ancora così vasta come quella attuale in DVD, ma già da queste basi si può capire molto, di me: Spaceballs, i due Ghostbusters, I primi Batman e la trilogia di Ritorno al Futuro. E poi I Blues Brothers. LA videocassetta.
"La" maiuscolo perché l'influenza ricevuta è stata pari a una bomba inesplosa per molto tempo e pronta a farsi sentire. A partire dal trailer presente prima film, ovvero "Fa la cosa giusta", di Spike Lee: La scoperta di un regista che, nel corso degli anni rientra tra i miei preferiti e quella Fight the power dei Public Enemy di sottofondo che involontariamente ha influenzato i miei gusti musicali. Solo col tempo l'illuminazione: L'album precedente a " It takes a nation of millions to hold us back" dei P.E. era stato prodotto da Rick Rubin della Def Jam -e tutto torna, visto quanto venero i Beastie Boys-.
Cosa ne penso del libro è scontato: La recensione la trovate qua su Goodreads oppure, per chi legge dal pc, da pochi giorni condivido le stesse recensioni qua sulla destra del monitor (a voi la scelta). Ma come mai mi è piaciuto così tanto da dagli cinque stelle su cinque? Quanto effettivamente non solo i due "musicisti", come vengono chiamati in una scena del film da una signora, mi hanno influenzato, ma i vari personaggi interpretati da Belushi stesso (e anche nella cultura di massa, anche come compagnia d'amici)?
Ci sono due fasi, prima dell'età adulta, in cui questo cult cinematografico veniva visto e rivisto fino allo sfinimento: Da bambino nei primi anni '90 con un mio caro amico dopo le ore di catechismo -dove spesso combinavamo più danni della confraternita "Delta Tau Chi", ma ad Animal house...ci arriviamo dopo-. Come Jake & Elwood la complicità creata ai danni del prete o della "pinguina", era la stessa.
Verso i 12 anni, in seconda media, ritornò di prepotenza in heavy rotation complice anche la passione per la musica presente in me e al mio vicino di banco. Eravamo presi bene, mancava solo di formare un gruppo e chiamarci "Cech & the magic tones".
Da queste basi e crescendo con amici con interessi simili al sottoscritto il resto è scontato: L'attitudine dei due fratelli, le battute ripetute a memoria in determinate occasioni e l'espressione di Elwood nel sentirsi dire "Non è il bicchiere giusto" come immagine profilo nel nostro gruppo whatsapp.
Un film che ha segnato tutta questa compagnia d'amici che frequento: Basta pensare al fantabasket su Dunkest e al nome della squadra di uno di loro: i "Good Old Blues Brothers boys Band" e le risate fatte subito dopo, sforzando la foce per rispondere "Io sono Bob e questo è il mio localino!" oppure "Hey...questo non è Hank Williams!!".
Se "Joliet" Jake mi ha influenzato a livello musicale, complice soprattutto i vinili di mio padre e la sua passione per il blues, c'è un personaggio che si è fatto sentire in me. Forse nel periodo più turbolento e assetato della mia vita. (D'altronde sono friulano e un po' d'autoironia non guasta mai). Parlo ovviamente di "Bluto" Blutarsky in Animal House.
Nella graphic novel di Barilli e Corvi, i due personaggi sopra citati si fondono a John Belushi e si scambiano con naturalezza nel corso dei vari capitoli spiegando appunto le varie fasi della sua vita.
Un po' quello che è successo con me quando ho scoperto Animal House.
Già membro di una numerosa compagnia di amici (diversa da quella riguardante i Blues Brothers) degna di una confraternita, non elenco cosa succedeva in quel 2007 per privacy e dignità. Ma non è tanto per i festini in se: Uno dei ricordi più belli associati a questo film è quando avevo l'avevo fatto vedere ad un mio amico e compaesano. Gli si era aperto un mondo e come spesso accadeva nel film, il brano "Louie Louie" era diventato il più classico dei tormentoni tra di noi. Quando, prima del COVID-19, ci si trovava per una birretta da qualche parte oppure, "alzando il tiro", Havana Cola.
L'imprevedibilità di Bluto/Belushi era d'esempio per i momenti più folli passati assieme.
C'e ancora quella frase che circola ispirandosi all'attore, ovvero "Ho sentito di un conoscente che per carnevale voleva prendere esempio da Belushi e vestirsi da brufolo, ovvero con del dentifricio in bocca". (Lo "Sparacibo" nella traduzione italiana è "Zit" nell'originale, ovvero appunto brufolo. Oltretutto scena improvvisata sul momento, per chi non lo sapesse).
Nella vita però non ci sono solo le risate e i momenti ricchi d'ilarità ed euforia. Non sarò tormentato come l'attore e protagonista di questa graphic novel che v'invito a leggere ne ho gli stessi problemi e dipendenze che aveva lui nel corso degli anni , ma certe vignette parlano da sole:
In famiglia, almeno, da una parte della mia famiglia risultavo sempre quello "simpatico", con la battuta pronta e dalla risata assicurata. Più che altro per autodifesa. Personalmente è un ruolo che mi è sempre pesato, così come chi mi attacca etichette tirando così conclusioni affrettate sul sottoscritto e non comprendendo al 100% il mio valore o le mie idee. Parafrasando una frase letta nel libro precedente, ovvero "Ascension: Vita e musiche di John Coltrane ", di Eric Nisenson: "Non cercate di capire Mirko troppo in fretta".
