venerdì 31 gennaio 2020

"Il corpo sa tutto", di Banana Yoshimoto



"Sono pochissimi gli amici con cui si possa stare in silenzio" (dalla quarta di copertina).


Questa frase per me è il significato esatto del termine "amicizia". In prima persona, l'ho scoperto nel Settembre del 2016, quando durante un viaggio in macchina verso la Slovenja con una cara amica di penna e scrittrice, la mia voglia di chiacchierare era alle stelle. Mi aveva spiegato con dolcezza che non per forza bisogna parlare ininterrottamente di qualcosa, anche se è la prima volta che ci vediamo. (E chi interpreta questa cosa come un segno di maleducazione nei miei confronti...beh, vi sbagliate di grosso).
Trovare la stessa frase più o meno parafrasata nella quarta di copertina per me è stato un segno. Anche perché come spesso accade, reputo i libri come cari amici. In questo caso l'amico con un ottimo tempismo, pronto a rincuorarmi a parole per i fatti recentemente accaduti come le due varie perdite narrate in precedenza.
Tentennavo se iniziarlo o meno. Volevo prendermi una pausa dalla lettura dell' i ching ed ero indeciso se iniziare questo oppure "Il grande cielo", di A.B. Guthrie ma come spesso accade, i libri ti chiamano con la loro voce silenziosa, con un perché che si viene a scoprire solo quando si giunge alla parola fine.

Non è la prima volta che leggo qualcosa dell'autrice. Il suo primo libro acquistato era "Amrita".  "kitchen" invece me lo prestarono subito dopo, più o meno intorno al 2009. "H-H" invece, arriverà tra qualche giorno per posta.
"Il corpo sa tutto" è un insieme di racconti , uniti da questo filo logico che oscilla tra mente e corpo, dolore e guarigione. Prove di vita e momenti di gioia.

Dove sta l'ottimo tempismo?

Come scritto in precedenza, di recente ho perso mia nonna (e chi ha già letto il libro, sicuramente sa dove voglio arrivare).
Dal primo racconto, ovvero "Pollice verde", ho sentito subito una morsa al cuore. Ho trovato, involontariamente, tanto di lei nelle parole dell'autrice. E cito: "La nonna parlò un poco ma subito si riaddormentò. Quando le persone cominciano a dormire così ogni giorno, di colpo la loro presenza si assottiglia. Rendermene conto mi stringeva il cuore. E così anche io prendevo parte a un evento che si ripeteva da sempre nella vita delle persone. Con la strana sensazione di guardarlo da lontano".
Non è stato facile leggere inizialmente queste parole a poche settimane dalla sua scomparsa, ma qualcosa mi ha fatto effettivamente andare avanti e continuare avidamente il libro. Non tanto per superare il dolore ma saperlo affrontare e conviverci in maniera positiva e costruttiva. Convivendo con il giusto mix di ricordi, dolore e malinconia.
Ricordo ancora quando da nipote affezionato quale son sempre stato, ho fatto quello scalino: donarle qualche momento di riposo e solitudine in quel divano dove spesso nel pomeriggio s'appisolava per concedermi un po' di tempo per i miei interessi; piuttosto delle nostre ripetute partite a briscola (dove l'ultima giocata, se non ricordo male, mi aveva pure battuto 3-2 se non 3-1, altro che le finali NBA). Proprio per via di una sonnolenza sempre più assidua.
In quei momenti, dispiaciuto, mi son reso conto che il tempo va avanti per tutti. E la classica nonna sprint che seguiva il wrestling, ha preferito concedersi l'ultimo anno da "nonna normale". Riposando sul divano e ascoltando canzoni italiane tendenti al liscio. Ciò non toglie che la sua tempra e mandare a quel paese chi non gli andava a genio è sempre rimasta presente, specialmente gli ultimi giorni in ospedale dove alla "simpatica battuta" di un visitatore (della sua compagna di stanza), "Mi raccomando...non andare in giro!", ha alzato il braccio con le flebo, mimando il classico gesto di andare via come per dire "vai a farti fottere". Lo so, non l'ha detto per via della mascherina...ma l'ha pensato. Avevamo sempre il bluetooth acceso io e lei, pura sintonia. Avevamo lo stesso carattere e lo stesso sguardo infuocato, che entrambi, nonna e nipote, lanciammo al "Ridolini" di turno facendogli abbassare la testa come un cane punito per aver cagato sul pavimento.
Donna con carattere, lo è sempre stata. La sua ultima cena è stata in pieno stile di "Menia", come la chiamavamo tutti. Col suo carattere deciso che "Ben, no stoi a mangja che porcaria di roba!"(Traduzione dal friulano: Non sto a mangiare quella porcheria di roba -riferito allo stracchino e ad altre pietanze servite per l'occasione dall'ospedale), preferendo una pappetta di frutta mista facilmente reperibile in qualsiasi negozio. 
Anche questo episodio mi ha fatto sorridere ritrovandolo in un racconto successivo, quale "Una sera luminosa": << "Se sapessi quanto fa schifo il mangiare qui...Stamattina ci hanno servito del vero cibo per gatti! Aveva un odore tale che non sono riuscita a toccarlo!" mi raccontava ad alta voce camminando nel corridoio, incurante delle tante infermiere presenti, mentre mi accompagnava all'ascensore. Quando la porta si chiuse, il disegno del pigiama di lei che mi salutava agitando la mano mi rimase per qualche istante negli occhi. >>.
Infermiere che comunque l'hanno sempre seguita specialmente l'ultima che l'ha vista sospirare e ci ha chiamati quando, nel giro di 20 minuti per via del tragitto in macchina, ci aveva abbandonato. Incredula e in lacrime pure lei proprio per la tenacia e quel "Never give up" presente in questa signora di 88 anni -e si, visto il motto scritto, pure fan di John Cena. 

