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giovedì 26 marzo 2020

"The wrestler", di Darren Aronofsky



(Questo post è dedicato ad una grande fan di questa disciplina, mia nonna, scomparsa a Gennaio del 2020 e, purtroppo, pure ad un mio caro amico, anche lui appassionato. Siete sempre nei miei pensieri)



Premessa: se alcuni termini sono a voi sconosciuti, fate pure clic qui: Glossario del wrestling. Sono consapevole che se parlo di wrestling su internet rischio la gogna, ma sono pronto e corro il rischio. Il mio punto di vista su alcune cose, è da nipote prima e appassionato poi. Tenete presente questo, poi insultatemi pure. Anche se alla fine vi offrirò una birra e pace fatta. Insomma, pure Stone Cold ne aveva offerta una ad Undertaker!  Detto questo...






Era da tempo che volevo scrivere qualcosa su questo film, rivisto probabilmente per la quarta volta in vita mia.
Non tanto per la trama in se facilmente reperibile nel vasto mondo del web oppure per alcune curiosità (il che probabilmente mi farà aggiungere all'elenco delle persone che l'hanno già fatto), quanto cos'è stato per me avere una nonna che lo seguiva da sempre, dagli anni '70 a poco prima della sua scomparsa e quanto questo mi ha influito nella vita di tutti i giorni, facilitando pure amicizie.
La trama, per chi non lo sapesse, è la storia di Robin Ramzinski, noto ai fan con il ring name di Randy "the Ram" Robinson. Un mito degli anni '80 che, a vent'anni di distanza continua a combattere nelle indy (Circuiti indipendenti) tenendo così viva l'adrenalina e l'adorazione dei fan che ricordano ancora il suo match più importante di sempre contro la sua nemesi, l'Ayatollah. Il tutto da una splendida visione esterna: non quella televisiva che lo spettatore è abituato a vedere da casa, ma i preparativi e i confronti tra i vari lottatori, spesso rivali nelle storyline, sull'evoluzione dell'incontro in se.
Il tutto condito da cosa accade fuori dal ring, dalla "vita vera" di chi ha dato tutto per questa disciplina e fa mille sacrifici per tenerla ancora viva, dal secondo lavoro alla vita sregolata. Dopo un violento hardcore match, un grave problema di salute fa rivalutare molte cose: dal possibile ritiro al rapporto con la figlia. Insomma, dare un senso alla sua esistenza. Ma si sa, il boato del pubblico è sempre troppo forte e the Ram non può fare a meno del ring. La passione è passione.


Con mio grande rammarico, non sono mai riuscito a far vedere questo film a mia nonna. A prescindere dall'età non era mai interessata a ciò che Hollywood propone per tv (a meno che non si trattava di "Hollywood" Hulk Hogan).
A differenza delle sue amiche le storyline proposte dalle varie federazioni erano le sue "telenovelas" (appassionati del wrestling, concedetemi il paragone. Stiamo parlando di una signora anziana!) e spesso le Kayfabe per lei erano buona parte vere. Mi ha sempre fatto tenerezza questa cosa, vista con gli occhi di un nipote. Non era per rovinarle la magia che si era accumulata in lei nel corso degli anni, anzi... per farla rendere ancora più partecipe alla cosa. Ma si è sempre rifiutata. Praticamente avevo una nonna "mark" e ne sarò sempre orgoglioso di tutto ciò. D'altronde mi ero ripromesso, dopo la sua scomparsa, di tenere viva questa passione che la differenziava dalle altre signore anziane di un paesino come il mio.

Anche se avevo una nonna così, il mio primo approccio (da appassionato di basket) è parecchio prevedibile quanto tardivo: Parliamo di uno dei miei giocatori preferiti di sempre, Dennis Rodman, e della sua rivalità sul ring con Karl Malone (accompagnarono rispettivamente Hulk Hogan il primo, mentre il secondo "DDP" Diamond Dallas Page). Era il periodo delle finali tra i Chicago Bulls e gli Utah Jazz e ovviamente, di Bash at the beach del 1998.



Era la prima volta che parlavo di Wrestling con lei, le avevo portato una rivista di basket con la foto di Rodman. "Lo conosci questo?" Non ricordo bene la sua reazione, probabilmente mi parlava del match, ma per un ragazzino di 14 anni che stava scoprendo il mondo (specie d'estate), l'attenzione era una cosa rara da trovare. Anche se la mia memoria, con ironia e senza offesa, viene definita "autistica".
L'interesse durò più o meno poco, come quell'estate. Avevo le partite di basket con la squadra e la preparazione atletica, la scuola e molti altri interessi. Non ero ancora multitasking come lo sono adesso a 35 anni. Ma il destino (e dei compagni di classe casinisti alle superiori, nel boom italiano grazie alla programmazione in differita sulla mediaset) evidentemente aveva molta pazienza col sottoscritto e in qualche modo, voleva indirizzarmi li. Rendere ancora più speciale quel rapporto già unico che avevo con mia nonna.

"Ma che Cena...meglio Lesnar!!" sentivo urlare durante le ore buca in classe e spesso ignoravo il tutto, visto che mi portavo da casa un libro da leggere per passare il tempo. Il loro parlare sguaiatamente e i vari riferimenti a ciò che succedeva durante lo show blu della wwe erano come una sirena, entravano nella testa e non si schiodavano da li. Più o meno come la musica d'ingresso del team wcw "American Males" (perché ho cercato il link...perché!non riuscirò più a togliermelo dalla testa!).
Durante una delle più classiche partite di briscola mi ero fatto coraggio. Mi faceva strano parlarne con mia nonna di questa cosa (anche perché diciamolo: L'idea comune di una nonna è colma di dolcezza e gentilezza, dai modi spesso mansueti), ma è stato più forte di me. "Nonna, senti che ti chiedo, ne parlavano in classe e... Anche a te piace John Cena?" Non era ancora il periodo con la new entry musicale, li il face della federazione era ancora Dr. Thuganomics. Ma, detto con ironia, mia nonna era talmente avanti coi tempi che nella sua mente era già partito il meme a pieno volume che fa da padrone su internet. (crrrrrrrrraapaaadoooo - Birra offerta finita la quarantena a chi l'ha capita e sta tutt'ora ridendo).
I suoi occhi s'illuminarono (in quanto lei è sempre stata pro "Face", i buoni appunto. Sia per la morale e il valore etico e complice il fatto che nella sua vita purtroppo ne ha passate tante, tra guerre e il terremoto del 1976). "Certo!! Devi vedere cosa fanno... lui, Guerrero! Sabato vieni da me che vediamo i match alla tv insieme!"
Credetemi, non erano i vari incontri a catturarmi, ma la cattiveria di mia nonna nell'istigare i lottatori davanti alla tv. La nonnina che preparava la polenta e giocava a briscola si trasformava in una tifosa da fare invidia a molti, quando aveva ancora energia e qualche anno in meno. Inutile dire che da li è nato tutto. La partita di briscola era diventato il "Kick-off prima della puntata". Anche se in quel periodo dovevamo accontentarci della telecronaca di mediaset, molto bambinesca e fastidiosa. Fortuna che, vista la scarsa ricezione, tornando indietro a metà degli anni '90 lei aveva l'antenna parabolica e prendeva canali tedeschi quali DSF e, in inglese, Cartoon Network. Perché Cartoon Network? Semplice, quello che era il mio canale preferito (dopo Viva e Viva zwei per la musica), dalle 21 in poi non trasmetteva programmi per bambini, ma diventava TNT. E su TNT regnava ai tempi la WCW. Anche se Monday Nitro non lo mostravano il lunedì ma il Venerdì. Ricordo ancora i suoi fogli di carta dove c'erano scritti col pennarello i vari orari e i canali.
Poi ovviamente arrivò SKY, con la coppia Posa & Franchini, che con il loro "Ciauuuu" finale, in quel periodo, contagiarono pure mia madre.