Non ho sempre la battuta pronta, molte volte so essere il più rompipalle e fastidioso essere umano presente sulla faccia della terra, specie se i miei progetti o le mie abitudini scivolano di mano nella loro evoluzione. D'altronde, tenendo fede alla Graphic novel...
Fortuna che la mia tenerezza, o meglio ancora la mia pace mentale riesco a trovarla come Belushi nel ruolo di Ernie Souchak nel film "Chiamami aquila"; dove il direttore del giornale dove Ernie lavora, per determinati motivi lo convince ad allontanarsi dalla città e andare sulle montagne rocciose per intervistare la giovane ornitologa che studia il comportamento delle aquile calve.
Ho semplicemente bisogno di tranquillità e ovviamente tanta natura e verde, la stessa che la mia regione (o alcune parti del mondo) riescono a darmi. Posso avere gli stessi problemi delle persone comuni, simili o maggiori -in fin dei conti siamo tutti uguali e diversi gli uni dagli altri-, ma mi basta una camminata in montagna, un giro in bici o (in tempi di Covid-19), alzare la testa dalla postazione da cui scrivo per vedere se ci sono dei grifoni che stanno volando in cima ad una montagna, perdendomi nella loro maestosità e nella loro apertura alare.
Piccoli dettagli che mi fanno capire come la natura è l'elemento fondamentale per il benessere del sottoscritto.
John Belushi è diventato un mito per tutti quanti noi per ciò che riusciva a fare davanti alla cinepresa. D'altronde parliamo di un signor attore e improvvisatore circondato da colleghi di altrettanto valore in qualsiasi set cinematografico o televisivo, basta pensare a SNL -Saturday Night Live-: Bill Murray, Dan Aykroyd, Chevy Chase...lo stesso Robin Williams che stimo tanto quanto Belushi, anche lui ricco di talento e purtroppo, tormentato da dipendenze nel corso degli anni.
"L'uomo poteva prendere strade insolite", Affermava Antonio Ricci riguardante Giorgio Faletti e i suoi tanti interessi portati a termine nella vita.
Frase a mio dire azzeccata anche per il sottoscritto e tutte le influenze che ho assorbito nel corso degli anni da parte dei miei familiari: i Western da mio padre, il Wrestling da mia nonna...manca ancora una componente, che forse a leggere questo post sta pure gongolando, visto che a mio dire è probabilmente la mia fan #1. Ovviamente parlo di mia madre.
Come avrete intuito dal titolo, mi riferisco al mondo del giallo: Polizieschi, crime, gialli, noir e chi più ne ha più ne metta. Titolo voluto e non provocatorio, visto che Sherlock Holmes dice in molteplici occasioni la frase citata e non "Elementare, Watson". Anche se della stessa parola (Elementare), ne fa spesso uso.
In principio tutto è nato da una costola di "topolino", ovvero "Topomistery". Il ricordo dei gadget per riuscire a decodificare le frasi criptate donava brio ed euforia per quello che era il più classico degli ingenui tra i bambini. Diciamo pure una dolce ingenuità fanciullesca.
Senza dimenticare la stazione della polizia dei lego, la serie animata presa spunto dalla nota serie "Scuola di polizia", Scooby Doo e la programmazione di "Ispettore Gadget" su RaiUno. Il cartone, non quella cosa caccolosa chiamata film con Matthew Broderick anche perché, come spesso si dice in questi casi, hanno cagato fuori dal vaso: Artiglio (da quel che mi ricordo) non si è mai visto, nella serie animata!
E ovviamente, un noto uomo-pipistrello che per quanto riguarda il crimine, lo sconfiggeva a modo suo, studiando indizi e debolezze degli avversari nella sua bat-caverna.
Crescendo poi tutti questi dettagli si sono spostati ovviamente nella lettura e nel mondo del cinema a piccole dosi ma sempre mirate e di buon gusto quando possibile.
Concentrandomi di più sulla lettura; in questa quarantena, per esempio, gli ultimi tre libri letti hanno in comune questa caratteristica. Buffo sapere che tutto è iniziato come con "Revenant" di Punke (già spiegato nel post a tema western): Una volta finito di leggere tutti i libri in mio possesso, sono andato alla ricerca di alcuni provenienti dalla libreria di mia madre, trovando così "Detective in poltrona. Come si diventa Sherlock Holmes", di Ransom Riggs. Un regalo di Natale dello scorso anno che è stato provvisoriamente accantonato causa un Gennaio non troppo felice a casa mia.
Come scritto nella recensione su Goodreads, anche se è stato pubblicato nel 2009, "Ad avere una DeLorean e portarlo indietro nel tempo, come l'almanacco di Biff Tannen in "Ritorno al Futuro II", sicuramente il mio genere letterario prendeva una piega molto diversa da quella attuale". Questo perché ha tutte le caratteristiche che cercavo in un libro da bambino, quei classici libri con delle belle illustrazioni e le capolettere a inizio capitolo. Sono come Amelie e il suo favoloso mondo: Mi piacciono le piccole cose ma che donano molta soddisfazione.
