sabato 29 giugno 2019

"Sono stato io a fare questo?"



Quando, nel primo pomeriggio, ho notato nella programmazione di Comedy Central "Otto sotto un tetto", non ho esitato un momento a fondermi tutt'uno col divano. In puro stile "Couch gag" dei Simpson.
Per me era un piacere ritrovare tutta la famiglia Winslow. Puntate che mi riportano credo al 1993, dove, prima del merendone (e prima d'uscire a giocare in giardino, visto che faceva già allora molto caldo) stavo incollato alla tv  dei nonni con questa serie, seguito da "Pappa e Ciccia" e alle 15 mi facevo grosse risate con il cartone animato di "Droopy".
Lo so...ero un piccolo Chip Douglas. "L'uomo del cavo" interpretato da Jim Carrey nel film "il rompiscatole". Non ero teledipendente però: uscivo, leggevo e andavo a fare i bagni nel fiume come tutti. Lo metto per inciso. Anche se effettivamente un po' rompiscatole già lo ero.

A distanza di anni, con la consapevolezza delle risate registrate e quella strana sensazione recitativa che non mi convince (lo so che sono situation comedy, ma alcune reazioni non corrispondono alla vita vera. Solo io mi faccio queste paranoie mentali?), ho notato puntata dopo puntata l'importanza di Steve Urkel (Jaleel White). Una macchiolina, una caricatura di un personaggio televisivo creato col passare del tempo per vendere merchandise ed eclissare, se vogliamo, la bravura e la credibilità di un attore.
Cosa che si è vista più e più volte nel mondo dello spettacolo: Basta pensare a Macaulay Culkin per esempio. Anche se a distanza di anni non solo riesce a reinventarsi (il suo canale youtube "Bunny Ears" è spassoso, se si coglie l'ironia!), ma riesce anche a sdrammatizzare il suo passato nelle pubblicità di google o, complici alcuni youtuber americani, si presta nel commentare videogiochi ufficiali e non dei suoi vecchi film e sfidarli a qualche partita.
Eppure...mi sentivo a disagio. Con gli occhi di un 35enne, cercando semplicemente "Steve Urkel" su youtube sono finito in un vortice di spot: Dai pupazzetti alla canzone, dalla pubblicità dei cereali al crossover di Full House (per noi italiani "Gli amici di papà") e via dicendo: una serie di clip che mi ha riportato alla mente, tanto per cambiare, una serie animata gialla che amo citare spesso e volentieri.

La puntata dei Simpson in questione è della quinta stagione: "Bart diventa famoso". La conoscete tutti, mi basta solo citare la frase "Non sono stato io!" e il percorso di Bart dalle stelle alle stalle, scoprendosi come fuoco di paglia televisivo grazie ad un tormentone che va via via a spegnersi.
Onestamente su internet non trovo nulla che conferma questa mia teoria, ma visto la data d'uscita americana (1994) diciamo che questa mela non casca tanto lontano dall'albero, complice anche un tormentone molto simile.
Tutte queste velate parodie, mi hanno mandato in tilt il cervello: Troppe informazioni per un solo post!

Innanzitutto il personaggio che esce fuori dagli schemi, presente in tutte le serie tv. Mi viene in mente il mio film preferito, "Man on the moon", dove Andy Kaufman (interpretato da Jim Carrey) si ritrova a recitare nella serie tv Taxi: "Tu interprerai Fonzie!" "Fonzie??" "Non Fonzie...IL Fonzie, il personaggio che farà presa sul pubblico: sarai un buffo meccanico di nome Latka". La scena di questo dialogo rende molto bene l'idea di disagio del protagonista nell'accettare un ruolo simile; dove, per far ridere, si ritrova a scendere a compromessi contro uno stile comico fatto con lo stampino e non adatto a lui. (Il dialogo per intero e non parafrasato lo trovate nel video qua sotto).




Non mi fermo solo a Andy e a come questo film mi ha plasmato ogni volta che schiacciavo il tasto play.
Penso anche a Cosmo Kramer di Seinfeld, Gene di Bob's Burger e, per finire l'interminabile elenco di questi personaggi, Sheldon Cooper. So che perderò punti simpatia, ma dopo un po' di puntate non riesco a seguire con frequenza Big Bang Theory: Troppe risate tra una battuta e l'altra, troppo forzato.
Com'è capitato in uno scambio di commenti con Claudia, pure io ho uno strano rapporto con il sarcasmo: Quello televisivo lo capisco, quello scritto o nella vita quotidiana purtroppo no. Probabilmente ho fatto un overdose con un personaggio a caso di Friends.
Altre informazioni che causano un cortocircuito nei miei impianti bionici, sono i tormentoni. Come può una battuta, una frase fatta, creare risate? Non voglio creare polemiche, ma creano semplici fuochi di paglia. Come può un comico definirsi tale? Ammiro chi sa giocare su queste cose rendendole semplici messaggi velati televisivi, come una doccia fredda sul pubblico (il friulano Andrea Sambucco nelle sue "lezioni di comicità", lo stesso Daniele Luttazzi nel talk show "Barracuda", dove di tanto in tanto lanciava un ipotetico comico che "farà strada, perché ha un vestito buffo e un tormentone". A proposito, parlano tanto di Luttazzi che copia le battute dai comici americani ma nessuno ha fatto caso di come il pagliaccio Baraldi di Fabio De Luigi ricorda parecchio "Elver", il personaggio in questione di Luttazzi?).
Il terzo segreto di satira, nel video qua linkato, rende bene l'idea. Anche perché mi fa venire in mente un "barzellettiere" locale che di recente è finito in un noto programma televisivo. Lo so perché avevo letto l'articolo sul quotidiano locale. Anche lui ha un tormentone. Solo che quando sento certe barzellette, specialmente con una frase a chiusura...non riesco a ridere. E' più forte di me.


