sabato 20 luglio 2019

"Rapsodia francese", di Antoine Laurain. / "Rapsodia friulana", di M.C.





"La storia dei gruppi è sempre la stessa: Giovani di orizzonti diversi si mettono insieme per amore della musica, perché suonano da soli a casa loro e hanno voglia di incontrare altri ragazzi e ragazze che suonano da soli a casa loro." (tratto dal libro).


Rapsodia francese è stato un libro inaspettato. Pari a ciò che succede a uno dei protagonisti, il medico Alain Massoulier, quando riceve a distanza di trentatré anni una lettera da una nota casa discografica e scopre che "la demo era piaciuta".
Inaspettato perché non immaginavo di rivivere determinati parallelismi musicali in un libro, anche se ovviamente avevo suonato solo in due piccoli gruppi cover della zona, uno elettrico e uno semi-acustico.
Inaspettato per la stessa location e ciò che rappresenta per me: Parigi. Troppe informazioni presenti che viaggiano a cento all'ora nella mia testa...e poca caffeina in corpo (visto che sono le 6.16, ora in cui scrivo la bozza, e non ho ancora fatto colazione). Un passo alla volta, Mirko.

"Sogno di una notte di mezz'estate", mi viene da dire. E no, non sto delirando se cito la commedia scritta da William Shakespeare.
Questo è uno dei primi parallelismi, se vogliamo, visto che la canzone del demo piaciuta alla casa discografica, s'intitola "We are made the same stuff dreams are made of", ovvero "Siamo fatti dalla stessa sostanza dei sogni" (Da "La Tempesta", sempre di Shakespeare).
"Sogno di una notte di mezz'estate", perché, associata all'altra frase, tutto era partito in me quando avevo 13 anni, più o meno. Era l'estate del 1998 e prima di dormire ascoltavo gli album degli Aerosmith, Garbage, Korn e fantasticavo non sulle parole, quanto nel vedermi sul palco a suonare o a cantare (non nel caso dei Garbage, ovviamente). Volevo in qualche modo entrare nel mondo della musica, dopo la parentesi al pianoforte che, alle elementari, aveva avuto lo stesso effetto di un sasso lanciato nell'acqua.
Sogni che puntualmente si presentavano grazie ai vari cd che ho accumulato nel tempo, alle parole descritte nei testi una volta maturato e visto il contenuto a 360°. Fino a quando, come spesso accade, stufo di sognare ad occhi aperti (e con un gruppo di utenti conosciuti su un forum dedicato ad un noto trio grunge di Aberdeen), mi sento dire "...perché non suoni il basso? dalle tue parole e per come sei orientato nella musica sembra lo strumento alla tua portata". Non smetterò mai di ringraziarvi.

Proprio da qui arriviamo a Parigi. A distanza di anni mi decido e compro basso e amplificatore. Complice il fatto che mi avevano rinnovato il contratto al supermercato dove attualmente lavoro e i primi "dindini", come spesso accade, li ho investiti in un meraviglioso regalo.
Nello stesso periodo ero venuto a conoscenza della Chabane's Records. Un sito/blog francese (ormai chiuso da tempo) dove davano spazio ai gruppi emergenti da tutto il mondo. Generi? Ovviamente Grunge, Metal, Punk, Rock, Industrial...e via dicendo. Roba tosta. Dopo aver ascoltato i "Nippercreep" contattai i gestori di questo blog per comprare due t-shirt (una del gruppo e una di questa casa discografica) oltre a vari cd per supportarli. Scambiando qualche mail in inglese -perché il mio francese si limita a "Oh Lalà" come in Ritorno al futuro parte II, pur avendo una nonna paterna cresciuta in Francia e, dai suoi racconti, la chiamavano "le petit italiene"- mi sento dire la seguente frase: "Siamo in tour in Italia, ma in alcune date abbiamo problemi con il bassista. Vuoi unirti a noi?" La mia risposta "Lusingato, ma sono bassista da neanche un giorno...non so fare neanche "Nella vecchia fattoria". Contatterò qualche amico e girerò il vostro contatto.". Ha proprio ragione Max Gazzè nel cantare "Una musica può fare".
Da quel giorno, per la fiducia e per ricordarmi di crederci sempre nei miei mezzi, avevo attaccato sul mio Warwick due adesivi di questa casa discografica e del gruppo. Tolti poi col tempo perché volevo ripartire da zero.