Un libro che letteralmente mi ha rapito, anche se ovviamente rivela il modus operandi di Sherlock Holmes rovinando la sorpresa a chi vuole leggere i romanzi con lui protagonista o le sue avventure. Ma l'ho trovato coinvolgente e interessante come pochi. In più, capitoli tipo "come individuare una stanza segreta" mi han fatto esaltare come quando, a 13 anni, avevo visto su Capodistria "The last shot". Io, che sono cresciuto con il mito di Batman e anche adesso a 35 anni continuo a fantasticare su come e dove avere una caverna segreta o sottopassaggi, trovo un capitolo così. La voglia di setacciare tutta la casa per trovare una stanza nascosta e trasformarla nella "Cech-caverna", è alle stelle.
Il libro va preso per quello che è, ovviamente: una descrizione dettagliata e tecnica del modus operandi che probabilmente si farà amare e odiare dai ben noti amanti del detective. Anche se, tra le cose positive, ci sono alcuni aforismi o determinate situazioni che si possono benissimo applicare alla vita quotidiana.
Successivamente è arrivato da amazon "Il mio cane preferisce Tolstoj" , di Paolo Cioni. Stappando così lo spumpante quando finalmente sono riuscito a terminare l'acquisto (al quarto tentativo in non so quanti anni).
Un giallo tragicomico che è anche (e soprattutto) "L'ironica metafora di una ricerca di se in chiave postmoderna". Com'è scritto nella quarta di copertina.
Onestamente, mi chiedo come mai ha avuto così poca notorietà questo libro del 2016. Almeno, credo che ha ricevuto poca visibilità: ogni volta che provavo ad acquistarlo su ibs.it o sul sito della feltrinelli puntualmente veniva eliminato, fortuna che mi ha salvato amazon!
Coinvolgente come pochi, l'avventura di Adelmo Santini mi ha fatto riflettere tantissimo, come son solito fare, proiettandomi nel protagonista e nel suo passato. Non molto simile ad alcune strade che ho preso anche io. Nel suo caso l'ex comico e con un libro di successo ritirato ormai dalle scene, si ritrova una lettera anonima minatoria. Dovendo così ripercorrere vecchi passi e vecchie strade della sua vita. Il tutto con il suo amico fumettista Gilli e il fidato "Piccolo Santini": il suo amico a quattro zampe che tanto piccolo non è, in quanto Bovaro del Bernese.
Ho amato il personaggio, ricco di sfumauture: dall'essere marpione ad avere una spiccata sensibilità, per non parlare del suo rapporto con gli animali e i suoi amici.
Allo stesso tempo ho compreso il suo "ritirarsi dalle scene". Mi ha fatto pensare a quanto poco scrivo sul blog nonostante il tempo non mi manca (sto anche facendo esecizi su esecizi per tenermi in forma) -è vero che siamo in quarantena, ma sono pur sempre un commesso di un supermcato e gestire questo tipo di lavoro in questo periodo non è facile, quindi PER FAVORE evitiamo com'è capitato in passato paragoni lavorarivi. Come si dice in friulano "Ognun al bala cun so agna". Grazie-, ma come scritto all'inizio del post "L'uomo poteva prendere strade insolite", di conseguenza mi sto orientando su goodreads e recensire libri su questa piattaforma. Anche se a livello mentale ho un archivio bello pieno, qua manca probabilmente la motivazione. Il classico crollo emotivo dopo l'entusiasmo iniziale. Probabilmente è la quarantena che parla: pian pianino sta avendo lo stesso effetto anche Slowly. Per quanto sono nate splendide amicizie in giro per il mondo, dall'Indonesia alla Spagna, dall'America all'Ecuador -senza menzionare molte altre, connazionali compresi-, vedo in generale che l'attenzione sta svanendo pian pianino. Probabilmente il pensiero di tutti nel mondo, è quello di ritornare ad uscire di casa e fare una bella camminata o rivedere persone care e amici, piuttosto di un monitor.
Sta di fatto che la struttura di questo libro è completa. Citando mia madre "la lettura non dev'essere solo uno svago, ma deve anche arricchire". E così è stato, leggendo tra le parole non dette.
Stappiamo quindi lo spumante per l'acquisto di "Il mio cane preferisce Tolstoj", andato a buon fine anche per le aspettative che avevo sul libro... #alittlebitofthebubbly
"Ancora con il wrestling? Non ti sembra fuoriluogo?" Direi di no.
L'ultimo, di questo mio periodo "in giallo", degno della signora dei Ferrero Rocher o di Jessica Fletcher -dovevo linkare questa canzone in qualche modo, visto tutte le volte che l'ho cantata nella mia vecchia lancia Y- si tratta della graphic novel appena finita " El Borbah " , di Charles burns.