Ricordo ancora l'incontro in una fumetteria di Udine con Michele Posa e la sessione autografi. "Non voglio sembrare sfacciato, ma puoi farne uno con dedica? Con scritto "Per la signora Domenica"? Sembra strano, ma...è mia nonna". E il suo vocione amichevole e rassicurante, da dietro gli occhiali scuri ("per dare più carisma e fantomatico mistero", citando Battiato), mi risponde sorridendo "Non è l'unica nonna che mi chiede l'autografo!". Sono piccole cose, ma quando avevo portato l'autografo a mia nonna, successivamente era li appeso, tutta contenta. Ai tempi molte delle sue amiche andavano a trovarla per bere il caffè e spettegolare del più e del meno. Ai lati della tv trovavi le foto appese del papa, l'autografo di Posa, Rey Mysterio e il sottoscritto (seguito successivamente dalla locandina che le avevo portato dal live svolto a Trieste. "Potevi venire anche tu!" "Si...a farmi prendere in giro dagli altri spettatori!" mi rispondeva, ma credeteci: il giorno successivo alle 8.30 del mattino era fuori casa per chiedermi chi c'era e com'era vederli dal vivo. "Eh... (Sospirando), se passavano a Gemona (semi-spoiler, non sono proprio di Gemona) si poteva anche fare!" "Ehm...nonna, non funziona proprio così!". Ma più l'età va avanti, più le lunghe distanze si fanno sentire.


Prima dell'upgrade familiare televisivo (ovviamente pure a mia nonna per forza di cose col tempo si era abbonata a sky), anche se noi eravamo già clienti ma solo di cinema, fa l'ingresso in scena questo mio caro amico. C'incontriamo fuori le scale di casa mia e mi sento dire con timidezza, vista la differenza d'età "mi ha detto il tuo vicino che tua nonna segue il wrestling, è vero o è una battuta?" "Certo che è vero! T'invito sabato a vedere Smackdown da lei". Il resto, poi, è storia.
Mia nonna aveva fatto da tramite in questa amicizia. Ricordo ancora quando assieme a loro avevo visto Wrestlemania 21 nel salotto di casa mia, ribatezzandola "WrestlemEnia", in quanto mia nonna (di nome Domenica), in paese era conosciuta con il diminutivo in friulano di Menia. Era il suo primo PPV. Il nostro, nonna e nipote. Il nostro, mio e di questo mio amico che aveva occhi solo per The Rock.
Poi con lui sempre nel mio salotto arrivarono altri PPV quali (citando i primi che mi vengono in mente, dove riecheggiano ancora le sue urla misto risate per alcuni momenti comedy) Summerslam e ovviamente ECW one night stand.


In questo 2020 alternativo, a distanza di tre giorni l'una dall'altro, queste due persone a me molto care, mi hanno lasciato. Ci hanno lasciato. In qualche modo sarò sempre grato al Wrestling per questo, per ciò che riesce a fare al di fuori del ring; quando si spengono le telecamere e noi comuni mortali cambiamo canale e brindiamo alla vittoria di un match (e, per i lottaori, le varie gimmick restano nell'armadietto).

Ricordo ancora non tanto il dispiacere, quanto l'incomprensione di mia nonna nel sapere che provavo ammirazione verso alcuni heel, i "cattivi".
Non ho mai avuto modo di spiegarle di come tutto gira intorno all'heel. Il motore di una storia è centrato su chi prova a fare di tutto pur di ottenere un titolo, anche in maniera scorretta e di quanto li ammiro anche perché è facile farsi voler bene, ma farsi odiare è molto più difficile. E' difficile fingere di essere ciò che non si è. Sia sul ring come nella realtà.
Lei lo sapeva bene, quando un giorno arrivando in salotto avevo notato la parete solo con la foto del sottoscritto e del papa. "Nonna, ma...il resto?" "Eh, li ho dovuti togliere e portare nell'altra stanza. Alcune amiche mi avevano chiesto il perché erano appese quelle foto".
L'essere fuori dai vari standard canonici della società. Mi ripeteva sempre di tagliarmi la barba e i capelli, ma con l'arrivo di uno dei suoi ultimi preferiti di sempre, Daniel Bryan, aveva rivalutato il mio look. "Sei il mio Daniel Bryan", mi aveva detto una volta ridendo. Vuoi per la mimica facciale e alcuni tratti somatici in comune.
Forse perché come lei (e come il wrestler nelle storyline) ne ho passate tante ma continuo perennemente a farmi coraggio e dimostrare quanto valgo, nonostante i vari detrattori. E tra le mura di casa è risaputo: Lei era la mia fan #1 pronta ad incoraggiarmi, nel bene e nel male. Sia quando suonavo il basso, sia a lavoro ed ero alle casse e passava a fare la spesa. Lei era li ad ammirarmi come quando entravano sul ring i suoi beniamini. Le mancava solo il cartello parodia del "Yes! Movement" "Cech movement!" ed era a posto.






Farmi trovare pronto giorno dopo giorno. Anche perché so incassare tante batoste dalla vita, ma difficilmente finirò al tappeto sconfitto.





























lunedì 16 marzo 2020

"Scoprendo Forrester", di Gus Van Sant







Il blog "compie" un anno. Ricorrenza perfetta per dedicare un post a questo film del 2000 e come spesso tendo a fare parlare un po' di me, farmi conoscere. Di come riesco a immedesimarmi, specie se i protagonisti hanno qualche caratteristica o interesse in comune col sottoscritto. Praticamente ..."Scoprendo Miroslav".
Senza esitare, citando Sean Connery/William Forrester nel film:

"...Batti su quei tasti, per la miseria!!"


La trama di questo film s'ispira alla storia di J.D. Salinger e a John Kennedy Toole, due noti scrittori riservati. Nel nostro caso i protagonisti sono il giovane Jamal Wallace, lettore e scrittore con la passione per la pallacanestro e William Forrester, scrittore con origini scozzesi e  vincitore del premio Pulitzer per aver scritto il libro "Avalong Landing".
Il binomio "basket/scuola" è stato uno dei motivi per cui mi son sentito preso in causa fin dai primi minuti. Parafrasando un dialogo delle prime scene del film tra l'insegnante e la madre:

Insegnante: "Jamal fa lo stretto necessario per passare, per non distinguersi dai suoi amici e arrivare a malapena alla sufficienza. Questi, però, sono i suoi risultati nei temi"
Madre: "E' sempre che legge libri o scrive su quei quadernetti, ma a casa parla solo di pallacanestro".
Insegnante:"Quello è il suo modo per farsi accettare. Ai suoi amici non interessa quello che lui è capace di scrivere".

Questo dialogo forse è stato il primo motivo per cui ho sempre adorato questo film tanto da metterlo di diritto tra i miei preferiti. Non al primo posto, ma neanche all'ultimo.
Mia madre lo sa. Questa frase l'ha sentita probabilmente troppe volte dai pochi insegnanti che sapevano realmente come prendermi (testimone questo post), e cito una battuta del film: "Ricordati una cosa: Gli insegnanti amaramente delusi possono essere o molto utili o molto pericolosi". Con questo non voglio offendere quei pochi professori che mi sono stati d'aiuto nella vita, tutt'altro. Nel mio caso, senza nominarli, ho ancora presente le lezioni di chi ci metteva anima e cuore per coinvolgere veramente gli studenti e chi, invece, alzava le spalle perché...tanto era li per arrotondare la paga da ingegnere. Con dei modi così viscidi degni di un Renziano pronto a fotterti quando meno te l'aspetti.