Col tempo si cresce e si fanno esperienze anche sentimentali.
Leggere di Aurore, nel libro, l'assistente personale di un politico (che all'epoca del gruppo era il manager) concentrata sulla sua carriera lavorativa, mi ha fatto ritornare alla mente malinconiche ferite. Non prendetevi a male se leggete, non ho rimpianti ne rancore. Le sconfitte sentimentali ci aiutano a migliorare ed essere delle persone migliori nel futuro di coppia, quindi tutto di guadagnato a livello umano probabilmente per entrambi mi auguro. (Bisogna convivere con le sconfitte, in uno spot Michael Jordan diceva "ogni mio fallimento mi ha dato forza, il mio dolore è stata la motivazione").
Con questa persona parlavo spesso di musica, complice poi la Chabane's e i loro aggiornamenti le avevo accennato che cercavano artisti per riproporre a seconda dei generi che suonavano, varie colonne sonore dei videogiochi anni '80 e '90 per un album. "Perché non ci provi? Sei bravo!" "No...non sono un artista, sono un commesso che suona nella sua cameretta appena ha un momento libero" (Anche se a distanza di anni, come vedrete qui, mi sono fatto coraggio. Ma è un'altra storia.
Parigi, la location del libro, è stato l'ultimo luogo visitato insieme.
"Fin", come direbbero loro.
Mesi dopo aver assimilato il dolore, c'e stata la rinascita.

Niente rancore, dicevo. Eppure..."uno" c'era. Avevo trovato una meravigliosa via d'uscita nello sport e nella musica. Tanti concerti e il mio basso. Già scrivevo su vari block notes riflessioni per conto mio, tra i tanti avevo fatto il classico disegnino di un ipotetico gruppo. Il nome? "Project Grudge". Progetto rancore. Ero sarcastico, perché non mi riferivo alle sconfitte ricevute nella mia vita, quanto al fatto che sono come Fox Mulder: "I want to believe". Il binomio Mirko-alieni va avanti da quando di anni ne avevo 12, e questo "Project Grudge" fu un progetto realizzato dagli Stati Uniti per investigare il fenomeno degli oggetti volanti non identificati nel 1949.
Poi l'assonanza Grudge/grunge mi piaceva da morire.
Come spesso accade volevo suonare dal vivo, mettermi alla prova. In questo caso il destino mi aveva donato un meraviglioso regalo: un amico, preso con gli studi di fisioterapia e determinati esami, abbandonava il gruppo nato da poco e "ho fatto il tuo nome, sei interessato? Sono del nostro comune".
Come alla fine del videoclip di Francesco Baccini "Ballata di un ragazzo qualunque", Mirko...




Quando apro quest'argomento tendo sempre ad essere critico, per alcune posizioni prese da una persona in particolare del gruppo e l'attrito tra noi due, ma si sa: Se qualcuno è irrispettoso non solo nei confronti della mia persona ma nel collettivo troverà sempre la porta chiusa.
Spesso però dimentico i bei momenti, le risate durante le prove e i primi video caserecci registrati mentre si suonava.
Le serate fatte col batterista. Basso e batteria: La spina dorsale di un gruppo, sempre insieme. Sempre i primi ad arrivare alle prove e i primi a scherzare ma a rimboccarsi le maniche, senza nulla togliere ovviamente alla cantante e al cantante/seconda chitarra. Ricordo ancora quando, arrivato a prove, sentivo da lontano il suono della sua batteria: si esercitava su "Invaders Must die" dei Prodigy. Lo guardo, collego il basso e a volumi a dir poco esagerati abbiam dato il meglio di noi su un gruppo che adoravamo! Vorrò sempre bene non solo a lui, ma anche agli altri due membri menzionati. Tutti e tre mi donano meravigliosi sorrisi, quando si presentano in cassa da me o li trovo in zona.

