mercoledì 29 gennaio 2020

"Se non credi in te stesso, scordati che qualcun'altro lo faccia per te". (Kobe Bryant)





Ero in seconda media e correva l'anno scolastico 1996/1997, la ricreazione era appena finita e una volta che ci siamo messi in fila per ritornare in aula, il mio compagno di merende/partite di basket dell'altra sezione mi urla  "Cech, Basta Michael...Kobe Bryant! Segnati questo nome, vedrai ben un domani...!" 
Da li è nato tutto. Una "nuova ossessione", come cantavano i Subsonica. Da quella stagione NBA 1996/1997, dove la classe dei rookie era una delle più esplosive di sempre. 
L'anno d'esordio di molte stelle della mia generazione (Vedere per credere ), l'anno in cui i miei voti calarono per la scoperta di NBA Action sul canale Koper/Capodistria e l'ascesa al trono di quello che col tempo è diventato una leggenda. 

Ero il classico ragazzino che stava sulle sue. Confuso e preso di mira dagli insegnanti. Ma son bastati trenta secondi o poco più, il tempo di una pubblicità (ovviamente sua) e l'aforismo utilizzato come titolo a far cambiare l'andazzo della mia vita. "Se non credi in te stesso, scordati che qualcun'altro lo faccia per te". 
L'avevo scritta anche sul muro (in compensato) di camera mia e li era rimasta fino a quando non ho dovuto togliere tutto per dipingere i muri qualche anno fa. Questo alla sinistra del letto, sopra il letto invece c'era il poster di Michael Jordan a braccia aperte con la citazione di William Blake "Nessun uccello sale troppo in alto, se non con le sue ali".  La determinazione, evidentemente, non mi è mai mancata. 
Di cantonate nella vita ne ho prese, ma quella che col tempo poi è diventata "Mamba Mentality" mi ha aiutato anno dopo anno ad acquisire una fiducia invidiabile nei miei mezzi: Nella pallacanestro ottenere molti minuti in partita concentrandomi in difesa -mia qualità-, arrivando a giocare pure titolare in qualche partita. 
Con il basso, da autodidatta, fare passi da gigante e ottenere dei bei risultati personali e... questo blog. Dove curo alla perfezione ogni dettaglio, trasportare esattamente dalla mia mente alla pagina web quello che voglio scrivere.

Per non parlare del posto di lavoro, li do il meglio di me e come faceva lui in campo so essere un vero rompipalle se qualcuno lavora male: Citando il #8/24 dei Lakers "Essere un leader non vuol dire dare pacche sulla spalla e cantare Koumbaya, vuol dire saper trascinare un gruppo e portare tutti al tuo livello. A costo di farsi odiare". Un team lavorativo è come una squadra: se tutti svolgono il proprio lavoro in maniera corretta ed efficiente, tutto va come dovrebbe andare. Ma a differenza di chi punta al titolo come campione, non sempre sul lavoro va così.
Come spesso tendo a dire nella vita di tutti i giorni, sono solo l'ultimo degli stronzi rispetto a persone carismatiche di questo livello, come il futuro Hall of famer del 2020. Ma gli devo tanto, proiettando tante esperienze personali anche sportive nel mondo che mi circonda.
Per esempio a lavoro, di recente. Purtroppo non è stato rinnovato il contratto ad una ragazza determinata ed ambiziosa. Parlando con lei avevo già capito tutto: Non solo ci teneva ad una conferma; ma di come lavorare in un negozio era per lei un sogno, un traguardo (visto il periodo sicuramente non facile non solo per la sua generazione, ma per tutti). Quando mi han detto che, l'ultimo giorno era in lacrime, ho ripensato a quella maledetta ultima partita del mio primo anno nella squadra locale nel 1997/1998: Eravamo in pochi ma speravo di giocare e di dare il mio piccolo contributo. Niente. M.C. Non entrato e partita persa.
In spogliatoio, come questa ragazza nella sua situazione, ero in lacrime. Non per la partita persa, ma perché l'allenatore non ha creduto in me. So cos'ha provato.

Quand'era passata a salutarmi a fine giornata mentre lavoravo sentivo che dovevo incoraggiarla, perché anche se per vie traverse ci sono passato anche io e so come ci si sente. Continuerò gradualmente a sostenerla, anche nella scrittura, sua grande passione.  Prima di sentirsi un leader o comunque un trascinatore, c'e l'amico. L'essere umano che vive d'emozioni ed empatia.
Più o meno la stessa cura e gli stessi consigli che il Black Mamba donava e insegnava a sua figlia Gianna, scomparsa anche lei nell'incidente aereo.

Non devo dire grazie solo a Kobe, ma ad una favolosa "combo" che ho creato nel corso degli anni e che mi ha aiutato ad avere una consapevolezza dei miei mezzi e soprattutto dei miei limiti (spero d'essere anche qui d'aiuto, a modo mio): 

Come spiegato in questo post, la Mamba mentality da lui tramandata si caratterizza in questi cinque punti: 

1) Alla base di tutto ci dev'essere per forza la passione
2) Ossessione e la cura per i dettagli
3) Per vincere bisogna essere "Relentless": Competitivi a qualsiasi costo
4) Resilienza, resistenza alle avversità
5) Superare le proprie paure.