Col passare dei giorni ho trovato molto affetto da parte di chi mi stava vicino anche solo col pensiero e con un messaggio. Cari amici che con semplici gesti erano presenti col cuore e con la mente, anche chi spesso si rimproverava per la lontananza e voler fare necessariamente di più. Talmente severi con se stessi da causare una sorta di Seppuku mentale. Dimenticando che in momenti come questi la persona, spesso, va capita e compresa soprattutto per i suoi silenzi citati a inizio post. Silenzi che sicuramente continueranno ad arrivare, riservato come sono. Un lutto (o più, nel mio caso) non è come cambiarsi un paio di mutande. Certo, ho ripreso a sorridere. Ma bastano tanti ricordi associati a foto oppure oggetti per finire nel mio infinito abisso di riflessioni, soprattutto a lei (o loro) rivolte. 
"Mi raccomando: Cerca di mangiare e di dormire" sono le frasi che più ho sentito in quel periodo. Continuerò a ringraziare chi me lo ripeteva in maniera ossessiva, vuoi perché ci sono passati, vuoi perché il classico "orso in letargo" quale sono e che conoscevano, era più un Binturong che vagava senza meta, senza sapere cosa o quando mangiare e concedersi riposini in posti x  quali divano o brandine presenti a casa, a orari poco normali.



(Più o meno così. Questo è un Binturong, il mio animale preferito dopo i cani ovviamente)

Anche questa situazione è descritta egregiamente nel brano "I fiori e il temporale":
<<Quando morì sua madre, tutti coloro che sapevano quanto lui l'amasse non ebbero il coraggio di dirgli generiche parole di conforto. Tanto il suo amore e il suo abbattimento erano comprensibili e sacri.
E' una cosa che capisce chiunque abbia perso una persona che ama veramente.
Quando gli telefonai per fare le condoglianze era stranamente allegro.
E' una reazione che le persone hanno per i primi tempi, quando hanno perso qualcosa d'importante. I giorni della solitudine vera arrivano dopo, implacabili, confondendosi con la quotidianità. Per quanto ne possa essere ben cosciente, un amico non può fare niente. Può solo stare a guardare.
"Piangi tanto, mangia tanto, dormi tanto", gli dissi. "E poi non c'e altro da fare che aspettare che passi il tempo".
"Farò così" rispose lui. "Piangerò tanto, mangerò tanto, dormirò tanto, mi metterò tanto profumo."
E tutti e due, col cuore stretto, ridemmo.>>


Grazie a questo post e alle parole di Banana Yoshimoto, cerco di far capire a quelle persone che effettivamente mi vogliono bene, che se non rispondo è per questo motivo. Come ho detto più volte, vivete tranquilli, senza l'ossessione delle spunte o microfoni blu su whatsapp (parlo in generale, sia chiaro, perché conversazioni lasciate in sospeso ne ho molte).
Finalmente sto trovando la giusta motivazione e organizzazione per andare avanti, con la stessa forza di mia nonna quale lei era nota avere. Non rispondere immediatamente o vivere qualche giorno di silenzio non è (detta con uno slang giovanile) "non mi caga", ma "ha bisogno solo di un po' di pace mentale". E se si vuole veramente bene ad una persona, vanno compresi anche e soprattutto questi silenzi.