El Borbah è un wrestling/detective a mio dire cazzuto come pochi, con un carisma che si sposa benissimo nella mia compagnia di amici, duante le fagiolate e "barili di birra". Mi son piaciute praticamente quasi tutte le storie raccontate in questo volume (Quattro storie su cinque). Come spesso accade i disegni creepy e inquietanti di Burns fanno d'atmosfera a storie intrecciate tra il noir e la fantascienza. Con dei colpi di scena finali che, come detto più volte, fanno dire al lettore "Porco due per due!" Citando appunto il protagonista nella versione italiana.
Cosa che ho apprezzato molto, in questo volume, è anche l'epilogo che spiega la nascita di questo personaggio: Di come Burns negli anni '60 a Seattle vedeva da bambino questi "omoni bianchi pelosi e sovrappeso, vestiti con costumi succinti che se le davano di santa ragione" prendendo poi così ispirazione tempo dopo, complice anche il fatto di quando, in California, scoprì i lottatori messicani tutti con queste maschere sul volto.
Avendo nominato Seattle e amando il panorama grunge di fine anni '80 inizio '90, mi sembra doveroso dire che è sua la copertina dell'album fatto da artisti vari "Sub Pop 200", dell'omonima casa discografica.
C'è ancora un mistero da risolvere: Andrò avanti con il blog o la mia mente mi porterà verso nuove avventure? L'unica pista da seguire al momento è presente solo nella mia mente. Sorridendo in maniera beffarda, guardando i nuovi acquisti cartacei e una promessa fatta ad un utente. Chi? Resterà un mistero, visto che l'unico indizio concreto è che riesco ad alternarmi tra libri e graphic novel!
(il mio approccio con le idee creative: "Kansas city shuffle": "Merda cazzo porca, esatto.")
(Questo post è dedicato ad una grande fan di questa disciplina, mia nonna, scomparsa a Gennaio del 2020 e, purtroppo, pure ad un mio caro amico, anche lui appassionato. Siete sempre nei miei pensieri)
Premessa: se alcuni termini sono a voi sconosciuti, fate pure clic qui: Glossario del wrestling. Sono consapevole che se parlo di wrestling su internet rischio la gogna, ma sono pronto e corro il rischio. Il mio punto di vista su alcune cose, è da nipote prima e appassionato poi. Tenete presente questo, poi insultatemi pure. Anche se alla fine vi offrirò una birra e pace fatta. Insomma, pure Stone Cold ne aveva offerta una ad Undertaker! Detto questo...
Era da tempo che volevo scrivere qualcosa su questo film, rivisto probabilmente per la quarta volta in vita mia.
Non tanto per la trama in se facilmente reperibile nel vasto mondo del web oppure per alcune curiosità (il che probabilmente mi farà aggiungere all'elenco delle persone che l'hanno già fatto), quanto cos'è stato per me avere una nonna che lo seguiva da sempre, dagli anni '70 a poco prima della sua scomparsa e quanto questo mi ha influito nella vita di tutti i giorni, facilitando pure amicizie.
La trama, per chi non lo sapesse, è la storia di Robin Ramzinski, noto ai fan con il ring name di Randy "the Ram" Robinson. Un mito degli anni '80 che, a vent'anni di distanza continua a combattere nelle indy (Circuiti indipendenti) tenendo così viva l'adrenalina e l'adorazione dei fan che ricordano ancora il suo match più importante di sempre contro la sua nemesi, l'Ayatollah. Il tutto da una splendida visione esterna: non quella televisiva che lo spettatore è abituato a vedere da casa, ma i preparativi e i confronti tra i vari lottatori, spesso rivali nelle storyline, sull'evoluzione dell'incontro in se.
Il tutto condito da cosa accade fuori dal ring, dalla "vita vera" di chi ha dato tutto per questa disciplina e fa mille sacrifici per tenerla ancora viva, dal secondo lavoro alla vita sregolata. Dopo un violento hardcore match, un grave problema di salute fa rivalutare molte cose: dal possibile ritiro al rapporto con la figlia. Insomma, dare un senso alla sua esistenza. Ma si sa, il boato del pubblico è sempre troppo forte e the Ram non può fare a meno del ring. La passione è passione.
Con mio grande rammarico, non sono mai riuscito a far vedere questo film a mia nonna. A prescindere dall'età non era mai interessata a ciò che Hollywood propone per tv (a meno che non si trattava di "Hollywood" Hulk Hogan).
A differenza delle sue amiche le storyline proposte dalle varie federazioni erano le sue "telenovelas" (appassionati del wrestling, concedetemi il paragone. Stiamo parlando di una signora anziana!) e spesso le Kayfabe per lei erano buona parte vere. Mi ha sempre fatto tenerezza questa cosa, vista con gli occhi di un nipote. Non era per rovinarle la magia che si era accumulata in lei nel corso degli anni, anzi... per farla rendere ancora più partecipe alla cosa. Ma si è sempre rifiutata. Praticamente avevo una nonna "mark" e ne sarò sempre orgoglioso di tutto ciò. D'altronde mi ero ripromesso, dopo la sua scomparsa, di tenere viva questa passione che la differenziava dalle altre signore anziane di un paesino come il mio.