Però, come dico sempre, il brutto vizio di volere di più iniziava a farsi sentire. Ognuno aveva gusti diversi e in quanto riesco ad adattarmi, nel mondo musicale, non c'e peggior sordo di chi non vuole ascoltare le proposte affini a seconda dei gusti. Svogliatezza e poca determinazione da parte di una persona m'irritavano.
In più avevo appena perso la mia amica a quattro zampe, dopo lunghi anni d'amore incondizionato reciproco. Ero di nuovo emotivamente scosso (e non per fare la persona materialista, ma prima di Bonnie, a salutarmi fu la mia storica Lancia Y. Anche lei compagna di mille avventure).
Il primo passo fu tagliare i miei lunghi capelli, avevo bisogno di un cambiamento. Ma non era abbastanza. Dopo due sole prove in quasi un anno mi son fatto coraggio e ho mandato il messaggio d'addio nel gruppo whatsapp. L'uomo aveva bisogno di prendere nuove strade.

Tra i tanti fattori che mi hanno spinto al cambiamento fu un film/documentario diretto da Martin Scorsese su George Harrison: Living in the Material World. GUARDATE il trailer per assaporare l'essenza del mio pensiero.



Mi ha sempre fatto ridere dire nel mio paese che mi piacciono i Beatles. Qua, grazie anche ai nostri genitori, dettano legge gli Stones. A rendere bene l'idea, cito il padre di un mio amico: "Qua il 95% di noi ascoltavano i Rolling Stones" "E il 5% rimanente?" avevo chiesto... "Il 5% rimanente è tuo padre e un'altro signore che ascoltano i Beatles". (Anche se mio papà ascolta entrambi, sono musicalmente versatile come lui).
(Non proprio) come George, cercavo nel mio piccolo nuovi suoni. Aver vinto anni fa una microcamera con i Buondì e ritrovarmi grazie allo smarphone, iscritto a Youtube mi son detto..."Perché no!" . Anche se ovviamente, caricare video su un account , non è la stessa cosa.

Col passare del tempo ho ricevuto qualche proposta di due gruppi, uno blues e uno con un repertorio identico a quello del vecchio dove suonavo. Ma in un caso i turni di lavoro mi hanno fatto dare picche al primo e al secondo...diciamo che "Impara le canzoni, ti contatto a Settembre" è diventato "the sound of silence". (Piccolo sassolino uscito dalla scarpa: Siate diretti, dire a una persona "abbiamo già trovato un bassista" o "non fai per noi" è segno di maturità. Stare in silenzio e non avere le palle per dire "le prove sono saltate" dimostra poco carattere).

Evidentemente era destino. Si è chiusa una parentesi. Una parentesi con l'asterisco, pronta per essere ripresa come una nota a piè di pagina in una data non ancora chiara. Nel frattempo, come i protagonisti del libro, è passato qualche anno.

Ora Non sarò un medico come Alain, ma quando a lavoro mi ferma puntualmente un ragazzo che ci aveva sentito suonare a Gemona, spende sempre delle meravigliose parole in ricordo di quella sera di molti anni fa. Con la nostalgia di un momento di festa. L'ultima serata "ufficiale" del gruppo.
Seguito, oltre ai saluti, puntualmente da quella frase...

"Mi raccomando, non smettere mai di suonare!"

...e il mio sorriso, ripensando alle parole di Neil Young prese dalla canzone "Hey Hey, My My (into the black)":  "Rock 'n' roll can never die". Alle prove, alle volte che l'abbiamo suonata.

E a piccoli istanti di complicità, descrivibili solo in una sola maniera:




2 commenti:

  1. Quanto affetto in questo post.
    Penso che un amore del genere non potrai mai metterlo da parte.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un affetto per i ricordi del gruppo e il piacere di suonare dal vivo, riemerso grazie ad un semplice libro. L'ho divorato, per quanto mi è piaciuto (e ho snellito giusto ieri nel tardo pomeriggio, prima di partire per il concerto dei Darkness, la lista su ibs.it) :-)

      Tra i primi post che volevo scrivere, ancora quando avevo aperto il blog, c'era proprio questo meraviglioso argomento. Ma non sapevo esattamente come scriverlo. Troppe bozze eliminate. Poi, sfogliando le pagine... ;-)

      Lo stesso discorso succederà per la pallacanestro: Troppi post iniziati ed eliminati..poi, verso la fine di Agosto e l'inizio di Settembre... ;-)

      Elimina