Pace che ho trovato in questo libro, che anche se pura narrativa, sa molto su di me e in maniera molto colorita e romanzata anche in altri brani non citati, sulla mia famiglia.
Armonia che sto trovando nella natura, passeggiando quando posso nella mia zona pedemontana. Trovando, nell'aria aperta, la giusta ispirazione per esprimere al meglio la mia creatività. A prescindere se scritta o suonata.


"Penso che la natura guarirà le tue ferite di cuore. Fai attività fisica, respira aria pulita e risorgi, mi raccomando! A presto" (Banana Yoshimoto, sempre da "Il corpo sa tutto").

(SPOILER: Quest'ultima frase mi ha dato un'idea per un futuro post. chissà...) 


mercoledì 29 gennaio 2020

"Se non credi in te stesso, scordati che qualcun'altro lo faccia per te". (Kobe Bryant)





Ero in seconda media e correva l'anno scolastico 1996/1997, la ricreazione era appena finita e una volta che ci siamo messi in fila per ritornare in aula, il mio compagno di merende/partite di basket dell'altra sezione mi urla  "Cech, Basta Michael...Kobe Bryant! Segnati questo nome, vedrai ben un domani...!" 
Da li è nato tutto. Una "nuova ossessione", come cantavano i Subsonica. Da quella stagione NBA 1996/1997, dove la classe dei rookie era una delle più esplosive di sempre. 
L'anno d'esordio di molte stelle della mia generazione (Vedere per credere ), l'anno in cui i miei voti calarono per la scoperta di NBA Action sul canale Koper/Capodistria e l'ascesa al trono di quello che col tempo è diventato una leggenda. 

Ero il classico ragazzino che stava sulle sue. Confuso e preso di mira dagli insegnanti. Ma son bastati trenta secondi o poco più, il tempo di una pubblicità (ovviamente sua) e l'aforismo utilizzato come titolo a far cambiare l'andazzo della mia vita. "Se non credi in te stesso, scordati che qualcun'altro lo faccia per te". 
L'avevo scritta anche sul muro (in compensato) di camera mia e li era rimasta fino a quando non ho dovuto togliere tutto per dipingere i muri qualche anno fa. Questo alla sinistra del letto, sopra il letto invece c'era il poster di Michael Jordan a braccia aperte con la citazione di William Blake "Nessun uccello sale troppo in alto, se non con le sue ali".  La determinazione, evidentemente, non mi è mai mancata. 
Di cantonate nella vita ne ho prese, ma quella che col tempo poi è diventata "Mamba Mentality" mi ha aiutato anno dopo anno ad acquisire una fiducia invidiabile nei miei mezzi: Nella pallacanestro ottenere molti minuti in partita concentrandomi in difesa -mia qualità-, arrivando a giocare pure titolare in qualche partita. 
Con il basso, da autodidatta, fare passi da gigante e ottenere dei bei risultati personali e... questo blog. Dove curo alla perfezione ogni dettaglio, trasportare esattamente dalla mia mente alla pagina web quello che voglio scrivere.

Per non parlare del posto di lavoro, li do il meglio di me e come faceva lui in campo so essere un vero rompipalle se qualcuno lavora male: Citando il #8/24 dei Lakers "Essere un leader non vuol dire dare pacche sulla spalla e cantare Koumbaya, vuol dire saper trascinare un gruppo e portare tutti al tuo livello. A costo di farsi odiare". Un team lavorativo è come una squadra: se tutti svolgono il proprio lavoro in maniera corretta ed efficiente, tutto va come dovrebbe andare. Ma a differenza di chi punta al titolo come campione, non sempre sul lavoro va così.
Come spesso tendo a dire nella vita di tutti i giorni, sono solo l'ultimo degli stronzi rispetto a persone carismatiche di questo livello, come il futuro Hall of famer del 2020. Ma gli devo tanto, proiettando tante esperienze personali anche sportive nel mondo che mi circonda.
Per esempio a lavoro, di recente. Purtroppo non è stato rinnovato il contratto ad una ragazza determinata ed ambiziosa. Parlando con lei avevo già capito tutto: Non solo ci teneva ad una conferma; ma di come lavorare in un negozio era per lei un sogno, un traguardo (visto il periodo sicuramente non facile non solo per la sua generazione, ma per tutti). Quando mi han detto che, l'ultimo giorno era in lacrime, ho ripensato a quella maledetta ultima partita del mio primo anno nella squadra locale nel 1997/1998: Eravamo in pochi ma speravo di giocare e di dare il mio piccolo contributo. Niente. M.C. Non entrato e partita persa.
In spogliatoio, come questa ragazza nella sua situazione, ero in lacrime. Non per la partita persa, ma perché l'allenatore non ha creduto in me. So cos'ha provato.