Anche se avevo una nonna così, il mio primo approccio (da appassionato di basket) è parecchio prevedibile quanto tardivo: Parliamo di uno dei miei giocatori preferiti di sempre, Dennis Rodman, e della sua rivalità sul ring con Karl Malone (accompagnarono rispettivamente Hulk Hogan il primo, mentre il secondo "DDP" Diamond Dallas Page). Era il periodo delle finali tra i Chicago Bulls e gli Utah Jazz e ovviamente, di Bash at the beach del 1998.
Era la prima volta che parlavo di Wrestling con lei, le avevo portato una rivista di basket con la foto di Rodman. "Lo conosci questo?" Non ricordo bene la sua reazione, probabilmente mi parlava del match, ma per un ragazzino di 14 anni che stava scoprendo il mondo (specie d'estate), l'attenzione era una cosa rara da trovare. Anche se la mia memoria, con ironia e senza offesa, viene definita "autistica".
L'interesse durò più o meno poco, come quell'estate. Avevo le partite di basket con la squadra e la preparazione atletica, la scuola e molti altri interessi. Non ero ancora multitasking come lo sono adesso a 35 anni. Ma il destino (e dei compagni di classe casinisti alle superiori, nel boom italiano grazie alla programmazione in differita sulla mediaset) evidentemente aveva molta pazienza col sottoscritto e in qualche modo, voleva indirizzarmi li. Rendere ancora più speciale quel rapporto già unico che avevo con mia nonna.
"Ma che Cena...meglio Lesnar!!" sentivo urlare durante le ore buca in classe e spesso ignoravo il tutto, visto che mi portavo da casa un libro da leggere per passare il tempo. Il loro parlare sguaiatamente e i vari riferimenti a ciò che succedeva durante lo show blu della wwe erano come una sirena, entravano nella testa e non si schiodavano da li. Più o meno come la musica d'ingresso del team wcw "American Males" (perché ho cercato il link...perché!non riuscirò più a togliermelo dalla testa!).
Durante una delle più classiche partite di briscola mi ero fatto coraggio. Mi faceva strano parlarne con mia nonna di questa cosa (anche perché diciamolo: L'idea comune di una nonna è colma di dolcezza e gentilezza, dai modi spesso mansueti), ma è stato più forte di me. "Nonna, senti che ti chiedo, ne parlavano in classe e... Anche a te piace John Cena?" Non era ancora il periodo con la new entry musicale, li il face della federazione era ancora Dr. Thuganomics. Ma, detto con ironia, mia nonna era talmente avanti coi tempi che nella sua mente era già partito il meme a pieno volume che fa da padrone su internet. (crrrrrrrrraapaaadoooo - Birra offerta finita la quarantena a chi l'ha capita e sta tutt'ora ridendo).
I suoi occhi s'illuminarono (in quanto lei è sempre stata pro "Face", i buoni appunto. Sia per la morale e il valore etico e complice il fatto che nella sua vita purtroppo ne ha passate tante, tra guerre e il terremoto del 1976). "Certo!! Devi vedere cosa fanno... lui, Guerrero! Sabato vieni da me che vediamo i match alla tv insieme!"
Credetemi, non erano i vari incontri a catturarmi, ma la cattiveria di mia nonna nell'istigare i lottatori davanti alla tv. La nonnina che preparava la polenta e giocava a briscola si trasformava in una tifosa da fare invidia a molti, quando aveva ancora energia e qualche anno in meno. Inutile dire che da li è nato tutto. La partita di briscola era diventato il "Kick-off prima della puntata". Anche se in quel periodo dovevamo accontentarci della telecronaca di mediaset, molto bambinesca e fastidiosa. Fortuna che, vista la scarsa ricezione, tornando indietro a metà degli anni '90 lei aveva l'antenna parabolica e prendeva canali tedeschi quali DSF e, in inglese, Cartoon Network. Perché Cartoon Network? Semplice, quello che era il mio canale preferito (dopo Viva e Viva zwei per la musica), dalle 21 in poi non trasmetteva programmi per bambini, ma diventava TNT. E su TNT regnava ai tempi la WCW. Anche se Monday Nitro non lo mostravano il lunedì ma il Venerdì. Ricordo ancora i suoi fogli di carta dove c'erano scritti col pennarello i vari orari e i canali.
Poi ovviamente arrivò SKY, con la coppia Posa & Franchini, che con il loro "Ciauuuu" finale, in quel periodo, contagiarono pure mia madre.