Questo loro modo stravagante nell'approcciarsi alla vita dipinta sullo schermo mi ha involontariamente influenzato, e probabilmente ha influenzato anche minimamente ognuno di noi nel nostro approccio. Se non in età adulta, dove siamo già formati e impostati, almeno nell'età scolastica dove cerchiamo in tutti modi di farci accettare. Come Steve Urkel nei confronti di Laura o del suo amico Eddie.
Me ne sono reso conto leggendo la frase di Moz in un commento: "Poi alle medie top del top, forse il mio periodo più florido". Ho rivisito in una frase tre anni di medie in un secondo. Come scritto nel post riguardante il mio periodo scolastico, il lato positivo è che risultavo simpatico a quasi tutti salvo le classiche eccezioni ovviamente. Riavvolgendo il nastro però e schiacciando il tasto "pause", ho notato si l'ingenuità dei gesti di ragazzini dagli 11 ai 13/14 anni, ma l'impronta televisiva: Quello che era il mio compagno di merende, per esempio, in pieno periodo Happy Days andava "in ufficio" come Fonzie e, appoggiato al lavandino, incrociava le braccia come il buon Henry Winkler.
Il sottoscritto invece prima dell'arrivo della pallacanestro e della musica, si limitava a citare o battute prese qua e la nei film, cartoni animati o da sei amici che bevono caffè al Central Perk, magari involontariamente con la bontà d'animo della serie tv che da spunto a questo post.
Anche se, facendo mente locale, su di me aveva fatto parecchia presa Will Smith ne "Il principe di Bel air": Ricordo ancora questa acerba attitudine da Fresh Prince e di come risintonizzavo la tv nella speranza di riuscire a prendere Italia Uno e vedere le puntate.
Altri ragazzi invece ripetevano un misterioso "D'oh!". Misterioso perché la febbre gialla di Springfield l'avevo presa qualche anno dopo, nel 1999. Ricordo ancora la mia euforia con il mio vicino di banco nonché attuale migliore amico: "Ma...hai visto Homer che hai fatto nella puntata di ieri?", euforia smorzata in un secondo con un secco "E' vecchia la puntata...di un paio d'anni fa". Caratteristica che tutt'ora ci accomuna a distanza di anni. Con affetto lo chiamo "Frantuma-sogni", complice le mie idee a volte bislacche e irrealizzabili per motivi pratici e surreali.
Visto che siamo in tema studenti degli anni '90... tutti, almeno una volta, abbiamo fatto il classico "time out" alla Zach Morris.

Facendo bene due somme ho effettivamente bisogno di un divano su cui sdraiarmi e confidarmi disperatamente con qualcuno, causa uno strano conflitto d'interessi: Pur di farsi accettare, mi son reso conto che la gente (televisiva) che si critica è quella a cui ci si assomiglia.





lunedì 24 giugno 2019

Un post SOCIALmente inutile.




Da tempo avevo in mente di scrivere un post riguardante il mio rapporto di amore/odio con i social, sempre se Spotify ed Endomondo  si possono chiamare tali... visto che sono gli unici che ho.

La scintilla che mi ha spinto a dar finalmente vita a questo argomento sono stati vari input ricevuti nel corso della settimana: Dalla proposta del mio migliore amico a iscrivermi a instagram, fino al cardio-frequenzimetro che, nel giro in mountain bike fatto in mattinata, non voleva collaborare col telefono e la seconda applicazione sopra linkata.
Il tutto mi ha fatto capire quanto effettivamente siamo succubi dai monitor e tutto ciò che questi apparecchi alla portata di mano di tutti ci donano: Notifiche, like, aggiornamenti e visualizzazioni.

Facciamo un passo indietro: Perché non ho account facebook e compagnia varia? Semplicemente per brutte esperienze passate, causa la versione 2.0 delle vecchie pettegole di paese sedute sulla panchina o affacciate alla finestra dietro la tenda: Ovvero alcuni compaesani muniti di smartphone. La prima loro mossa falsa nei miei confronti è datata 2011: stampare (si, STAMPARE) una foto dov'ero semplicemente in dolce compagnia e mostrata nel bar del paese a mio padre e, voci di corridoio, agli altri presenti. Ora, ognuno è libero di frequentare chi vuole e se si pubblica una foto si sa (purtroppo) il rischio che si corre se diventa di dominio pubblico sul web. Ma penso che un modo cortese per dirglielo era un educato "Ho visto una foto di tuo figlio abbracciato ad una persona, per caso stanno assieme?". Gli stessi, anni dopo, non avevano gradito un mio commento sarcastico dovuto ad un disagio, da loro causato, nella via dove sono residente (in quanto questi sono nella pro loco locale). Li avevo capito, visto le conseguenze successive, che era ora di dire basta.
Non è solo per questo, sia chiaro. Iniziava a starmi stretto il dover esternare con foto o stati quello che facevo o dove andavo. Ed è difficile spiegare esattamente cosa voglio trasmettere senza essere frainteso o sembrare incoerente, visto che comunque posto libri e film ma esclusivamente  per condividere assieme assieme a voi alcune scoperte e perché no, stimolare la vostra curiosità nell'acquisto (o download); di certo non per menar vanto di quanti film vedo o quanti libri leggo...anche perché i miei tempi di lettura li trovo parecchio lenti rispetto alla media, ma solo per l'enfasi che metto nella narrazione o nei dialoghi. Il tono giusto ad ogni singola parola per rendere più avvincente il tutto.

I pro e i contro di questa scelta sono infiniti, se vogliamo. Ma tutto si racchiude, senza elencarli nel dettaglio, in una parola che mi descrive alla perfezione: Nostalgia. (anzi, due: genetica, visto che sono la versione 2.0 di mio padre...ma almeno io ho un buon rapporto con la tecnologia).
Da figlio di due persone che hanno amato o amano tutt'ora il mondo della fotografia, instagram effettivamente potrebbe essere su misura per me. Ma a quale pro? Se sono in bici e percorro un paesaggio ricco di sfumature come quello di oggi, non riesco a fermarmi per fare uno scatto ma assaporo il momento. Un secondo ricco d'emozioni, anche perché a differenza dei ciclisti professionisti  (MTB o di strada) non solo vado con il mio ritmo ma mi perdo ad osservare in giro tutti i dettagli del percorso. Lo sapete...le mie associazioni sono sempre attive: A vedere le montagne della mia zona e tutti i suoi colori mi son reso conto, per esempio, del mio 6 stiracchiato in educazione artistica alle medie e della poca creatività che applicavo a riguardo ( o forse non osavo). Ed è un peccato, perché curiosando sul blog di Nyu Egawa avevo letto, in un post tag , il suo interesse per "un luogo estivo in campagna/montagna vicino a qualche piccolo corso d'acqua". Di conseguenza penso come una persona lontana dalla mia zona può scoprire certe meraviglie se non ha una foto o un punto di riferimento.
Lo stesso discorso vale per il cardio frequenzimetro. Certo, è un extra che compare nei dettagli di percorso su Endomondo. Ovviamente se una cosa non va non rinuncio ad una splendida pedalata all'aria aperta, alla fine poco importa a qualcuno se in certi tratti mi prendeva un coccolone per la fatica o se ero incredibilmente rilassato in discesa (anche se più che rilassato ero su di giri: 46 km/h velocità massima raggiunta: non scherzo quando dico che affronto le discese con un sorriso e l'aria di sfida!).
Il tutto coronato magari dal classico "Mirko sta ascoltando" (anzi, avevo in mente, perché non ascolto musica con le cuffie mentre pedalo). Probabilmente in questo caso, usando uno slang giovanile, aumentavo l'ipotetico shipping visto che riecheggiava nella mia mente Flower dei Pansy Division e il suo testo osé. (Si, conosco la lingua dei giovani. Altri esempi: "bella li", "ci sto dentro", "check it out", "marameo", "ciribiricoccola" e "cazzo").