Quand'era passata a salutarmi a fine giornata mentre lavoravo sentivo che dovevo incoraggiarla, perché anche se per vie traverse ci sono passato anche io e so come ci si sente. Continuerò gradualmente a sostenerla, anche nella scrittura, sua grande passione.  Prima di sentirsi un leader o comunque un trascinatore, c'e l'amico. L'essere umano che vive d'emozioni ed empatia.
Più o meno la stessa cura e gli stessi consigli che il Black Mamba donava e insegnava a sua figlia Gianna, scomparsa anche lei nell'incidente aereo.

Non devo dire grazie solo a Kobe, ma ad una favolosa "combo" che ho creato nel corso degli anni e che mi ha aiutato ad avere una consapevolezza dei miei mezzi e soprattutto dei miei limiti (spero d'essere anche qui d'aiuto, a modo mio): 

Come spiegato in questo post, la Mamba mentality da lui tramandata si caratterizza in questi cinque punti: 

1) Alla base di tutto ci dev'essere per forza la passione
2) Ossessione e la cura per i dettagli
3) Per vincere bisogna essere "Relentless": Competitivi a qualsiasi costo
4) Resilienza, resistenza alle avversità
5) Superare le proprie paure.


Ho associato questi cinque punti ad un consiglio, una pratica che mi aveva insegnato mia madre quando ero bambino per affrontare la paura delle punture per via delle flebo. Ovvero l'esperienza mentale sintetica: Praticamente visualizzare nella propria mente determinate azioni in maniera perfetta e positiva. Che sia l'esame per la patente, una partita di basket... (con la maturità, mamma, non ha funzionato). Una specie di realtà virtuale presente nella mente dove tutto va a buon fine secondo i nostri piani. 
Il risultato, a mio dire, ha sempre dato i suoi frutti salvo ovviamente un caso. 
Gli stessi post che scrivo, per tre quarti delle volte, li ho già scritti in questo "monitor immaginario" e devo solo ricopiarli.

A livello umano sono e sarò sempre grato a questa persona e questi valori che ho saputo e continuerò a mettere in pratica. A quest'uomo americano dall'accento romagnolo durante le sue interviste in italiano.



Per quanto riguarda lo sport in generale, probabilmente gli devo tutto, forse troppo:

Innanzitutto non solo l'amore per la pallacanestro, ma per tutti gli sport. E' risaputo di come, durante le varie olimpiadi a cui partecipava con la maglia del Dream Team, lui andava a vedere gli altri sport proprio per capire e inserire varie tecniche nel suo stile di gioco. Un perfezionista.
Come scritto in vecchi post, ho praticato vari sport, dal calcio al nuoto. Ora sono tutt'uno con la Mountain bike. Ma tutto, se visto in un'altra ottica può essere d'aiuto per migliorare ulteriormente le proprie prestazioni fisiche e rendere al meglio.
Niente barriere che dividono la diversità e la forma di una palla o di un campo, ma trovare qualcosa di nuovo che riesce ad affascinarti e farti dire "perché no, potrei provare a cimentarmi in qualcosa di nuovo". Anche se le mie ricerche sportive recenti, sono sport poco conosciuti o per molti usciti da chissà quale universo parallelo.
In cuor mio però c'e solo uno sport che tutt'ora è capace di farmi dire "ok, indosso di nuovo le mie Adidas EQT elevation (le Crazy '97. Per chi non mastica la pallacanestro la replica di quelle che indossava durante la gara delle schiacciate vinta nel 1997) e mi rimetto in gioco". (Amici friulani siete avvisati: se vi manca un giocatore fatemelo sapere, anche se sono incredibilmente fuori allenamento e il "91" non è più il numero di Rodman, ma il mio peso).

Perché Kobe era ed è anche questo e quelli come me lo sanno.

Capace di andare avanti. E dovremmo prendere esempio anche noi suoi tifosi, di questa caratteristica. Forse col magone, ma pronti ad affrontare nuove sfide. Come il passaggio dal Kobe schiacciatore al letale Black Mamba, sotto la guida di un certo "Coach Zen" noto ai molti.