Il fatto che il giovane Jamal Wallace ha buona memoria è una simpatica similitudine. Va detto che la mia è stata definita con ironia (E senza offesa) da alcune persone "memoria autistica": Ricordo vecchi numeri di telefono, avvenimenti anche inutili della mia vita ormai passati e...no. Non so finire le citzioni degli auori come lui nello scambio di battute con l'insegnante, ma inspiegabilmente so il 90% delle volte ritrovare la pagina esatta dove si trovano. Poi ovviamente se non ricordo la citazione tendo a parafrasarla, mica sono Robocop, progetto di organismo cibernetico. Mi avvicino di più al maldestro Ropopap/Fenton Paperconchiglia dei Ducktales. (Incantesimo!).

L'unica differenza tra me e il protagonista (e ne sono più che certo) è che non palleggiavo per casa, altrimenti le prendevo.


Complice una scommessa tra amici al campetto finita male, ovvero quella di entrare di straforo nella casa del vecchio "Finestra", chiamato così perché era sempre segregato in casa e li osservava giocare dall'alto del suo appartamento, Jamal fa la conoscenza del burbero, almeno inizialmente, William Forrester. Pur non sapendo ancora la vera identità.
La passione per la lettura e la scrittura fa nascere una splendida amicizia tra i due protagonisti. Con lo scrittore vincitore del Pulitzer che, armato di pazienza, insegna a scrivere al giovane aspirante.
Anche le caratteristiche di William Forrester le sento molto intime, personali se vogliamo. Da come la vedo io prendono due direzioni:

La mia, dove mi riconosco nel personaggio interpretato da Connery nell'amare sia la lettura, ma soprattutto la riservatezza, nel privato e in questo blog, dove non elemosino condivisioni o visualizzazioni ma lo faccio per il puro piacere della scrittura. Poi, se piace o non piace tendo a fare spallucce. D'altronde lo dice anche William al giovane Jamal: " Perché le parole che scriviamo per noi stessi sono sempre molto migliori di quelle che scriviamo per gli altri?".

Per non parlare della stesura dei miei post: Questo ce l'avevo in mente da troppo tempo e aspettava solo di essere scritto. Involontariamente uso spesso una regola, un consiglio ben spiegato nel film: "la prima stesura la devi buttare giù col cuore, poi la riscrivi con la testa. Il concetto chiave dello scrivere è scrivere, non è pensare".
Se si va a rovistare nei vari quadernetti o moleskine non si trovano le bozze dei rispettivi post. Solo aforismi, frasi e dialoghi presi da libri che sto leggendo o film che ho visto. Da li poi prendo il via sulle tastiere senza fermarmi. Da una parte mi spiace, perché il lato nostalgico che è in me ha sempre amato scrivere su carta. Ma la stesura di un post la trovo molto più spontanea qui, sui tasti di questo vecchio portatile fatto su con lo scotch.

Prima di questo maledetto COVID-19 passavo già giornate rinchiuso in casa a leggere o scrivere, proprio come "Finestra". Isolamento che occasionalmente mi porta a trasformarmi nel classico orso non tanto in letargo, ma a volte burbero nelle risposte. Ciò non toglie che non sono un vero e proprio eremita. Come dice "William" <<chi ti dice che non esco mai di casa?>>.
Altra similitudine che mi ha fatto sorridere (e che, detto senza imbarazzo, fa ridere di gusto a chi riceve messaggi whatsapp dove scrivo "Guardo uccelli fuori dalla finestra" -lo so...battuta triste- è proprio quel birdwatching casalingo. Non è un mistero questo mio hobby (vedere per credere). Divertente di come in sincronia effettuiamo le stesse mosse, pari pari: Mi affaccio alla finestra col binocolo, stupefatto recupero la microcamera e la posiziono di nascosto in giardino e poi gongolo contento della visione a prescindere se la registrazione è andata a buon fine o no: "Va' che roba, uno stormo di verdoni!".
O, nel suo caso, ancora più esplicito con la telecamera in mano che dice "vieni...dai...più vicino...più vicino!", il tutto con Jamal che lo guarda in maniera perplessa e lui che risponde contento "Era un Cardellino del Connecticut!". Tanta invidia per lui, anche perché i cardellini ultimamente si posano nel mio giardino, ma come i verdoni sono i miei due punti d'arrivo per i prossimi video e devo armarmi di molta perseveranza per riuscire a riprenderli. Stesso discorso per i fringuelli.
Il lato positivo di questo periodo generale d'isolamento è che, abitando ai piedi delle montagne, di prima mattina tra i rumori della natura si sente quello del picchio, che da il buongiorno alle persone mattiniere martellando con il suo becco  per lasciare la sua "firma" della specie, per comunicare e attirare un partner (e, ad essere precisi, la scelta cade su materiali ad alta risonanza).


C'è anche la visione 2.0 di William Forrester. Ovvero la proiezione di mio padre in questo personaggio:
A tratti socievole e burbero, amante della lettura e della Cultura con la c maiuscola (Musica classica, storia antica, racconti di Isaac Asimov, vari generi musicali, arte e via dicendo). Tanto che quando mi sente dire quella parola mi rimprovera giustamente: C'è Cultura e cultura.
Il talento di mio padre però è sempre stato si artistico, ma applicato alle foto e ai disegni su tela. Lui stesso, come William per Jamal, mi ha spinto lo scorso anno ad aprire questo blog proprio perché "ho la sensibilità giusta per farlo", come tendo spesso a ripetere.
Il che mi fa sempre pensare a quando Jamal, in un primo momento quando recupera lo zaino dimenticato a casa di "Finestra" dopo il primo incontro, si ritrova tutti i quaderni con i vari testi da lui corretti in rosso e commentati: "Passaggio fantastico!" "Dove mi vuoi portare?" e via dicendo. Non ho mai fatto leggere i vecchi quadernetti a nessuno, a casa. Anche perché li tengo segretamente nascosti. In quel periodo poi ero come George McFly prima dell'arrivo dal futuro di Marty.

 
George: "No no no...io non faccio mai leggere a nessuno le mie storie"
Marty: "...e perché no?"

Questo, ovviamente, mi fa pensare che in qualche modo era riuscito a leggere i miei appunti sparpagliati sui vari quaderni (e il nascondiglio precedente non era poi così sicuro). Di conseguenza deve aver visto in me qualcosa di positivo, il che mi fa incredibilmente piacere.


Tra i personaggi del film che voglio menzionare, come attore non protagonista c'è il rapper Busta Rhymes che interpreta Terrell Wallace, il fratello di Jamal. Fa il parcheggiatore e sogna di sfondare come rapper.
Perché merita una menzione? Perché è un genere che mi piace e che ha influito molto sulla mia tipologia di scrittura (per esempio le varie citazioni prese qua e la, come nelle canzoni, e fare di essi un paragone o associarle a momenti della mia vita). Nel lontano 1996/1997 per quanto mi fa ridere (e per quanto ero un bambinetto di 12 anni), ero uno dei primi -se non il primo- ad ascoltare anche questo genere musicale in un paese dove è risaputo che le radici sono tutte salde sul rock.
Galeotto fu il vinile trovato a casa, dei miei amati Beastie Boys su un lato e LL Cool J dall'altro, ovviamente un vinile non ufficiale, un bootleg. Da li è nato tutto. Specie la mia ammirazione per il produttore Rick Rubin e di quanto è versatile nel mondo della musica.
La prosa di questo genere, specie nel freestyle, mi ha sempre catturato e coinvolto. Poesia pura. L'ho imparato grazie a Saul Williams (attore, rapper e poeta) nel film indipendente del 1998 "Slam". E a proposito di poesie, da lettore quale sono, vi consiglio di andare a dare una letta al libro "Tà Marziaká", di Sara Condizi.
Oltretutto saranno tre o quattro giorni di fila che per caricarmi al mattino, oltre al caffè, ascolto "Veleno 7" di Gemitaiz Feat. Madman.