Vivo il momento, assaporando poi la bellezza di raccontarlo magari in maniera dettagliata sul blog, oppure come dico sempre "davanti ad una buona birra". Ironia della sorte proprio nel tardo pomeriggio ho passato un'ora e mezza in compagnia di un caro amico (e due birre), novanta minuti di aneddoti e confidenze. Ed anche lui non ha social.
Parlavo di nostalgia, ma di cosa esattamente? Di tutti quegli usi e costumi ormai destinati a perdersi, dal mio punto di vista: Il bussare alla porta o suonare il campanello, rimpiazzato da un messaggio su whatsapp "sono fuori". O gli stessi audio che sostituiscono le interminabili chiamate sul telefono fisso. Poi li dipende anche quanto una persona è educata e rispettosa.
Avendo amici e vari cugini sparsi per l'Italia e per il mondo effettivamente è un dispiacere per me non dar loro notizie di me sui social. In questo caso era un favoloso "pro" per aggiornarsi, anche senza commentare, sullo stile di vita della famiglia e scoprire nuovi interessi o l'evolversi della persona nel corso del tempo.
Lo stesso discorso vale per i concerti. Credetemi, non fumo e non ho vizi. A parte partecipare a numerosi concerti nel corso dell'anno. Su facebook seguivo tanti, troppi gruppi underground e cercavo anzi, speravo di leggere il loro nome nelle vicinanze o almeno nel Veneto. Dopo mesi di disagio e di "Ora come faccio?" riesco ad informarmi tramite il quotidiano della zona o i siti dei vari locali che frequento, sempre aggiornati. Magari non ho l'esclusiva in anticipo e riesco a organizzarmi per tempo come anni fa, comunque riesco sempre a recuperare il biglietto. Senza dimenticarsi dell'invito degli amici. Sempre apprezzato! (Anche se in serate come questa dovevo essere a Milano a vedere i Red Fang e i Melvins. Ma con i primi citati puntualmente succede sempre qualcosa di spiacevole, in questo caso ai danni del batterista dei Melvins. Come sempre per maggiori info sulle disavventure associate al gruppo stoner rock di Portland e al sottoscritto...chiedete e vi sarà dato).
Di concerti andati in fumo perché non ne ero al corrente al momento c'è solo Nik West, una bassista veramente niente male a mio dire! Era nella bassa friulana nel locale di un noto cuoco anche televisivo, per un festival da lui organizzato. Ovviamente l'ho scoperto tardi.
Una volta un ragazzo conosciuto durante i concerti mi aveva detto, riguardante i video di vari ambulanti che suonano con maestria strani strumenti: "piuttosto di riprenderli mi metterei a suonare qualcosa anche io o a danzare in loro compagnia". Questa frase effettivamente mi ha sempre fatto riflettere. Col tempo si cerca sempre di condividere qualcosa nell'attesa che diventi virale, perdendo così la bellezza artistica del momento. Lo so, incoerente anche qua visto che di tanto in tanto registro e carico qualche intera canzone su youtube. Ma vale lo stesso discorso dei libri e film, associato anche al ricordo del momento vissuto. Oltretutto non sono quel tipo di fan:  Ai concerti mi limito a bere qualche birra, mi godo il 95% del concerto in silenzio senza telefono e il 5 restante faccio due fotine contate e un video, anche per chi magari quel giorno non c'era.


Quello che non capisco, e parlo in generale, è l'esclusione involontaria. In un mondo social tutti cerchiamo il selfie o la condivisione con qualcuno. Il contatto o la ricerca. Vuoi per timidezza o semplicemente per restare al passo con i tempi. Per non parlare degli autografi a sportivi o persone dello spettacolo, sostituiti dai "selfie".
Ma dal mio punto di vista, vedo che effettivamente è sempre più difficile rompere il ghiaccio con una persona, monitor a parte. Offrire una birra e scambiare due parole, in un concerto o qualsiasi circostanza, non è necessariamente "fare il marpione". Molte volte alcuni gesti di gentilezza o di conforto vengono fraintesi, soprattutto se le persone sono di sesso opposto.
Cerchiamo di avere sempre più "amici", quel tanto che basta da far perdere il significato a questa parola, mentre chi li cerca veramente resta sempre a bocca asciutta.

Siamo come le cabine dei treni: Visto i vari viaggi fatti a Torino dai parenti, mi ricordo ancora le cabine a sei passeggeri. Dove se volevi potevi stare per i fatti tuoi o interagire con gli altri viaggiatori. Ricordo ancora, dei tanti viaggi, un ragazzo veneto che suonava la chitarra e andava a trovare la fidanzata in Piemonte; oppure un gentilissimo signore anziano che era riuscito a coinvolgere me e mia madre ad aiutarlo a finire il cruciverba. (E la focaccia genovese mangiata durante il viaggio! Deliziosa!)
Adesso, salvo eccezioni, i posti sono singoli. La voglia d'interagire con altre persone è diminuita e a far da padrone sono i monitor luminosi.




"Mirko sta ascoltando (e vi fa ascoltare): Tre allegri ragazzi morti -Quasi adatti".


venerdì 21 giugno 2019

Le parole rassicuranti di TED-ed riassunte in un confortante "Non sono Chandler Bing, è solo scienza".

In queste prime e calde giornate estive, con pochi stimoli televisivi e con "Tutti gli uomini del re" e le sue 570 pagine che mi ripete costantemente "leggimi leggimi leggimi" pari pari a "mangiailbudino mangiailbudino mangiailbudino" di Homer Simpson, son caduto come mio solito nell'abisso infinito di youtube. Precisamente sul canale TED-ed, che mi ha donato molti spunti di riflessione su cui scrivere. In particolare questi due video postati qua sotto e una strana associazione d'idee con un personaggio televisivo noto a molti: 


Come scritto più e più volte è vero, amo la pallacanestro. Ma non la pratico ormai da anni per motivi di tempo e di cambiamenti. (A proposito, complimenti alla Dinamo Sassari per la rimonta in gara 6 ai danni della Reyer Venezia. Gran bella partita!) . Ora guardo questo sport con gli stessi occhi di un Bill Murray  sconsolato in "Space Jam", in attesa di una chance tra i pro.
La cosa positiva sono stati i cambiamenti, che se da una parte mi hanno allontanato dalla pallacanestro giocata, dall'altra mi hanno spinto ormai da tempo, in una nuova dimensione: Mountain bike, esercizi giornalieri a casa e corsa su tapis roulant - Se volete restare aggiornati seguitemi pure su Endomondo-. Praticamente iniziare a lavorare su me stesso a 360° più o meno. Non fatevi grosse aspettative a livello estetico: Mangio e bevo come un diavolo orsino, restando nei paraggi della Warner Bros. 