Il giorno del tuo ritiro suonavo in un locale. Ricordo ancora che avevo anticipato "Wind of changes" degli Scorpions come un vento di cambiamenti per il mondo dello sport.
Posso renderti omaggio in mille modi, dalla tua "Dear Basketball" che a distanza di anni continua a farmi commuovere, allo spot "The conductor" della Nike che avevi girato proprio in quel periodo per l'addio al basket.

Preferisco farlo così, con una foto di quella che effettivamente è stata l'ultima volta che ho suonato dal vivo con un gruppo durante il tuo ritiro (a prescindere dal fuso orario).
E il pensiero che durante la notte del tragico incidente avvenuto domenica 26 Gennaio, ero al Carnera a vedere il nostro amato basket. Assistere ad una partita che mi ha fatto letteralmente innamorare di Artur Strautins, nuovo acquisto della mia APU Udine. Una vittoria incredibile contro Ravenna, la prima in classifica. Innamorarmi per l'ennesima volta di quella palla a spicchi che ci ha mandato la testa in casino più di una volta.

Rimettendomi al lavoro, perché il giorno è fatto di 24 ore. E come mi hai insegnato tu, nessuna di queste va sprecata, ma portata a livelli irripetibili.

Foto di repertorio: Anno 2016











lunedì 20 gennaio 2020

La forza dell'ornitorinco.





Poco tempo fa avevo letto "La vita fino a te", di Matteo Bussola. Libro che consiglio praticamente a tutti quanti, anche per disintossicarsi di quell'egocentrismo che spesso la società ci rende vittime e imparando cosa vuol dire essere altruisti e saper apprezzare le piccole cose che la vita quotidianamente ci regala. 

Tra i tanti capitoli, uno su tutti (anche se per vie diverse rispetto al tema di questo post) mi è rimasto impresso. Si tratta de "le ali dell'ornitorinco". Il brano in questione ha tutt'altro a che vedere su ciò che voglio scrivere, anche se in parte la confusione mentale è la stessa, citando il libro:<<Il mondo le diceva: guarda che sei un'anatra, mentre lei si sentiva un castoro". La chiamava "la sindrome dell'ornitorinco">>.
Questa "sindrome", chiamiamola così, l'ho vissuta i giorni scorsi per via di due lutti che sicuramente mi hanno cambiato. La perdita di mia nonna, che per me era praticamente una seconda madre, mentre tre giorni dopo la sua scomparsa, quella di un caro amico . 
Due notizie terribili nel giro di pochi giorni e come spesso accade lo shock è stato talmente forte che mi son ritrovato circondato da domande e aspettative. Soprattutto su me stesso e la vita. Dal "Chi sono?" al "cosa faccio, adesso? Cosa potevo fare?" (un po' in stile ornitorinco...sono un mammifero e depongo le uova? il più classico dei "What a fuck!"). 
Questo post in parte vuole essere d'aiuto verso chi fa fatica a rialzarsi dalle cadute, sperando di donare esempio e conforto -o al massimo, se sono amici della zona suonare il campanello e dirmi "oh, ti va una birretta? Ho bisogno di parlare". 

Me ne rendo conto, rialzarsi in certi casi è una botta pazzesca. Nulla è stato scritto e di conseguenza i vari progetti vanno letteralmente a farsi fottere. Come dei fogli di brutta copia accartocciati e finiti nel cestino per via di un senso d'insoddisfazione.
Tutto all'improvviso sembra una merda, perfino le bellezze della natura stessa. Pure una farfalla che si posa su un fiore può risultare tale. 


Eppure in questi giorni a chi mi chiede "come stai?" rispondo con un "Huevos grandes (per affrontare tutto, sottointeso)", perché il sorriso nonostante tutto non mi manca. Tanto meno la forza per spostare bancali a lavoro o leggere libri. 
Siamo tutti diversi gli uni dagli altri, è vero. Ma forse anche se in piccole percentuali ciò che accomuna tutti noi è la voglia di reagire. Per noi stessi, per le care persone che non ci sono più e per la vita stessa che obbiettivamente ci mette alla prova. Dove la trovo questa forza? Semplicemente esperienza. Una pellaccia dura fatta di sconfitte e perdite. Di delusioni e lacrime mi hanno portato ad essere una persona determinata, costante e ambiziosa. 
Mi vengono in mente alcune strofe di "Country Boy" dei Tre allegri ragazzi morti: 

"Va tutto bene / non ti devi preoccupare non per me 
Mi sono fatto male / ma ho imparato come si fa / occhi sorridenti
una pulita alle braghe (...) 
(...)Va tutto bene / spero davvero anche per te / il tempo è dei peggiori
anche per fingere / impara a cadere presto / perché presto succederà
e intanto ridere delle cose / che qualche volta ti servirà."
 