C'è una scena chiave del film dove il binomio "studio e pallacanestro" s'incontrano, assieme a molte decisioni da prendere. Circondato da detrattori e stimatori. Non voglio fare spoiler per rovinare il film a chi, magari, non l'ha mai visto. Dico solo che QUELLA decisione va pari passo con il mio stile di vita, non solo da ex-studente. Per scoprire di cosa sto parlando...vi consiglio di vedere il film.


Anche perché mi sono messo un bel po' a nudo, in questo post, e citando Sean Connery "Tu dovresti imparare la virtù della riservatezza"...

...o almeno rispolverarla.
















mercoledì 11 marzo 2020

"Si muore tutti democristiani", il film del Terzo Segreto di Satira.




Tutto è iniziato al bar mentre ero in compagnia di un mio caro amico qualche anno fa: Ordino da bere con una delle tante frasi standard. "Ho la gola secca...Birretta?".
Lui finisce quella che ha nel boccale, ride sguaiatamente e mi dice, prendendo il telefono in mano: "Ogni volta che ordini da bere così o che dici solo <<Birretta?>>, mi fai venire in mente questo video ("Il Dalemiano", del Terzo Segreto di Satira). Sicuramente ti piaceranno!".

In quel momento ho capito che dovevo iscrivermi al loro canale e guardare tutti i loro video, anche quelli persi in precedenza, proprio per quel modo di fare che tanto mi piace riguardo la satira sociale e politica. Oltretutto, per quanto mi riguarda...un po' d'autoironia non guasta, specie se mi ritrovo nelle caratteristiche di alcuni personaggi da loro creati.

Facciamo un passo indietro però: Il mio interesse per la satira politica è presente da sempre. Il "politichese" a casa mia si masticava spesso e volentieri, allo stesso modo si apprezzava l'ironia del tandem Dandini-Guzzanti ai tempi di Avanzi, per quel che mi ricordo (e gli altri programmi della coppia al seguito), mentre quando andavo da miei nonni il sabato sera, vista la loro generazione ben diversa da quella dei miei genitori, i vari attori del Bagaglino erano presenti sulla loro tv -che, a rivederli ora, tutto mi fanno, tranne che ridere. Ma si cresce e si matura col tempo, ovviamente. Anche se poi ho amato il percorso artistico di Oreste Lionello come doppiatore-. Il lato positivo è che fin da bambino avevo imparato a distinguere anche solo dalla parodia i volti dei politici, le loro posizioni e i vari partiti. Grazie anche ai volumi di Forattini che, a casa d'amici dei miei genitori, mi mettevano in mano per farmi stare zitto e in silenzio, perché probabilmente li il Topolino non c'era. Crescendo con queste basi familiari (specie dai miei genitori) e scoprendo poi il favoloso mondo di Daniele Luttazzi, il resto vien da se.

Questo film, scritto e diretto dal Terzo Segreto di Satira, parla di come i tre protagonisti, uniti dalla piccola casa di produzione da loro creata, si ritrovano a dover fare i conti con la realtà: Valutando una grande offerta di lavoro ricevuta ma, che per ragioni che si scoprono andando avanti nel corso del film, va contro i loro ideali. "Scegliere la strada più comoda o quella giusta" Parafrasando la definizione di democristiano da parte di uno dei componenti di questo collettivo milanese, Davide Bonacina, durante l'intervista/promozione del film su La7.

Cosa mi ha spinto a dedicare un post a questo film? (oltre a consigliarlo a chi ovviamente piace il genere). Sicuramente il fatto che in questo periodo della mia vita, a 35 anni -quasi 36-, mi sento un incrocio tra due dei tre protagonisti: Stefano ed Enrico (Il terzo, Fabrizio, è interpretato da Massimiliano Loizzi), interpretati rispettivamente da Marco Ripoldi e Walter Leonardi. Ironia della sorte in qualche modo nelle loro interpretazioni presenti nei vari video su youtube riesco sempre a vedere qualche piccola sfumatura del sottoscritto: Nel caso di Leonardi "Il buonista col mitra"rende bene l'idea di quanta merda devo spesso inghiottire, sentendo discorsi molto spesso generici fatti da chi molte volte ragiona col culo. Ogni riferimento a persone che incontro nella vita comune è puramente casuale. Diciamo...la versione politica di un mio vecchio post, "come si diventa Joker", dove l'ho citato alla fine.
Mentre per Ripoldi la lista è lunga. Diciamo pure che il mantra "E' la giunta che conta" ormai l'ho fatto mio, non solo per votare come nel video, ma per mantenere occasionalmente la calma e affrontare alcune decisioni. E questo, credetemi, è solo il biglietto da visita.

C'è stato un periodo della mia vita dove a livello politico ero discretamente attento e attivo. Un periodo dove gli ideali dei miei genitori e della loro generazione erano concreti e ben radicati in me. Quel momento dove, da studente, non facevo i conti con la realtà e preferivo ribellarmi ad un sistema. Come Stefano nel film in una scena madre verso la fine (anche se i miei capelli erano si lunghi, ma non avevo i dread).
Ricordo con gioia quel periodo: Anche se i dread citati poco fa non li avevo, sulla testa portavo il basco giamaicano, o così lo chiamavo io, che racchiudeva la dentro i miei lunghi capelli. I 99Posse erano in heavy rotation nello stereo presente in camera (oltre, come sempre, a vari artisti), e da elettore spesso mi ritrovavo vigile a valutare le idee e confrontandomi con alcuni amici di quel periodo.

L'esempio "da film", è di come cantavo a pieni polmoni Consumo Gusto, del gruppo Ska-P e che ora mi ritrovo a lavorare in un supermercato. Esempio perfetto da "Terzo Segreto di Satira".
Ogni tanto non lo nego, penso alla classica frase "cosa voglio fare da grande", da sognatore ad occhi aperti quale sono.
Pensieri sono tanti, specie sul classico "mestiere". Ma ad aprire una piccola attività per conto mio (quale una libreria dove si possono trovare anche vinili) servono soldi. Anche se spesso mi sento dire "siamo nel 2020...c'e Amazon". Sfumando così ogni aspettativa e fantasia. Così anche come l'ipotetica fantasia di scrivere per campare. Le mie sono riflessioni a tempo perso spesso generiche da scaltro osservatore di film o assiduo lettore. Ma anche in questo caso, sognare non costa nulla. Anche se avendo amici e amiche con un primo libro all'attivo (una in particolare col secondo), l'idea generale che mi son fatto è che gli editori spesso hanno il fiato sul collo e, per quanto creativi, non dev'essere una vita facile pure loro.
Come Enrico/Walter Leonardi con suo padre, nel mio caso c'era mia nonna che fino all'ultimo mi ripeteva sempre "Tieni stretto quel lavoro, stai andando bene. Li è un posto sicuro". Il tutto con la classica conclusione "però...tagliati quella barba!".
Ma ero questo quello che volevo diventare? Alle elementari ricordo con gioia LA maestra per eccellenza che riusciva sempre a coinvolgerci nelle lezioni a modo suo. In prima elementare, se non erro (o giù di li), ricordo la lezione sul tempo che passa e sui cambiamenti anche fisici. Di come, ritagliando foto x verosimili da riviste che assomigliavano vagamente a noi alunni, aveva fatto il foglio "Tizio/tizia tra tot anni". Immaginavo i miei 30 anni diversi, forse un po' alla "Ritorno al futuro 2", con tutte le volte che l'ho visto. Una casa e una famiglia alle spalle... e mi ritrovo part-time, a fare sacrifici per riuscire ad andare in affitto da qualche parte e creare qualcosa di bello a livello umano. Il tutto seguendo i valori che mi aveva insegnato mio nonno paterno quando ero bambino (la favola della cicala e della formica).
...Ma ahimè, citando i Zen Circus, "Nonno, è questo il futuro che sognavi te (per me)?"