Il mio rapporto con l'attività fisica oscilla per ovvie ragioni di salute tra l'iperattività e momenti di puro letargo, ed è un attitudine presente in me da sempre. Da bambino avevo praticato (ovviamente) minibasket, seguito poi negli anni da nuoto e calcio; prima di scoprire la bellezza dello stage diving sul divano per poi riprendere con la pallacanestro a livello agonistico fino ai 21 anni e partitelle ai campetti fino a qualche anno fa.
"Iperattività e letargo", appunto. Mi vengono in mente alcune righe del libro "italiani si diventa", di Beppe Severgnini. Praticamente raccontava di come, nella sua gioventù, lui e i suoi coetanei si trovavano iscritti in varie discipline sportive nel corso delle quattro stagioni proprio per non bighellonare per casa. Questa cosa mi ha sempre affascinato, complice il fatto che così facendo dai al pargolo una vasta scelta di sport e la scoperta della sua qualità fisica, al di fuori della classica fase per i maschietti "iscrizione a calcio". Tant'è che sono sempre in prima linea a informarmi anche sui risultati ottenuti dalle varie squadre locali nelle rispettive discipline.
Ovviamente a tutto c'e una risposta. L'estetica è l'ultimo, se non il minore, dei miei problemi: Il mio primo pensiero è stare bene con me stesso e trovare la giusta tonicità e forza fisica da applicare quotidianamente: A casa o a lavoro. Certo, ogni tanto in cuor mio maledico il mio lato goloso da buona forchetta, ma citando il mio migliore amico non mi ricordo in quale circostanza "Da che io mi ricordo sei sempre stato così, non farti paranoie inesistenti".
Il letargo invece, è dovuto ad un piccolo problema di salute dovuto alle difese immunitarie. Con il passare degli anni ho notato che l'iperattività fisica, soprattutto nei periodi più freddi, se abbandonata provvisoriamente mi rende immune alle influenze di stagione. Non sono un medico, ma visto che i miei punti deboli sono soprattutto le vie respiratorie, se evito i classici colpi d'aria nei momenti vulnerabili post esercizi, bronchi e polmoni mi ringraziano (e tutto il resto a seguire, in quanto siamo una macchina fatta d'ingranaggi). Inutile dire che le tre ore di sonno pomeridiane nel periodo autunnale/invernale, sono obbligatorie. Ringraziando il cielo che non convivo ne con Joey e il suo hobby per la falegnameria, tantomeno con Eddie e il suo fissare le persone mentre dormono...e credetemi: La reazione di Mr. Bing è la stessa del sottoscritto quando apro gli occhi e scopro che qualcuno mi fissa/mi svegliano per cause di forze maggiori.
In tutta onestà posso dire con gioia che sono anni ormai che non salto un giorno di lavoro causa malattia e questo, se per molti è una routine banale per me è una gradita sorpresa. Non per il rendimento lavorativo in se quanto per il traguardo raggiunto.
Cosa c'entra Chandler Bing? Al di la degli sbalzi di peso dell'attore Matthew Perry  (per ovvi motivi noti a noi fan della serie), l'esempio linkato sul nome rende bene l'approccio iniziale di questo eterno conflitto: In cuor mio so che devo allenarmi, in quando predisposto da una vita allo sport, ma spesso e volentieri piuttosto di fare pesi o una corsa (soprattutto dopo mesi d'inattività) finisco per bypassare la buona volontà e "allenarmi" a livello mentale: La lettura di un libro, suonare il basso oppure scrivere un post se vogliamo inconcludente come questo che sto scrivendo. In fondo...è sempre un esercizio per non perdere la mano.

(il fatto divertente è che, nel mentre, ho fatto una pausa e ne ho approfittato per salire in sella alla mia fidata mountain bike e percorrere 19 km, complice una temperatura perfetta e un cielo sereno)



Il secondo video, sempre di TED-ed, che mi ha spinto a questa serie di collegamenti è stato questo:


                               


Ebbene si, sono mancino. Cosa c'entra con Chandler? La goffaggine in alcune azioni di circostanza e, alle volte, di prospettiva:
Per quanto sembra assurdo, molte azioni comuni come pulire la frutta risultano incredibilmente rischiose. Quel tanto che basta da farmi vincere un Darwin Award per la morte più stupida. Ricordo ancora lo sguardo spaventato di una persona durante una cena,  nel vedermi tagliare la carne. Soprattutto la tecnica che utilizzavo (per me spontanea, anche perché tra le tante cose che odio c'è il rumore delle posate sui piatti di ceramica).
Questa mia caratteristica mi ha sempre affascinato. E' sempre stato un motivo d'orgoglio anche quando giocavo a basket: Sentir dire dall'allenatore avversario "Marcate il mancino...il 18!" per me era l'input per entrare in trance agonistica.
Lo stesso discorso vale anche per il basso, il che è diverso: non ho un basso mancino, ma uno per destri, a detta di molti questo -per quanto sono limitato a livello teorico e pratico- è uno svantaggio perché "non mi permette di rendere al meglio ne essere fluido o naturale". Ma la vedo come un allenamento mentale, prendendo spunto da Jimi Hendrix che in quanto mancino usava una chitarra per destri (solo poi aveva girato le corde nel verso opposto).
La prospettiva invece, probabilmente per una condotta asimmetrica del corpo (o forse per associazione d'idee), è la causa dei molti lividi.
Aspettative: devo scrivere o elencare le curiosità riguardante noi mancini, cose che si trovano facilmente su internet.
Realtà: in tema con il il re del sarcasmo...dovrò raccontare le mie goffe disavventure. Ma escludendo il lancio del vinile in quanto colleziono vari dischi e la presa iniziale della palla ovale vista la mia passione per lo sport...di solito va a finire più o meno così:



Ovviamente certe situazioni sono ingigantite, non lo metto in dubbio. Non sono maldestro come Pippo o Paperoga. Semplicemente sono figlio del "chi è causa del suo mal pianga se stesso", come quando mi son tagliato una falange del dito medio con le forbici per aprire una confezione di un prodotto, per non parlare di un graffietto fatto l'altro giorno e già svanito proprio sul lato destro della fronte, a volte certi appendini sembrano così vicini, invece...! (Un bel mix di casualità. Tra condotta asimmetrica, auto-convinzione della cosa e il fattore con più percentuale: La disattenzione).
Questi sono solo due dei tanti esempi. Il palmo della mano sporco d'inchiostro mentre scrivo è mainstream per quelli come noi.