Ricordo ancora l'incontro in una fumetteria di Udine con Michele Posa e la sessione autografi. "Non voglio sembrare sfacciato, ma puoi farne uno con dedica? Con scritto "Per la signora Domenica"? Sembra strano, ma...è mia nonna". E il suo vocione amichevole e rassicurante, da dietro gli occhiali scuri ("per dare più carisma e fantomatico mistero", citando Battiato), mi risponde sorridendo "Non è l'unica nonna che mi chiede l'autografo!". Sono piccole cose, ma quando avevo portato l'autografo a mia nonna, successivamente era li appeso, tutta contenta. Ai tempi molte delle sue amiche andavano a trovarla per bere il caffè e spettegolare del più e del meno. Ai lati della tv trovavi le foto appese del papa, l'autografo di Posa, Rey Mysterio e il sottoscritto (seguito successivamente dalla locandina che le avevo portato dal live svolto a Trieste. "Potevi venire anche tu!" "Si...a farmi prendere in giro dagli altri spettatori!" mi rispondeva, ma credeteci: il giorno successivo alle 8.30 del mattino era fuori casa per chiedermi chi c'era e com'era vederli dal vivo. "Eh... (Sospirando), se passavano a Gemona (semi-spoiler, non sono proprio di Gemona) si poteva anche fare!" "Ehm...nonna, non funziona proprio così!". Ma più l'età va avanti, più le lunghe distanze si fanno sentire.
Prima dell'upgrade familiare televisivo (ovviamente pure a mia nonna per forza di cose col tempo si era abbonata a sky), anche se noi eravamo già clienti ma solo di cinema, fa l'ingresso in scena questo mio caro amico. C'incontriamo fuori le scale di casa mia e mi sento dire con timidezza, vista la differenza d'età "mi ha detto il tuo vicino che tua nonna segue il wrestling, è vero o è una battuta?" "Certo che è vero! T'invito sabato a vedere Smackdown da lei". Il resto, poi, è storia.
Mia nonna aveva fatto da tramite in questa amicizia. Ricordo ancora quando assieme a loro avevo visto Wrestlemania 21 nel salotto di casa mia, ribatezzandola "WrestlemEnia", in quanto mia nonna (di nome Domenica), in paese era conosciuta con il diminutivo in friulano di Menia. Era il suo primo PPV. Il nostro, nonna e nipote. Il nostro, mio e di questo mio amico che aveva occhi solo per The Rock.
Poi con lui sempre nel mio salotto arrivarono altri PPV quali (citando i primi che mi vengono in mente, dove riecheggiano ancora le sue urla misto risate per alcuni momenti comedy) Summerslam e ovviamente ECW one night stand.
In questo 2020 alternativo, a distanza di tre giorni l'una dall'altro, queste due persone a me molto care, mi hanno lasciato. Ci hanno lasciato. In qualche modo sarò sempre grato al Wrestling per questo, per ciò che riesce a fare al di fuori del ring; quando si spengono le telecamere e noi comuni mortali cambiamo canale e brindiamo alla vittoria di un match (e, per i lottaori, le varie gimmick restano nell'armadietto).
Ricordo ancora non tanto il dispiacere, quanto l'incomprensione di mia nonna nel sapere che provavo ammirazione verso alcuni heel, i "cattivi".
Non ho mai avuto modo di spiegarle di come tutto gira intorno all'heel. Il motore di una storia è centrato su chi prova a fare di tutto pur di ottenere un titolo, anche in maniera scorretta e di quanto li ammiro anche perché è facile farsi voler bene, ma farsi odiare è molto più difficile. E' difficile fingere di essere ciò che non si è. Sia sul ring come nella realtà.
Lei lo sapeva bene, quando un giorno arrivando in salotto avevo notato la parete solo con la foto del sottoscritto e del papa. "Nonna, ma...il resto?" "Eh, li ho dovuti togliere e portare nell'altra stanza. Alcune amiche mi avevano chiesto il perché erano appese quelle foto".
L'essere fuori dai vari standard canonici della società. Mi ripeteva sempre di tagliarmi la barba e i capelli, ma con l'arrivo di uno dei suoi ultimi preferiti di sempre, Daniel Bryan, aveva rivalutato il mio look. "Sei il mio Daniel Bryan", mi aveva detto una volta ridendo. Vuoi per la mimica facciale e alcuni tratti somatici in comune.
Forse perché come lei (e come il wrestler nelle storyline) ne ho passate tante ma continuo perennemente a farmi coraggio e dimostrare quanto valgo, nonostante i vari detrattori. E tra le mura di casa è risaputo: Lei era la mia fan #1 pronta ad incoraggiarmi, nel bene e nel male. Sia quando suonavo il basso, sia a lavoro ed ero alle casse e passava a fare la spesa. Lei era li ad ammirarmi come quando entravano sul ring i suoi beniamini. Le mancava solo il cartello parodia del "Yes! Movement" "Cech movement!" ed era a posto.
Farmi trovare pronto giorno dopo giorno. Anche perché so incassare tante batoste dalla vita, ma difficilmente finirò al tappeto sconfitto.
Il blog "compie" un anno. Ricorrenza perfetta per dedicare un post a questo film del 2000 e come spesso tendo a fare parlare un po' di me, farmi conoscere. Di come riesco a immedesimarmi, specie se i protagonisti hanno qualche caratteristica o interesse in comune col sottoscritto. Praticamente ..."Scoprendo Miroslav". Senza esitare, citando Sean Connery/William Forrester nel film:
"...Batti su quei tasti, per la miseria!!"