Non sto sputando sul piatto dove mangio, sia chiaro. "Quel" Mirko con animo ribelle è ancora presente in me. Come detto ora di anni ne ho 35. Ma ci sono giornate dove spesso mi ritrovo a voler salire in macchina (non ho uno scooter come uno dei protagonisti del film) e lasciare andare tutti i vaffanculo che ho in me, dalla testa ai piedi e andare lontano.  -"La fantasia del viaggio ai tempi del COVID-19" -. Un misto di Vaffanculo dedicati a destra e a manca a chi mi tratta come uno di poco conto. A chi mi usa come il classico mulo da fatica e poco considerato e a chi mi mette i bastoni tra le ruote; con tanto di frasi alla "Scegliete la vita" alla Renton buttate qua e la.

Ma poi, dopo tutti questi ripensamenti e questi vaffanculo mai detti la sveglia suona sempre alle 6.00 e quella parte di me adolescente, quando si pettina allo specchio prima di andare a timbrare (e l'ammetto, pettinarmi studiando le dimensioni della "piazzetta" intitolata a Kobe Bryant appena accennata in testa), si guarda allo specchio e pensa più o meno così...



(Se incomincia dall'inizio, il mio riferimento è dal minuto 3.27 in poi)


Piccola precisazione, per chi mi conosce a livello lavorativo: Ricordatevi una cosa sola. Anche se sono critico, prendete la vita con ironia e imparate a riderci su, delle cose. Citando "Eskimo" di Guccini


"Diciamolo per dire, ma davvero
Si ride per non piangere perché
Se penso a quella ch' eri, a quel che ero
Che compassione che ho per me e per te

Eppure a volte non mi spiacerebbe
Essere quelli di quei tempi la'
Sarà per aver quindic'anni in meno
O avere tutto per possibilità

Perché a vent'anni è tutto ancora intero
Perché a vent'anni è tutto chi lo sa
A vent'anni si è stupidi davvero
Quante balle si ha in testa a quell'età

Oppure allora si era solo noi
Non c'entra o meno questa gioventù
Di discussioni, caroselli, eroi
Quel ch'è rimasto dimmelo un po' tu

(...)

Forse lo stan pensando anche gli amici
gli andati, i rassegnati, i soddisfatti
Giocando a dire che si era più felici
Pensando a chi si è perso o no a quei patti

Ed io che ho sempre un eskimo addosso
uguale a quello che ricorderai
io come sempre, faccio quel che posso
Domani poi ci penserò se mai."

sabato 2 novembre 2019

The good...Holden?



Qualche sera fa, in un totale stato di confusione mentale e privo di motivazioni per fare qualcosa, ho lanciato la classica "monetina mentale" alla Harvey Dent (anche perché non avevo forze, dopo l'intera giornata passata a lavoro): Film o libro? 

Ha vinto ovviamente "film", visto che l'idea di questo post era presente nell'aria da troppo tempo e mi ero ripromesso di non sfogliare le pagine di "Caino" di Josè Saramago. Altrimenti il giorno successivo in ospedale non avevo nulla di che leggere. O meglio, c'era, ma questo me lo sto letteralmente godendo pagina dopo pagina e come spesso accade in questi casi, voglio assaporarlo parola dopo parola. 

Ho messo su il dvd "The Good Girl", di Miguel Arteta. Un film ricco di sfumature con un gran cast: Jennifer Aniston (probabilmente l'unico film dove riesco a sopportarla... [#teamRoss] ), John C. Reilly, Jake Gyllenhaal e una fulminata Zooey Deschanel.
Come mai volevo scrivere un post riguardante questo film? Per un semplice motivo, il ruolo di Gyllenhaal. Un commesso di "nome" (non sulla carta) Holden, come il protagonista del noto libro di Salinger che si porta sempre dietro e in cui s'identifica, in quanto avido lettore con la passione per la scrittura. 




Ovviamente questi quattro punti sono gli unici in comune con il co-protagonista del film. Non ho manie depressive e...non faccio spoiler. 
Similitudini che, da sempre, mi lasciano a bocca aperta ogni volta che schiaccio il tasto play sul telecomando: Innanzitutto il lavoro. Come scritto nella descrizione (e come sanno anche i più vicini e "di passaggio" sul blog) faccio il commesso. Un lavoro che per quanto ha una sua routine prevedibile ma da non sottovalutare -parlo dell'attenzione alle date di scadenza, dare il resto giusto in cassa e ovviamente tenere d'occhio chi fa della canzone "Sosta" dei Punkreas uno stile di vita- [La cosa buffa è che con i Punkreas ci sono cresciuto e li adoro da sempre], dopo otto anni mi da l'opportunità di entrare in modalità multi-tasking e pensare, come spesso accade, a eventuali post, racconti o le solite battute che fanno ridere solo me. (Svelato il mistero del "Ma quando le pensi? Di notte?").
Ora non voglio entrare nel dettaglio o del clima che si respira nel mio punto vendita. Posso solo dire che a livello aziendale in questi otto anni riesco a trovare il giusto equilibrio e a dare il meglio di me, sia a livello fisico che conoscitivo, visto che praticamente ho la mappa del negozio stampata in testa. Ma non è tutto rosa e fiori, come in tutti i lavori ovviamente. Come faccio a fare vuoto nella mia mente e affrontare una giornata lavorativa? Più o meno come il protagonista. Mi troverete sempre all'interno della mia macchina intento a leggere. Isolato, lontano quando possibile da persone di qualsiasi forma e ruolo. Fare vuoto mentale e creare quel momento "zen" di assoluta pace che mi permette di rendere al meglio...anche se verrà frantumato dopo cinque minuti di servizio da clienti non troppo simpatici.
Non faccio "terra bruciata" spesso, sia chiaro. Come dico sempre, con determinate persone a me care a prescindere dal ruolo, condivido il bene e la gioia che provo nell'avere rapporti umani sani. Dove basta uno sguardo a volte per creare la giusta intesa lavorativa. Se non c'e la giusta alchimia tra me e altre persone preferisco lasciare scorrere e concentrarmi su quello che faccio o, se sono in pausa, sfogliare un libro appunto. Prendendo spunto da CapaRezza in un suo noto pezzo che mi perseguita da sempre, il clima con alcuni di loro è tipo " Studio in una classe di rissosi / Eccitati dai globuli rossi manco fossero Bela Lugosi / Tieni presente che sono commosso cerebralmente da gesti eccessivamente affettuosi". 
Trovo molto interessante, riprendendomi appunto al testo del "Capa", vedere come molti affrontano le giornate: Anche se in questo momento ho una confusione mentale che mi spinge a boicottare la colazione a casa per farla al bar, mi presento sempre quella mezz'ora prima sul posto di lavoro e come spesso accade...leggo. "Sei sempre che leggi, non so come fai", mi sento dire da chi magari parcheggia vicino e arriva in perfetto orario per timbrare il cartellino. Semplice, determinazione e costanza. D'altronde non serve  un giardino zen per trovare la pace lavorativa. Qualsiasi posto va bene per ricaricare le batterie ma molti, evidentemente, ancora non lo sanno o non l'hanno trovato. 