Inizialmente questo post era nato, nella mia mente, su come alcuni personaggi interpretati dal buon Matthew Perry sono in perfetta sintonia col sottoscritto (Chandler Bing, appunto, ma anche Nicholas "Oz" Oseransky nei film "FBI protezione testimoni 1 & 2 " e nel peggiore dei casi, Hudson Milbank in... "Numb" -non so più come chiamare questo film, al di la dei tristi adattamenti subiti- ) , ma non mi convinceva al 100%. Complice anche le molteplici idee a volte confuse e ingarbugliate tra loro.
In questo caso ho avuto fortuna, visto che effettivamente volevo parlare anche dell'attività fisica in maniera diretta o indiretta che sia, e il mio rapporto con essa.
Se non conoscete i film o semplicemente siete curiosi chiedete pure. Si sa: Chiedere è lecito, rispondere è cortesia.

Voglio solo rassicurarvi su una cosa: E' vero, i miei punti deboli sono le vie respiratorie. Ma tranquilli...non fumo. Merito di una strana audiocassetta ipnotica ricevuta su consiglio (a buon intenditor/fan... poche parole!).



mercoledì 12 giugno 2019

"Why can't we be friends?" ovvero riflessioni associate al film "A Wong Foo, grazie di tutto! Julie Newmar".




Perché associare la canzone dei War del 1975 a questo film uscito nelle case cinematografiche solo 20 anni dopo la canzone? Spiegherò tutto a tempo debito.

Volevo da tanto scrivere qualcosa riguardante questo film e il forte messaggio che mi ha donato. Ma ero sempre titubante, anche perché come spesso accade molte volte le belle parole spese per qualcuno o qualcosa nella mia mente suonano bene, a esternarle apertamente (o scriverle in una prima bozza) mi fanno sempre correre il rischio di essere frainteso e circondato dalla folla inferocita con torce e forconi.
Il primo impatto, che io mi ricordo, è stato nei primi anni 2000 su "Canal Jimmy" di sky. Canale che mi ha influenzato molto televisivamente parlando, da Seinfeld -storico rivale di Friends-, i miei amati Monty Python, Fawlty Towers, a seguire monologhi di vari comici tra cui Daniele Luttazzi e dissacranti puntate di south park.
Ricordo il teaser della pubblicità, ma stupidamente me l'ero perso. Fortuna vuole che è arrivato ibs.it come sempre a darmi grandi soddisfazioni per certe chicche cinematografiche, anche perché è stata dura trovarlo in programmazione nel corso degli anni.





La storia nel contesto è molto semplice: Due drag queen, Vida e Noxeema, interpretate da Patrick Swayze e Wesley Snipes, vincono un concorso che permette loro di andare ad Hollywood per partecipare così a "Miss Drag Queen dell'anno". A fine concorso incontrano Chi Chi Rodriguez (interpretata da John Leguizamo), una concorrente disperata per la sconfitta ma comunque piena di se  e decidono così portarla con loro, barattando di conseguenza i due biglietti dell'aereo in denaro, in maniera tale da viaggiare tutte quante assieme, insegnando alla nuova arrivata le quattro fasi fondamentali per diventare drag queen.


Ovviamente capitano spiacevoli imprevisti, quali il passaggio nel paese d'origine di Vida e l'incontro con sua madre che non ha mai accettato la sua sessualità, o l'incontro con uno sceriffo maschilista che, dopo aver "allungato le mani" a Vida, riceve una sonora lezione; fa partire la più classica e razzista caccia alle streghe, mentre loro si ritrovano in un piccolo paesino dalla mentalità che ricorda spesso molte zone a me note. (ogni riferimento a mentalità locali è puramente casuale?)
Senza spoilerare troppo l'andazzo del film, mi limito a dire che le tre protagoniste riescono a donare colore in questo piccolo paese e cerare un legame d'amicizia puro. Ed è qui che mi voglio fermare.(per il resto cercatelo in dvd, streaming o dove volete. Non voglio rovinarvi sorprese e altrettante emozioni. Ci penserà la pellicola a farlo). Ok, condivido solo una clip.



Esatto, Amicizia. Ecco il perché della canzone che da il titolo al post. Quell'amicizia con l'a maiuscola che tutti noi cerchiamo in svariate forme e cerchiamo di farla germogliare con dosi quotidiane di fiducia e onestà.
Ieri, mentre sfruttavo il bel tempo e percorrevo i miei primi 30 km dell'anno in bici, tra una pedalata e l'altra ho pensato ad alcuni amici o amiche e alcune confidenze ricevute in entrambi i casi. Il calore delle parole che ti avvolgono come una coperta e ricche di complicità, privi di secondi fini in stile "Lo stato A, Lo stato B" (Elio, a te la spiegazione).
Amiche, come amici, in alcuni casi spariti  (con in ostaggio alcuni miei dvd che probabilmente non rivedrò mai più) ed è stato facile per me associare, se vogliamo, la presunta diversità tra uomo e donna nella purezza del film e il messaggio di protezione reciproca - tra le tre protagoniste e le donne del paese -
Pari ad un'altro film: "Benvenuti a Marwen", visto al cinema qualche mese fa. Proprio perché, come nei due film anche io non noto diversità nelle persone, tantomeno etichette: Drag queen, etero, gay, bianchi, neri, donne, uomini, cristiani, atei...alla fine vedo solo esseri umani, come me. Le puntate de "esplorando il corpo umano" viste da bambino mi avevano fatto capire che (salvo la classica differenza tra maschi e femmine) non siamo poi così diversi gli uni dagli altri. E vale per tutti.
 Mi riconosco nei personaggi di questi due film: Non per tacchi e paiettes, non lo sottolineo per evitare momenti d'imbarazzo e facili fraintendimenti, sia chiaro. Anche se fosse non c'e nulla di male: Non sono dei vestiti a ferire gravemente le persone. Sono le armi ad ucciderle, assieme a quelle lame taglienti chiamate pregiudizi. Non la libertà di esprimere una propria identità nel mondo. Sicuramente invece, ci accomuna la percentuale femminile e la fiducia che in entrambi i casi si rivolge verso chi abbiamo di fronte. Alla fine sono sempre stato il classico amico "muto come una tomba" ma che allo stesso tempo sa ascoltare -pregio ribadito mesi fa da mia madre a cena-.
Cosa comporta questa mia fiducia, uomo o donna che sia? Forse il fatto che sono figlio unico, e vedo gli amici (Senza nulla togliere ai cugini, ovviamente) come quel qualcosa in più che effettivamente manca, nella mia vita. Per questo in certe occasioni tendo a diventare protettivo o geloso nei loro confronti. Nonostante tutti questi buoni propositi però mai mi sentirete dire "Sei come un fratello/sorella" in questo contesto. La ritengo una frase standard che se ripetuta più volte perde il suo significato, pari al "ti voglio bene". Anche perché non tutti si comportano come tali nei confronti del prossimo.
Anche per questo tendo spesso a fare comunella o cercare amici, nuovi o vecchi a prescindere: colmare pesanti momenti passati in silenzio. Ecco anche perché quando inizio a parlare non la finisco più. Si sa, in certe occasioni il silenzio non è un buon amico quanto si crede.