Ho associato questi cinque punti ad un consiglio, una pratica che mi aveva insegnato mia madre quando ero bambino per affrontare la paura delle punture per via delle flebo. Ovvero l'esperienza mentale sintetica: Praticamente visualizzare nella propria mente determinate azioni in maniera perfetta e positiva. Che sia l'esame per la patente, una partita di basket... (con la maturità, mamma, non ha funzionato). Una specie di realtà virtuale presente nella mente dove tutto va a buon fine secondo i nostri piani. 
Il risultato, a mio dire, ha sempre dato i suoi frutti salvo ovviamente un caso. 
Gli stessi post che scrivo, per tre quarti delle volte, li ho già scritti in questo "monitor immaginario" e devo solo ricopiarli.

A livello umano sono e sarò sempre grato a questa persona e questi valori che ho saputo e continuerò a mettere in pratica. A quest'uomo americano dall'accento romagnolo durante le sue interviste in italiano.



Per quanto riguarda lo sport in generale, probabilmente gli devo tutto, forse troppo:

Innanzitutto non solo l'amore per la pallacanestro, ma per tutti gli sport. E' risaputo di come, durante le varie olimpiadi a cui partecipava con la maglia del Dream Team, lui andava a vedere gli altri sport proprio per capire e inserire varie tecniche nel suo stile di gioco. Un perfezionista.
Come scritto in vecchi post, ho praticato vari sport, dal calcio al nuoto. Ora sono tutt'uno con la Mountain bike. Ma tutto, se visto in un'altra ottica può essere d'aiuto per migliorare ulteriormente le proprie prestazioni fisiche e rendere al meglio.
Niente barriere che dividono la diversità e la forma di una palla o di un campo, ma trovare qualcosa di nuovo che riesce ad affascinarti e farti dire "perché no, potrei provare a cimentarmi in qualcosa di nuovo". Anche se le mie ricerche sportive recenti, sono sport poco conosciuti o per molti usciti da chissà quale universo parallelo.
In cuor mio però c'e solo uno sport che tutt'ora è capace di farmi dire "ok, indosso di nuovo le mie Adidas EQT elevation (le Crazy '97. Per chi non mastica la pallacanestro la replica di quelle che indossava durante la gara delle schiacciate vinta nel 1997) e mi rimetto in gioco". (Amici friulani siete avvisati: se vi manca un giocatore fatemelo sapere, anche se sono incredibilmente fuori allenamento e il "91" non è più il numero di Rodman, ma il mio peso).

Perché Kobe era ed è anche questo e quelli come me lo sanno.

Capace di andare avanti. E dovremmo prendere esempio anche noi suoi tifosi, di questa caratteristica. Forse col magone, ma pronti ad affrontare nuove sfide. Come il passaggio dal Kobe schiacciatore al letale Black Mamba, sotto la guida di un certo "Coach Zen" noto ai molti.

Il giorno del tuo ritiro suonavo in un locale. Ricordo ancora che avevo anticipato "Wind of changes" degli Scorpions come un vento di cambiamenti per il mondo dello sport.
Posso renderti omaggio in mille modi, dalla tua "Dear Basketball" che a distanza di anni continua a farmi commuovere, allo spot "The conductor" della Nike che avevi girato proprio in quel periodo per l'addio al basket.

Preferisco farlo così, con una foto di quella che effettivamente è stata l'ultima volta che ho suonato dal vivo con un gruppo durante il tuo ritiro (a prescindere dal fuso orario).
E il pensiero che durante la notte del tragico incidente avvenuto domenica 26 Gennaio, ero al Carnera a vedere il nostro amato basket. Assistere ad una partita che mi ha fatto letteralmente innamorare di Artur Strautins, nuovo acquisto della mia APU Udine. Una vittoria incredibile contro Ravenna, la prima in classifica. Innamorarmi per l'ennesima volta di quella palla a spicchi che ci ha mandato la testa in casino più di una volta.

Rimettendomi al lavoro, perché il giorno è fatto di 24 ore. E come mi hai insegnato tu, nessuna di queste va sprecata, ma portata a livelli irripetibili.

Foto di repertorio: Anno 2016











2 commenti:

  1. Una storia di grande valore💕
    Mi ha emozionata..come sempre Mirko, scrivi con il cuore in mano.. Nelle tue storie ci sono pezzi di vita,hai ragione.. Dobbiamo sempre credere in noi anche quando le cose non vanno bene..come in una bellissima canzone della bravissima Mannoia:"oltre questo mare, oltre la tempesta, le ferite aperte e la tristezza.. Non darti per vinto, tutto può cambiare se ne sei convinto, abbi coraggio e fai la differenza in questo viaggio.."
    Bisogna vivere al massimo 🎉

    Un caro saluto a tutti🤗❤️😘

    RispondiElimina
  2. Bellissime parole.
    È vero, dobbiamo essere i primi a credere in noi stessi.
    Splendido, anche il tuo post, ricco di momenti e ricordi belli, emozionanti, veri.
    Ciao😘

    RispondiElimina