Il tutto prima di perdere la pazienza e seguire passo passo ciò che, ironicamente, racconta Jack Nicholson in un film. (Ovviamente scherzo).

Amo la lettura da sempre, è un dato di fatto ( a proposito, se siete iscritti contattatemi pure su GoodReads). Nel mondo che mi circonda sono veramente poche le persone che prendono in mano un libro e leggono. Fortuna che, chi lo fa, si mette d'impegno anche per chi si limita a sfogliare la gazzetta. Giusto stamattina ad avere conferma di ciò mi son sentito dire da una barista che conosco "Che bello, è così raro vedere una persona che legge al giorno d'oggi...bravo Mirko!".

Le altre cose in comune sono, ovviamente, l'alter ego (in questo caso il nome che utilizzo sul blog) e la passione per la scrittura.
"Holden" si ribattezza così per un distacco nei confronti della famiglia, lo si percepisce dalle scene e dal freddo rapporto tra loro (senza entrare troppo nei dettagli, rovinando il film). Nel mio caso "Miroslav" non va tanto lontano da Mirko, in quanto il secondo è ufficialmente il diminutivo del primo a insaputa dei miei.

Il distacco, come sanno in molti e scritto qua e la, lo prendo da quello che è il mio paese di residenza. Non sono "ufficialmente" di Udine come scritto. Ma in quanto utilizzo il blog come ipotetico social scrivendo riflessioni anche personali, cerco se possibile di prendere le distanze da chi per troppo tempo si è fatto i cazzi miei ai tempi di facebook, stampando foto a tradimento o altri numeri da circo. Questo mi porta, citando il post precedente, a indossare una maschera sul web (o forse toglierla svelando cose spesso personali?) o come spesso accade cogliere sfumature caratteriali dei vari protagonisti di un libro che leggo e farmele  mie, immedesimandomi in loro. Tant'è che, ora che sto leggendo Caino, non vi dico con che occhi vedo il mondo. Probabilmente distorto come il giovane Thomas Worther (il vero nome di "Holden"/Gyllenhaal) quando legge "Il giovane Holden", appunto.  O per dirlo con le parole di Justine/Aniston:




Fortunatamente, citando il titolo che ho dato al post con un gioco di parole, mi ritengo la versione "buona" del protagonista maschile. Come cantavano i miei amati Nirvana, ai tempi d'oro su Rai Tre "Teenage agnst has paid off well / now i'm bored and old" (la rabbia adolescenziale ha pagato bene / ora sono annoiato e "vecchio"). Oltretutto devo dire che questa canzone, "Serve the servants" (una delle mie preferite tra l'altro), si sposa benissimo con Holden e...con me, in tutta questa confusione mentale citata all'inizio.


Se vi capita guardatelo. E' il classico film americano ambientato in quei paesini dove regna un clima grigio e di malessere stantio, un film che mi ha riportato (come luogo e abitanti), tra le pagine di un libro letto qualche anno fa: Shotgun Lovesongs di Nickolas Butler -consigliato dal sottoscritto-. Un film che si merita il classico "più che sufficiente" ma allo stesso tempo si lascia guardare con attenzione, merito anche di un cast niente male che sa il fatto suo. Ognuno di noi riuscirà a immedesimarsi in qualche ruolo del film. Complice anche le scene o avvenimenti tratti dalla vita quotidiana di tutti.




domenica 6 ottobre 2019

I'm Batman! 🦇





(Premessa, non prendetevi troppo a male: Sono cresciuto con "Batman - La serie animata" e i Batman di Tim Burton, è normale dare un tocco cupo a questo tema. Chi li conosce, sa a cosa mi riferisco).

-Chi non coglie la sfumatura, probabilmente avrà visto troppe volte "Batman & Robin", di Joel Schumacher-




Sabato 21 Settembre era il "Batman day". 80 anni del cavaliere oscuro.
Come sempre i miei auguri scritti arrivano sempre dopo, il classico invitato che si ricorda tardi ma quando incontra il festeggiato riecheggiano ricordi, mettendo in preventivo giri di birra a random e le ore piccole. Tenendo conto così che molte volte il pensiero vale più di un freddo messaggio di testo puntuale.

Ora inutile svelare la storia di Bruce Wayne / Batman. Chi non la conosce, citando la gialappas ai tempi di "Mai dire gol", è un brufaldino.
Come mai però mi ha sempre attirato a se, come una calamita, questo supereroe?

Pur avendo un vago ricordo delle puntate con Adam West durante la mia tenera età (ora, ovviamente, ho il cofanetto con tutta la serie), l'impatto è stato con "Batman - La serie animata" (idem), presente per noi nati negli ottanta su Bim Bum Bam nella fantastica programmazione di quelle estati, con Taz-Mania pronto a farci divertire, anche se non mi ricordo se prima o dopo.
Nello stesso periodo vedevo continuamente il film "Batman - Il ritorno", di Tim Burton. Ero ossessionato da quel film. Aveva tutto quello che cercavo in una pellicola.
Successivamente sono arrivati i fumetti presi in edicola, altri film - Escluso Batman & Robin, mai visto...e c'è una ragione - e molte citazioni da altre serie tv o cartoni animati.

Rivedendo i sei film in mio possesso, durante questa ricorrenza, a 35 anni posso dire che la risposta esatta è, senza ombra di dubbio, la forza di volontà nel reagire a determinate azioni. Specie se negative e ci fanno soffrire.
Un monologo che si sposa benissimo con il personaggio creato da Bob Kane e con il sottoscritto è preso dal film "Revolver":



Già. Furbizia, Sofferenza, Consapevolezza, determinazione e ricerca perenne della pace interiore.
Probabilmente tutti noi amanti del crociato mascherato abbiamo qualche similitudine col nostro eroe. Che sia il senso di giustizia o vendetta. Spetta solo a noi stessi scavare a fondo nel nostro io.
Nel mio caso, per quanto cupo può sembrare questa prima parte iniziale del post, è proprio il vivere nell'ombra accanto alcuni "demoni metaforici" che mi tormentano ma allo stesso modo mi danno la forza, il classico istinto di sopravvivenza. Anche perché credetemi...è bello avere una memoria come la mia, ma spesso si presentano ricordi dolorosi dal nulla. 
Come Batman: Attendere nell'oscurità, appunto, il momento giusto per entrare in azione e sbaragliare tutti, a prescindere delle dicerie o il ruolo che ricopriamo nella vita quotidiana: Sono sempre stato quello preso sottogamba, a scuola, nello sport e in certi casi anche in famiglia.
Se devo pensare al momento in cui mi sono ritrovato metaforicamente solo, come il giovane Bruce dopo la morte dei suoi genitori, è stato nell'Agosto del '95. La morte di mio nonno.
Col senno di poi, senza fare paragoni esagerati o riduttivi perché si sa: L'amore dei nonni per i nipoti è indescrivibile, io e lui eravamo come Bruce e Alfred. Si prendeva cura di me, pazientemente, durante la formazione etica e morale nei primi anni di vita (senza nulla togliere, ovviamente, ai miei genitori). M'insegnava i valori quelli buoni e farmi coraggio, nelle avversità della mia vita o sulle mie paure. La mia è sempre stata l'altezza, per esempio. Ora non ricordo esattamente il giorno o le dinamiche, anche perché vivo in perenni stati fatti di "Effetto Mandela", ma durante un mio giorno di malattia, doveva pulire il camino di casa mia ed era salito sul tetto. Non penso di esser salito su con lui, anche perché era una persona responsabile quanto sensibile e attenta. Sicuramente vederlo lavorare con sicurezza e attenzione mi ha donato fiducia. Fiducia ritrovata quando, nel mio periodo da idraulico molti anni dopo, dovevo salire sui tetti per installare pannelli solari.