Ritornando al film, anche qui ci sono tante, troppe curiosità da menzionare per gli amanti del cinema: citazioni, cammei e riferimenti. Com'è stato per il post riguardante il film "Il Pap'occhio" anche in questo caso sono in crisi nera.
Visto che in lingua italiana molti dialoghi e riferimenti sono stati sostituiti, mi limito a nominare i cammeo non accreditati del compianto Robin Williams e di Naomi Campbell. Per non parlare della presenza di Ru Paul. Anche se proprio cammeo non è, visto che è stato accreditato e il suo nome compare nei vari titoli iniziali. Ovviamente la stessa Julie Newmar fa una breve apparizione nel film. (E da amante di tutto ciò che riguarda Batman ne sono più che contento: La Catwoman del 1966! Si, ho pure il cofanetto di quella serie). Al resto ci penserà wikipedia per voi curiosi e personalmente, mi sembra inopportuno copiare e incollare informazioni trascritte già da qualcun'altro.
Ok, dico solo che la reazione del poliziotto razzista e maschilista quando infila la mano sotto la gonna di Vida/Patrick Swayze è reale, perché quest'ultimo aveva messo una pannocchia nelle mutande!
Per maggiori informazioni: https://it.wikipedia.org/wiki/A_Wong_Foo,_grazie_di_tutto!_Julie_Newmar


E' tutto un circolo vizioso, questo post. Ieri sera alla fine della pedalata, sul divano in preda alle visioni mistiche, con un livido non so dovuto a cosa -maldestro come sono- e con Elio e le storie tese che mi ricordano quanto son pirla per fare 30 km dopo mesi d'inattività (fate clic sul nome del gruppo e ridete pure con me, ve lo concedo), cercavo pace mentale e fisica in televisione. Trovando così tre vecchi "amici" che mi hanno ricordato una cosa, soprattutto in questa scena.



 E le parole di Pau, dei Negrita, che fanno di contorno a tutte le emozioni provate. Sia nella visione di "A Wong Foo, grazie di tutto! Julie Newmar" quanto nella vita:

"...Quando inizi a capire che sei solo e in mutande, quando inizi a capire che tutto è più grande,
C'era chi era incapace a sognare
E chi sognava già
Tra una botta che prendo e una botta che do,
Tra un'amico che perdo e un amico che avrò
Che se cado una volta, una volta cadrò
E da terra, da li m'alzerò..."

Perché alla fine anche se alcuni amici svaniscono nel corso del tempo senza lasciare messaggi, ce ne sono molti altri pronti ad essere presenti in queste cadute. Magari com'è consuetudine ci ridono pure su, se sono se sono pari a delle gag fisiche esilaranti.
Ma in quelle emotive sono i primi a dare man forte e tutto il sostegno che abbiamo bisogno.


martedì 4 giugno 2019

"Non sono laureato ma posso insegnare ad Harvard?"

No, non sto vaneggiando ne dandomi delle arie.

Venerdì scorso sul tardo pomeriggio, prima di ritrovarmi nel solito pub (con una Kilkenny pronta a mettere ordine a tutti questi pensieri), sbadatamente avevo notato molti studenti ben vestiti e felicemente esagitati. "Come mai c'e 'sto casino a Udine?" "...Festa studentesca, Mirko...!". 

In quel momento molti pensieri si sono fatti vivi in me. Già accostando il Sello (istituto artistico statale di Udine) con la macchina per entrare nel parcheggio sotterraneo, mi è salita non tanto la nostalgia, quanto una dolce invidia di chi riesce ad ottenere un risultato. Il tutto con la canzone "Oh, Vita!" Di Jovanotti in sottofondo e la strofa presente nel pezzo che da il titolo al post. Anche se per la maturità  per voi è questione di giorni. -in bocca al lupo, ragazzi e ragazze-
Spesso parlo sempre con rancore e acidità del mio passato da studente. Visto che tra i vari consigli ricevuti in privato uno di questi è "provare a scrivere un po' di più in prima persona", sento di dover svelare cosa realmente è successo. Una sorta di outing studentesco, diciamo così.
Altro motivo per cui sto scrivendo questo post è soprattutto per incoraggiare chi si sente il classico "outsider" sottomesso dal potere degli insegnanti a non abbandonare gli studi come ho fatto io. NON prendete esempio da me, che a 35 anni dopo pessime esperienze la mia istruzione spesso causa momenti di disagio e malessere nella quotidianità di tutti i giorni.