La trama di questo film s'ispira alla storia di J.D. Salinger e a John Kennedy Toole, due noti scrittori riservati. Nel nostro caso i protagonisti sono il giovane Jamal Wallace, lettore e scrittore con la passione per la pallacanestro e William Forrester, scrittore con origini scozzesi e vincitore del premio Pulitzer per aver scritto il libro "Avalong Landing". Il binomio "basket/scuola" è stato uno dei motivi per cui mi son sentito preso in causa fin dai primi minuti. Parafrasando un dialogo delle prime scene del film tra l'insegnante e la madre:
Insegnante: "Jamal fa lo stretto necessario per passare, per non distinguersi dai suoi amici e arrivare a malapena alla sufficienza. Questi, però, sono i suoi risultati nei temi" Madre: "E' sempre che legge libri o scrive su quei quadernetti, ma a casa parla solo di pallacanestro". Insegnante:"Quello è il suo modo per farsi accettare. Ai suoi amici non interessa quello che lui è capace di scrivere".
Questo dialogo forse è stato il primo motivo per cui ho sempre adorato questo film tanto da metterlo di diritto tra i miei preferiti. Non al primo posto, ma neanche all'ultimo. Mia madre lo sa. Questa frase l'ha sentita probabilmente troppe volte dai pochi insegnanti che sapevano realmente come prendermi (testimone questo post), e cito una battuta del film: "Ricordati una cosa: Gli insegnanti amaramente delusi possono essere o molto utili o molto pericolosi". Con questo non voglio offendere quei pochi professori che mi sono stati d'aiuto nella vita, tutt'altro. Nel mio caso, senza nominarli, ho ancora presente le lezioni di chi ci metteva anima e cuore per coinvolgere veramente gli studenti e chi, invece, alzava le spalle perché...tanto era li per arrotondare la paga da ingegnere. Con dei modi così viscidi degni di un Renziano pronto a fotterti quando meno te l'aspetti.
Il fatto che il giovane Jamal Wallace ha buona memoria è una simpatica similitudine. Va detto che la mia è stata definita con ironia (E senza offesa) da alcune persone "memoria autistica": Ricordo vecchi numeri di telefono, avvenimenti anche inutili della mia vita ormai passati e...no. Non so finire le citzioni degli auori come lui nello scambio di battute con l'insegnante, ma inspiegabilmente so il 90% delle volte ritrovare la pagina esatta dove si trovano. Poi ovviamente se non ricordo la citazione tendo a parafrasarla, mica sono Robocop, progetto di organismo cibernetico. Mi avvicino di più al maldestro Ropopap/Fenton Paperconchiglia dei Ducktales. (Incantesimo!).
L'unica differenza tra me e il protagonista (e ne sono più che certo) è che non palleggiavo per casa, altrimenti le prendevo.
Complice una scommessa tra amici al campetto finita male, ovvero quella di entrare di straforo nella casa del vecchio "Finestra", chiamato così perché era sempre segregato in casa e li osservava giocare dall'alto del suo appartamento, Jamal fa la conoscenza del burbero, almeno inizialmente, William Forrester. Pur non sapendo ancora la vera identità. La passione per la lettura e la scrittura fa nascere una splendida amicizia tra i due protagonisti. Con lo scrittore vincitore del Pulitzer che, armato di pazienza, insegna a scrivere al giovane aspirante. Anche le caratteristiche di William Forrester le sento molto intime, personali se vogliamo. Da come la vedo io prendono due direzioni:
La mia, dove mi riconosco nel personaggio interpretato da Connery nell'amare sia la lettura, ma soprattutto la riservatezza, nel privato e in questo blog, dove non elemosino condivisioni o visualizzazioni ma lo faccio per il puro piacere della scrittura. Poi, se piace o non piace tendo a fare spallucce. D'altronde lo dice anche William al giovane Jamal: " Perché le parole che scriviamo per noi stessi sono sempre molto migliori di quelle che scriviamo per gli altri?".
Per non parlare della stesura dei miei post: Questo ce l'avevo in mente da troppo tempo e aspettava solo di essere scritto. Involontariamente uso spesso una regola, un consiglio ben spiegato nel film: "la prima stesura la devi buttare giù col cuore, poi la riscrivi con la testa. Il concetto chiave dello scrivere è scrivere, non è pensare". Se si va a rovistare nei vari quadernetti o moleskine non si trovano le bozze dei rispettivi post. Solo aforismi, frasi e dialoghi presi da libri che sto leggendo o film che ho visto. Da li poi prendo il via sulle tastiere senza fermarmi. Da una parte mi spiace, perché il lato nostalgico che è in me ha sempre amato scrivere su carta. Ma la stesura di un post la trovo molto più spontanea qui, sui tasti di questo vecchio portatile fatto su con lo scotch.