Ricreare se stessi dal nulla:

Batman Begins, che tanto adoro, rende bene il lavoro che la singola persona deve fare su se stesso per ottenere risultati sperati: Rinunce, sacrifici e sputare tanto sangue.
Non mi ritengo una perona "arrivata" perché, carte alla mano, sono un commesso che scrive sul web le sue esperienze di vita, pari a quelle di tutti gli altri esseri umani. La vita stessa ha tanti insegnamenti da donarmi e non sempre è facile seguire le varie lezioni impartite, se alcuni compagni disturbano. Ma posso dire che mi sono sempre rimboccato le maniche trovando sempre la soluzione adatta a me:
-  Fisicamente, accettando i miei limiti dovuti alla mia condizione fisica e di salute per le difese immunitarie, per esempio: Ho sempre nascosto queste debolezze pur convivendoci quotidianamente, trasformandole in punti di forza. Ho imparato a diminuire lo sforzo fisico sportivo durante l'autunno/inverno? Bene, scrivo o mi tengo occupato in altre forme. Allenerò la mia mente. Attualmente per esempio sto leggendo "La scienza del respiro", di Mike Maric. Mi sto rendendo conto da solo quanti esercizi posso fare per le mie vie respiratorie, dando loro nuova linfa in vista dei periodi più caldi e iperattivi. Per non parlare delle ricette sempre qui presenti, giusto ieri sera abbiamo preso spunto dal libro divorando il "Trancio di salmone in crosta di pistacchi con insalata di avocado e arancia". Sublime.
- Mentalmente, imparando ad essere più furbo e perspicace di chi si ritiene tale. Tant'è che film come Revolver o Memento mi hanno aiutato a valutare certi aspetti passo passo e riflettere attentamente a ciò che mi circonda. Prendere appunti e solo quando si è sicuri di qualcosa prendere posizione e fare la mia mossa. Ovviamente anche qui, cinema a parte, c'ho messo del mio. Detta senza filtri sono la classica persona che ha inghiottito troppe delusioni e sconfitte, ma la mia testardaggine mi ha sempre fatto rialzare dimostrando ai vari detrattori che si sbagliavano, sul mio conto.



Batman & Catwoman




Su questa coppia è stato già detto tutto. Mi fa commuovere ogni volta vedere anche qui la consapevolezza del "vorrei ma non posso". Così simili e complici, eppure così distanti. Chiedere a Michael Keaton e Michelle Pfeiffer per avere conferma.
Tutti siamo destinati a un frammento della nostra lunga vita, dove per quanto attratti, ci capita l'esperienza di patire uno dei peggiori dolori di questo mondo. Nessuno di noi sa bene come reagire, quando ci si toglie la maschera nei momenti di solitudine. A prescindere se da uomo pipistrello o da donna gatto e dai rispettivi meme creati sui post relazioni "reazione uomo/reazione donna". Ovviamente, un paio d'anni fa, ci sono passato anche io. Evitando i dettagli, le esperienze negative o scivoloni imbarazzanti fatti forse per distrarsi. La lezione è sempre quella: "Non è tanto chi sei, ma quello che fai, che ti qualifica". Anche se a dirlo è la giornalista Rachel Dawes.  Me ne sono reso conto da solo in un determinato momento, e non uscivo da una festa con due "pupe" come il Sig. Wayne nella scena in questione.
La cosa positiva, parlo ovviamente per me, è stato ripartire da zero. Senza provare odio o rancore per alcune persone. Ora sono molto felice della strada che ha preso la mia vita e di chi mi sopporta quotidianamente, nel bene e nel male.
 Non proverò mai sentimenti contrastanti verso chi mi ha ferito, ma solo gratitudine: Senza determinate lezioni e "bernoccoli emotivi", sicuramente non diventavo la persona che sono in questo momento della mia vita. Consapevole dell'amore che posso contraccambiare a chi me ne fa dono. Di conseguenza auguro per riflesso tanta gioia, positività e un meraviglioso sorriso.


Ovviamente c'e tanto di cui parlare, soprattutto riguardante l'universo Ghotam. Ma l'argomento "villains", che nel mio caso non passa inosservato (In questo momento ricordo vagmente lo spaventapasseri / Dr. Jonathan Crane  shakerato con "Drugo" Lebowski visto l'accappatoio casalingo e dei capelli di una lunghezza media tra i due personaggi. L'immagine profilo è un vago ricordo del significato del termine "pettinarsi",ormai), l'affronterò quando avrò modo di vedere "Joker", di Todd Philips.

Posso dire però di essere sempre grato a questo fumetto nato ormai 80 anni fa e le varie influenze che, col passare degli anni, sono entrate nella mente di giovani lettori diventati poi fumettisti e sceneggiatori. Basta pensare a Seth MacFarlane e alle battute dette da Peter Griffin e lo stesso Adam West, che doppiava se stesso nelle vesti di sindaco di Quahog, per non parlare del nostrano Paperinik di Elisa Penna e Guido Martina o Tad Stones e Darkwing Duck (si, ho pure questa maglietta!). Stavo dimenticando Matt Parker e Trey Stone di South Park: Dare voce a Kenny nei panni di Mysterion con un timbro vocale alla Christian Bale è geniale!
Dulcis in fundo Leo Ortolani e il suo Rat-Man: Mi ha donato parecchi momenti d'ilarità...anche se non ho mai ricevuto il finale alternativo di "Rat-Man" collection pur inviando per tempo le pagine finali degli ultimi fumetti. Forse perché...sono di Udine.







Probabilmente, il vero motivo per cui adoro Batman è perché trovo riparo in qualcosa di più profondo, soprattutto nei momenti in cui Bruce si appresta a indossare il costume prima di salire sulla sua bat-mobile: L'identità è un comodo rifugio per chi, probabilmente, ha paura di se stesso.
A prescindere dell'alter ego, che sia appunto Batman, "Miroslav Cech" o... Alexander Supertramp. Ma questa, è un'altra storia che probabilmente racconterò col passare del tempo.




giovedì 26 settembre 2019

"Alpha: Un'amicizia forte come una vita" o, nel mio caso: "non ce la faccio, troppi ricordi" (cit.)





Sottotitolo: "Guardami come Mirko guarda i cani"


Ne è passato di tempo da quando avevo visto questo film al cinema (ora in programmazione su sky, per i vari interessati). Volevo, una volta uscito dalla sala, scrivere un post a riguardo ma ero emotivamente provato complice il mio amore per i miei cani che ormai non ci sono più da troppo tempo.