Da bambino ero la classica spugna che imparava tutto e subito "a modo suo". Grazie ai ricordi di mia madre avevo imparato a leggere con l'aiuto delle parole scritte in  tv ("Bruno" la prima parola letta, nome si di un noto giornalista dell'epoca del TG1 ma era soprattutto il nome di mio nonno paterno. Evidentemente avevo anche una precoce ironia già presente in me, visto che "merda", ebbene si, è stata la prima parola scritta probabilmente con fierezza). Sempre in quel periodo per farmi stare buono e calmo, cosa che tutt'ora nessuno ci riesce a 35 anni, mia nonna materna mi aveva insegnato il significato di tutti i segnali stradali durante i viaggi in macchina. Per non parlare dei tanto odiati , da parte dei genitori, pennarelli e matite: Tutti noi abbiamo avuto il periodo di scrivere sui muri, ma visto che son sempre stato controcorrente, non contento dell'intonaco imbrattato in mille modi mi divertivo a disegnare sotto la tavola da pranzo caricature di politici quali Craxi o Gorbaciov.
Via via crescendo fumetti e libri per bambini erano all'ordine del giorno. Tant'è che in prima elementare ero quel tipo di bambino che sapeva già leggere e scrivere con facilità e ringrazio sempre il cielo di aver trovato all'epoca una maestra che sapeva come prendermi e stimolarmi (e cazziarmi nei momenti opportuni). Non ero tra i primi della classe, ma già allora trovavo stimolante scrivere. Le "cinque pagine" spese a scrivere sull'amicizia dicevano già tutto. Anche se in tenera età probabilmente quei pensieri erano pari al qualunquismo di Fabio Volo. Dovrò cercare quel quaderno, pura curiosità!
Il primo crollo di voti è dovuto al classico cambio d'insegnanti. Ero finito tra gli ultimi della classe e per un breve periodo (s)fortunatamente, con un discreto imbarazzo, mi son ritrovato con alcuni insegnanti di sostegno. Voi capite che per una persona che va stimolata e ha in cuor suo ritmi d'apprendimento veloci farla rallentare è pari a mangiare una minestra con una forchetta. I primi dubbi e insicurezze iniziavano a farsi sentire, fino all'arrivo di questa nuova materia: Inglese. Ero un mostro di bravura! Anche se il mio livello attuale, come scritto in passato, è pari è quello "letto" sui fumetti di Ortolani, ma riesco comunque a farmi capire e a comprenderlo. 
La mia mente, ormai indecisa se concentrarmi come un tempo o buttare tutto al vento, ha optato per una terza strada: "Suo figlio è in gamba ma non si applica". E tra i tanti ricordi da "Testa fra le nuvole" uno dei miei preferiti è perdermi tra le sfumature del cortile. Soprattutto quel giorno, quando il giardino della scuola e tutto ciò che lo circondava aveva preso una sfumatura color seppia ma tendente al giallo causa il maltempo, come una vecchia fotografia. Osservavo imbambolato il parco giochi dell'istituto e complice una nota trilogia avevo scoperto una delle mie più grandi fantasie associata al momento e tutt'ora presente: I viaggi temporali. 
Ovviamente gli ultimi due anni sono rientrato in carreggiata complice una nuova insegnante nelle materie a me care: Italiano ed Educazione Artistica. (Comprendeva anche storia, ma nonostante il fatto che amo i viaggi nel tempo non sono mio padre, quello è il suo campo). 

Il passaggio dalle elementari alle medie invece è stato probabilmente più impegnativo: Scuola nuova a 20 km da casa e con delle regole da rispettare (salesiani, appunto).
A influenzare il tutto è stato anche la perdita di mio nonno paterno, la stessa estate del 1995. Per me era ed è tutt'ora un punto di riferimento. Ma in quella giornata piovosa di Agosto mi son sentito come una torre di jenga pronta a cedere e priva di certezze. Non sapevo più chi ero realmente.
Gli insegnanti non erano all'altezza. Ora lo posso dire con dispiacere e senza peli sulla lingua. Salvo appunto una prof. d'inglese e il Prof. di musica. Arrancavo, nonostante il calo nei confronti dei libri (di quel periodo ricordo bene "Marcovaldo", di Italo Calvino, "Il piccolo principe" di Antoine De Saint-Exupèry, "La fabbrica di cioccolato" di Roald Dahl e ovviamente "il diario segreto di Adrian Mole" di Sue Towsend. Quest'ultimo regalato da mia madre probabilmente perché mi vedeva "incasinato" come il protagonista. Quanti ricordi legati a questi libri e in particolare a quest'ultimo.)  e non riuscivo ad orientarmi negli studi. Se la cosa positiva era aver legato con molti ragazzi della scuola, dall'altra stavo diventando una capra. Per la gioia di Sgarbi. Preso di mira da alcuni prof. (Tutt'ora ricordo l'imbarazzo non so per quale motivo nel svuotarmi la cartella sul banco di fronte a tutta la classe) e altri avvenimenti particolari. Senza parlare dei Prof. di matematica che si sentivano pari a Robin Williams e usavano l'ironia nel coinvolgere gli alunni, causando a mio parere l'effetto opposto.
Una mia più grande soddisfazione fu, durante le lezioni di musica, la spiegazione di alcuni generi: "E poi ci sono i crooner, ragazzi. Tipo Frank Sinatra (ci guarda in faccia e con ironia, senza offendere visto che eravamo tutti dodicenni)...ma che ne sapete, voi!" e io "Come no, prof! Frank Sinatra! Strangers in the night, New York, New York! Giusto?" La sua faccia stupefatta valeva quanto ad un buon voto. "Bravo, Cecchini!" Tant'è che tutt'ora quando passa a far la spesa in negozio c'è sempre il massimo rispetto nei suoi confronti, soprattutto quando gli avevo riferito che sono un bassista autodidatta. L'unico di meritarsi il titolo di professore tra i suoi colleghi. E poi, da amante del cinema quale sono, ci aveva fatto vedere Amadeus, di uno dei miei registi preferiti nel corso degli anni a seguire: Miloš Forman. Non l'ho mai ringraziato, per questo.
Tanti, troppi fattori hanno influenzato l'apprendimento in questi tre anni. da alcuni atti di bullismo ricevuti il primo anno da parte di studenti di altri istituti ma presenti nella corriera durante il viaggio di ritorno; mentre gli ultimi due centrati a dedicare anima e cuore per la pallacanestro, poi il mio inseparabile walkman con quella che era a mio dire l'essenza di quel '97/'98 (Prodigy, Natalie Imbruglia, Oasis e Will Smith) e ovviamente l'arrivo in Italia di sei amici che spesso si riunivano al Central Perk per bere un caffè e parlare del più e del meno.
Ipotizzo che l'unico interesse di alcuni prof nei miei confronti era quello di mandarmi fuori a calci in culo. Detta senza mezzi termini. Consigliando a mia madre l'iscrizione del sottoscritto in un istituto professionale perché "con questi voti, signora...non andrà lontano". All'epoca ero indeciso sul conservatorio o un liceo scientifico. Istituto artistico? L'ha fatto mio padre. Proprio quell'istituto artistico citato all'inizio, ma probabilmente non era il suo sogno finire a fare il carrozziere in fabbrica, anche se la storia non è andata proprio così. "Impara un mestiere, fidati di me" detto con tristezza e probabilmente un po' di rancore per come sono andate le cose. Quindi avevo subito messo il veto non per mia scelta.

Nell'estate del 1998 oltre alla mia gioia per il sesto anello vinto da Jordan e il dispiacere per il suo (secondo) ritiro, l'arrivo degli Aerosmith nella mia vita e l'euforia di aver cambiato allenatore a basket...ho stupito tutti dicendo "vada per l'idraulico!". Scelto probabilmente per istinto, visto che verso la fine degli anni '80 come un mantra era presente in tv la pubblicità dei rubinetti Zucchetti e, sempre da bambino, come Bart aveva il suo pupazzo Krusty (alternato a "coniglino morbidino"), io davo fiducia all'omino lego con la salopette. Compagno di mille disavventure e, probabilmente ,idraulico tuttofare della mia metropoli fatta di mattoncini.