Di mia nonna mi rasserena sicuramente il fatto che ha passato una vita in salute, morendo di vecchiaia a 88 anni. A differenza mia l'ospedale l'ha visto solo due volte. Di lei ho la stessa tempra e tenacia (oltre ad una R grattata nel parlato e uno sguardo capace a incenerire le persone, se si comportano in maniera scorretta o irrispettosa). Il piccolo extra è l'orologio di mio nonno, suo marito, che puntualmente tengo in tasca quasi sempre e che stringo nei momenti di difficoltà. Lo voleva gli ultimi giorni d'ospedale, consapevole che ormai era arrivata la sua ora e voleva vicino qualcosa riguardante mio nonno. Quella sera in ospedale l'orologio arrivò nelle mie mani tramite mio padre. "Ora è tuo, rendili fieri". 
Un rendere fieri che si allarga non solo a loro ma al mio amico che non c'è più. Che quando finiva le superiori e rientrava a casa con la corriera, vista la differenza d'età, mi bussava alla porta e chiedeva in prestito alcuni album di musica. Amico di grosse risate e momenti surreali da far invidia a quei quattro spannati di Jackass. Amico che purtroppo non si è mai confidato con nessuno per una malattia che lo tormentava e che gli ha fatto prendere una decisione che ha shockato l'intera comunità, per quanto era amato e ben voluto. 

Rendili fieri. Perché tutto si può dire di queste persone, nel bene e nel male. Ma i loro sorrisi stampati nella mia mente sono quella forza extra che mi fanno andare avanti e che mi spingono a riprendere a scrivere e sicuramente anche a suonare, nonostante le tempistiche non sono poi così favorevoli. Una determinazione nuova in me presente, che mi porta ad essere più maturo e uomo rispetto a quello che ero fino ad un paio di giorni. Appunto, la forza dell'ornitorinco, non sindrome. Che forse non sa ancora che cos'è, ma in cuor suo va avanti per la sua strada. Un po' di qua un po' di la. 
Suonerò? Scriverò? Giocherò con i lego per creare qualcosa di colorato per abbellire a livello estetico una parte della casa? 

Per quanto riguarda la scrittura questo primo post del 2020 è un modo per "sbloccarmi", una Version 2.0 del sottoscritto dove, nel corso dei giorni passati, ho pensato che se devo portarlo avanti, sto blog, lo farò secondo alcune nuove regole. Farlo per me stesso se ho qualcosa da dire, come sto già facendo. 
Leggendo si i vostri commenti ma senza rispondere (non per maleducazione, sia chiaro...qua potete scrivere sempre quello che volete, siamo in un paese libero. Ma sto cercando di disintossicarmi dalle notifiche che ci rendono schiavi dei monitor). Magari col tempo m'addolcirò ritornando ad essere mansueto come voleva mia nonna e come son sempre stato, ne sono certo. 

Intanto questa attitudine, è ben descritta da Doro Gjat:
"E siamo a posto, più l'Italia m'ignora e più mi rinforzo
Più la scena è vicina più mi discosto
resto vero restando fermo sul posto.
(...)
E lo direte che ero ossivo per i vostri complimenti 
e parimenti mi azzittivo, perché schivo sia le view, i like e i commenti
e piuttosto di piacere, io scelgo di piacermi"


Perché alla fine, nonostante tutto, sono cambiamenti, e come tali bisogna saperli affrontare. Me lo son ripetuto durante il viaggio in macchina da casa all'ospedale per andare da mia nonna quell'ultima volta, nella notte di Mercoledì. Il tutto in maniera cantata, per quanto riesco a sorridere e togliendo la maschera che per forza di cose devo indossare.
La canzone è Changes, dei Black Sabbath. E descrive per filo e per segno ciò che provo da quella dannata sera. Quella straziante voce di Ozzy Osbourne che canta, nel ritornello 

"I'm going through changes" (Sto attraversando dei cambiamenti). 







Citando Jeff Bridges nel film "Starman": "Vuole sapere qual'è la cosa più bella che trovo in voi (terrestri)? Date il meglio di voi stessi nelle situazioni peggiori."




domenica 12 gennaio 2020


La voglia di scrivere, in queste settimane, è pari a zero. Causa due perdite per me molto importanti.

A presto.