Prima di questo maledetto COVID-19 passavo già giornate rinchiuso in casa a leggere o scrivere, proprio come "Finestra". Isolamento che occasionalmente mi porta a trasformarmi nel classico orso non tanto in letargo, ma a volte burbero nelle risposte. Ciò non toglie che non sono un vero e proprio eremita. Come dice "William" <<chi ti dice che non esco mai di casa?>>. Altra similitudine che mi ha fatto sorridere (e che, detto senza imbarazzo, fa ridere di gusto a chi riceve messaggi whatsapp dove scrivo "Guardo uccelli fuori dalla finestra" -lo so...battuta triste- è proprio quel birdwatching casalingo. Non è un mistero questo mio hobby (vedere per credere). Divertente di come in sincronia effettuiamo le stesse mosse, pari pari: Mi affaccio alla finestra col binocolo, stupefatto recupero la microcamera e la posiziono di nascosto in giardino e poi gongolo contento della visione a prescindere se la registrazione è andata a buon fine o no: "Va' che roba, uno stormo di verdoni!". O, nel suo caso, ancora più esplicito con la telecamera in mano che dice "vieni...dai...più vicino...più vicino!", il tutto con Jamal che lo guarda in maniera perplessa e lui che risponde contento "Era un Cardellino del Connecticut!". Tanta invidia per lui, anche perché i cardellini ultimamente si posano nel mio giardino, ma come i verdoni sono i miei due punti d'arrivo per i prossimi video e devo armarmi di molta perseveranza per riuscire a riprenderli. Stesso discorso per i fringuelli. Il lato positivo di questo periodo generale d'isolamento è che, abitando ai piedi delle montagne, di prima mattina tra i rumori della natura si sente quello del picchio, che da il buongiorno alle persone mattiniere martellando con il suo becco per lasciare la sua "firma" della specie, per comunicare e attirare un partner (e, ad essere precisi, la scelta cade su materiali ad alta risonanza).
C'è anche la visione 2.0 di William Forrester. Ovvero la proiezione di mio padre in questo personaggio: A tratti socievole e burbero, amante della lettura e della Cultura con la c maiuscola (Musica classica, storia antica, racconti di Isaac Asimov, vari generi musicali, arte e via dicendo). Tanto che quando mi sente dire quella parola mi rimprovera giustamente: C'è Cultura e cultura. Il talento di mio padre però è sempre stato si artistico, ma applicato alle foto e ai disegni su tela. Lui stesso, come William per Jamal, mi ha spinto lo scorso anno ad aprire questo blog proprio perché "ho la sensibilità giusta per farlo", come tendo spesso a ripetere. Il che mi fa sempre pensare a quando Jamal, in un primo momento quando recupera lo zaino dimenticato a casa di "Finestra" dopo il primo incontro, si ritrova tutti i quaderni con i vari testi da lui corretti in rosso e commentati: "Passaggio fantastico!" "Dove mi vuoi portare?" e via dicendo. Non ho mai fatto leggere i vecchi quadernetti a nessuno, a casa. Anche perché li tengo segretamente nascosti. In quel periodo poi ero come George McFly prima dell'arrivo dal futuro di Marty.
George: "No no no...io non faccio mai leggere a nessuno le mie storie" Marty: "...e perché no?"
Questo, ovviamente, mi fa pensare che in qualche modo era riuscito a leggere i miei appunti sparpagliati sui vari quaderni (e il nascondiglio precedente non era poi così sicuro). Di conseguenza deve aver visto in me qualcosa di positivo, il che mi fa incredibilmente piacere.
Tra i personaggi del film che voglio menzionare, come attore non protagonista c'è il rapper Busta Rhymes che interpreta Terrell Wallace, il fratello di Jamal. Fa il parcheggiatore e sogna di sfondare come rapper. Perché merita una menzione? Perché è un genere che mi piace e che ha influito molto sulla mia tipologia di scrittura (per esempio le varie citazioni prese qua e la, come nelle canzoni, e fare di essi un paragone o associarle a momenti della mia vita). Nel lontano 1996/1997 per quanto mi fa ridere (e per quanto ero un bambinetto di 12 anni), ero uno dei primi -se non il primo- ad ascoltare anche questo genere musicale in un paese dove è risaputo che le radici sono tutte salde sul rock. Galeotto fu il vinile trovato a casa, dei miei amati Beastie Boys su un lato e LL Cool J dall'altro, ovviamente un vinile non ufficiale, un bootleg. Da li è nato tutto. Specie la mia ammirazione per il produttore Rick Rubin e di quanto è versatile nel mondo della musica. La prosa di questo genere, specie nel freestyle, mi ha sempre catturato e coinvolto. Poesia pura. L'ho imparato grazie a Saul Williams (attore, rapper e poeta) nel film indipendente del 1998 "Slam". E a proposito di poesie, da lettore quale sono, vi consiglio di andare a dare una letta al libro "Tà Marziaká", di Sara Condizi. Oltretutto saranno tre o quattro giorni di fila che per caricarmi al mattino, oltre al caffè, ascolto "Veleno 7" di Gemitaiz Feat. Madman.
C'è una scena chiave del film dove il binomio "studio e pallacanestro" s'incontrano, assieme a molte decisioni da prendere. Circondato da detrattori e stimatori. Non voglio fare spoiler per rovinare il film a chi, magari, non l'ha mai visto. Dico solo che QUELLA decisione va pari passo con il mio stile di vita, non solo da ex-studente. Per scoprire di cosa sto parlando...vi consiglio di vedere il film.
Anche perché mi sono messo un bel po' a nudo, in questo post, e citando Sean Connery "Tu dovresti imparare la virtù della riservatezza"...