Bravo Mirko: l'unica cosa positiva in quei (troppi) anni persi è aver trovato il tuo attuale migliore amico, vicino di banco del '98/'99 e complice di momenti indimenticabili. Nonostante son passati quasi 21 anni è nato un rapporto pari a quello di Turk, J.D. e ovviamente Carla in scrubs. (Eagle!!).

Qualcosa di buono, nato per caso e su scelte azzardate, c'è. Il destino si sa, lavora per vie sconosciute.



Già, troppi anni. Il bambino che leggeva e amava i libri era un quattordicenne imbarazzato per quanto arrancava. D'altronde una buona percentuale aveva già dimestichezza con questo mestiere o era "figlio di", magari per portare avanti l'attività di famiglia. Cosa facevo li?
In tutti questi anni le uniche soddisfazioni le ho ricevute ovviamente in italiano, dove una prof. a me molto cara durante il colloquio genitori insegnanti mostrò i temi a mia madre: "Signora...questi sono i temi di suo figlio. E' sicura di volerlo in un istituto professionale? Sono temi da liceo.". Senza dimenticare i miei recuperi record in matematica e inglese grazie anche alle ripetizioni estive. Se si trova la motivazione giusta tutto fila liscio come l'olio. Peccato che non tutti i prof. sono così.

E poi la prof. di fisica. Non ero una cima nella sua materia, ma tra le tante cose che ho imparato una è stata fondamentale, applicata alla vita: "Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale o contraria.".
Come il professore di musica delle medie, anche in questo caso quando la vedo in negozio spendo sempre buone parole dandole del lei. Chi ama il proprio lavoro e non perde tempo, merita tutto il mio rispetto.
Col tempo e maturando anno dopo anno ( diventando "nonno" di turno, visto i due anni persi), ho riscoperto me stesso: Il classico studente che sta per i fatti suoi, con un libro in mano e le cuffie: -The Cure e Korn sempre presenti nel mio lettore cd portatile- "Close to me" e "Freak on a leash" erano praticamente il mio biglietto da visita e in quanto popolarità... parlano i Wheatus per me. (Salvo rarissime occasioni ovviamente dettate dal coraggio dei classici bigliettini ricevuti/presentazioni post gite). Citando la canzone linkata "How does she know who i am? And why does she give a damn about me?".
Evidentemente non andavo a genio ai professori. In quel periodo avevo ricevuto un consiglio, detto senza imbarazzo, da uno psicologo clinico in via privata: "Impara a vederti con gli occhi degli altri". Cosa giusta. Probabilmente mettevo in luce alcune mosse false e poco professionali, quali perdere ore a bere caffè con le bidelle, insegnare solo l'ultimo mese di scuola in vista degli esami di maturità o il poco polso nei confronti di alcuni e ingiustizie verso chi, poveri, non avevano colpe di essere ripresi. Sta di fatto che nonostante un tema (articolo di giornale sullo Tsunami) che rientrava in tutti i canoni impostati, una terza prova andata a mio dire bene salvo due bestie nere (meccanica ed elettronica, poi recuperate con dignità all'orale) e l'orale dove ho comunque detto ciò che dovevo dire, forse per inerzia... su dieci alunni ovviamente l'unico a prenderla in quel posto è il "pandolo" che sta scrivendo in questo momento. Perché sentivo che c'era qualcosa nell'aria. (La seconda prova era andata malino a otto su dieci).

Preso dalla rabbia il mio primo pensiero è andato subito ai miei genitori e alla loro delusione, oltre ai soldi spesi per me. Difatti subito dopo, da neopatentato sono entrato nel mondo del lavoro come idraulico per ripagare centesimo dopo centesimo questa perdita economica verso chi credeva in me e comunque nel bene o nel male l'ha sempre fatto (perché, nonostante gli allenamenti e le partite di basket, la priorità era lo studio e loro erano li mentre svolgevo il mio ruolo da studente).
Idraulico o commesso/addetto sala, reduce dalle sconfitte del passato, ora tendo ad essere il più classico dei "Working class hero". Ritmi elevati che a fine turno mi portano a dormire come un binturong su un ramo (l'orso gatto) e l'etica lavorativa imparata non solo dai miei genitori, ma anche dai sacrifici fatti in passato da mio nonno paterno andando a lavorare in Francia e in Svizzera come muratore, per permettere una buona istruzione a mio padre. Il tutto dando sempre il meglio di me e dimostrando di essere all'altezza di determinati incarichi.

Come dico sempre "il resto è storia", ed è tutto centrato nelle mie prime ferie da operaio, con frasi che si ripetono tutt'ora a distanza di anni: come Alexander Supertramp senza conoscere nessuno e solo tramite un contatto via mail, avevo passato una settimana e mezza in Salento. Mi ero portato un block notes dove scrivevo una sorta di diario, parlavo con i gestori del B&b e con la figlia che mi faceva da Cicerone. Sapete quanto amo Into the wild, ebbene: In quel momento vista anche la differenza d'età con questa signora mi sentivo come Alexander e Jan. Protetto, capito. Potevo parlare liberamente di tutto e mi sentivo dire, tra un rustico e un sorso di negroamaro "Mirko...sei sprecato per fare l'idraulico! Eri sprecato pure per la scuola che hai fatto, perché non fai i corsi serali e t'iscrivi all'università?". Chissà, se "la donna invisibile", nick che usava spesso, ora scoprirà questo blog. "Il commesso?? E tutti i discorsi fatti quella sera?".

Bella domanda, a cui non trovo risposta. Anche se a 35 anni non smetto mai d'imparare dall'unica insegnante che mi è sempre stata vicina, usando il metodo del bastone e della carota: la vita.





Mi rendo conto che ognuno di noi vive delle esperienze uguali e diverse, soprattutto in questo periodo delicato della vita nella formazione e apprendimento. Il messaggio che voglio dire, nonostante tutte le mie disavventure, è una frase di Kobe Bryant. Cestista che ho sempre ammirato non solo nel modo di giocare, ma di evolversi anno dopo anno cercando sempre di ottenere non vari risultati, ma IL risultato decisivo: "Se non credi in te stesso, scordati che qualcun altro lo faccia per te".

E lo dice uno che, per tutte le volte che ha preso batoste, prima di andare a dormire guardava quella frase scritta sul muro della camera.

Continuate gli studi, ma non fatevi influenzare da chi vi conosce in maniera approssimativa e vi sottovaluta, costringendovi così in un futuro riduttivo e non programmato. Probabilmente, com'è stato per me, queste persone si comportano così perché sono consapevoli della vostra sete di curiosità,  maggiore e incredibilmente inebriante rispetto a chi come loro sale in cattedra e fa l'appello.