A farmi sbloccare questa idea e a esternarla c'ha pensato l'amore per gli animali di Vanessa Varini  ("Blog di cinema e non solo") e questa intervista, che potete trovare cliccando questo link. Tra l'altro ringrazio ancora per questo suo gesto nei miei confronti, è gratificante vedere persone collaborare insieme e formare un gruppo vivo, compatto...vero! Accantonando per una volta User, Nickname e blog mettendosi così a nudo imparando così a conoscere le persone e i perché delle loro vite, dimenticando il ruolo di "blogger" o nel mio caso...presunto tale, visto che spesso scrivo "di getto", come la canzone dei Fratelli Calafuria che tanto adoro.


Il film è ambientato 25.000 anni fa in Europa. Durante la caccia ai bisonti, un ragazzo rimane separato dal proprio gruppo e si trova a combattere contro le intemperie che la natura gli porta davanti e da un branco di lupi grigi. Salvandosi, ferendone uno per poi accudirlo e riabilitarlo visto che il branco l'ha abbandonato, nasce così quella che è l'amicizia tra uomo e (futuro) cane.

Perché ho avuto tante difficoltà? Innanzitutto perché durante l'uscita cinematografica era venuto a mancare il cane di una mia cara coppia di amici, il che mi aveva portato a rimandare pure la visione, di settimana in settimana. Definire "cane" Kiba, il loro Akita-Inu, è riduttivo. Loro stessi quando lo presentavano a qualcuno in mia presenza dicevano sempre "E' il fidanzato di Mirko", per le feste che mi faceva ogni volta che mi vedeva, per non parlare della compagnia e dei momenti di gioco ed euforia passati insieme. "Respect, Kiba. Come i veri", ti dicevo battendomi il pugno sul cuore e poi indicandoti, con ironia e la complicità facilmente reperibile in una coppia degna di Will Ferrell e John C. Reilly.
Poi ovviamente il ricordo va ai miei Bonnie e a Cin-Cin. Li avevo già nominati nel post riguardante il film " "Torna a casa, Jimi! (10 cose da non fare quando perdi il tuo cane a Cipro)".

Questo film mi ha commosso. Durante il film continuavo a pensare a tutti i cani che sono entrati nella mia vita, anche brevemente, ma scodinzolando con gioia. Anche se ora non ci sono più.
Mi ha fatto ricordare quanto amore incondizionato mi hanno dato tutti loro  e di come, molte volte, sono stati più amici (e soprattutto umani) rispetto a determinate persone che si ritenevano tali.
Ricordo con piacere Dana, il pastore tedesco di un cugino di mio padre, e le serate passate in sua compagnia a rincorrerci durante le grigliate mentre "i grandi" parlavano di tutto e niente e stavo spesso per i fatti miei, in quelle notti estive, tra cani e la cattura delle rane. Stesso discorso per Trixy prima e Thor poi, entrambi dobbermann dei miei cugini di Trezzo. Mia madre ricorda ancora quanti "dispetti", fatti ovviamente senza cattiveria, facevo da bambinetto e lei impassibile si lasciava si tormentare da questo bipede friulano, ma allo stesso tempo coccolare subito dopo. Il secondo invece ho avuto il piacere di conoscerlo a fondo durante un loro periodo in vacanza dalle mie parti nel 2011, notando la gelosia di Bonnie che puntualmente richiamavo all'ordine dicendole ironicamente di "prendere esempio" per l'affettuosità. Anche se lei già lo dimostrava ovviamente a suo modo, e come in tutte le cose certi dettagli li afferri solo quando non li hai più con te. "Quelle piccole debolezze che conoscevo solo io", citando Robin Williams ne "Will Hunting . Genio ribelle". E si, il rapporto che avevo con Bonnie era pari a quello di una coppia sposata, inutile negarlo.


Foto di repertorio 2011: Io che gioco con Thor, sotto gli occhi vigili (e gelosi) di Bonnie.

La lista di amici è lunga. Amici senza le virgolette, perché veramente li ritenevo tali: Un cagnolino come Ulisse, del mio vicino di casa e la sua storia: Mentre andava con la sua moto da cross dalle parti del Tagliamento aveva trovato questo cane abbandonato e ne ha preso poi cura, proprio come la canzone di Battiato e che associo alle prime operazioni di Bonnie, ovviamente operazioni per il bene della sua salute e i vari viaggi sulla mia vecchia lancia y con questa canzone di sottofondo.
Ulisse mi faceva tante feste quando mi vedeva. Peccato per la brutta fine che ha fatto, scappando poi di casa. Per non parlare di Shanna, di altri miei vicini e la sua immancabile "carota" giocatolo che si sentiva a distanza del terrazzo che ci divide...e molti altri che ora non sto a elencare ma comunque sempre presenti nella mia mente, come l'eco dei loro nomi quando venivano chiamati dai vari vicini per la pappa: "Tarrooo / Fifiii / Adùaaaa". E Arturo, il buon Arturino, fedele mascotte e intrattenitore del mio caro amico durante le partite a ISS PRO o FIFA fatte a casa sua e ovviamente Pippo: Il latin lover del paese. Il dalmata del fratello di mia nonna, Zico (Ovviamente Forza Udinese!) e i due cani di una mia cara zia, Tosh e Dog e l'idea che da qualche anno, purtroppo (per noi familiari) si sono felicemente ritrovati. Così appunto come quando mio nonno, anni dopo la sua scomparsa, ha accolto a braccia aperte il nostro Cin Cin ormai orfano di quello che era il suo compagno di vita. Come lo ero io per tutti loro.
Cin-Cin, che ogni mattina, dopo la morte di mio nonno, nell'Agosto del 1995, guardava da lontano casa sua e lo aspettava per la colazione che con una sensibilità difficile da trovare nei giorni nostri, il suo amico umano gli preparava. Eravamo come i tre moschettieri, fino ai miei 11 anni (e i due anni successivi con il mio amico a quattro zampe). Quando non andavo a scuola ero li con loro e vedevo l'amore che mio nonno donava ai nostri animali. A prescindere se erano cani, gatti o galline. E sarò sempre grato, per questa lezione che a mia volta tramanderò alle future generazioni.

Avevo scritto "felicemente", qualche riga più in alto, perché chi ha un cane sa a cosa mi riferisco. Inutile ribadire il concetto dell'amore incondizionato che i nostri amici scodinzolanti ci donano continuamente. Non mi ritengo una persona credente, il mio rapporto con la religione è parecchio complicato e ne avevo già accennato qualcosa qui . Il che fa anche capire perché le uniche "preghiere" che faccio, se così si possono chiamare ovviamente, sono rivolte a cani che vedo camminare per strade trafficate e la loro incolumità, piuttosto che a degli esseri umani. Probabilmente perché ci sono passato con Ulisse, anche se non era mio e so anche solo per riflesso il dolore che una persona prova in certe circostanze.
 Sono però convinto che, prima o dopo, tutti ci ritroveremo con gioia da qualche parte, sommersi di feste pari a quelle che Dino faceva a Fred una volta rientrato a casa da lavoro.





Inizialmente avevo scritto che molti di loro sono più umani di noi. Sacrosanta verità. Così empatici e comprensivi, privi di giudizio a prescindere dell'orientamento sessuale, religione o etnia. Forse è anche per questo che spesso sono riservato con una buona parte dei miei simili, succube le brutte esperienze vissute che hanno influenzato il corso della mia vita. Mentre con loro mi trasformo manco fossi Pallino, protagonista del libro che mi accompagna da quando avevo 8 anni a questa parte: "Cuore di cane", di Michail Bulgakov: "Il mio spirito non si arrende. Lo spirito canino è l'ultimo a morire".


Queste sono solo "confessioni di un malandrino", che fin da bambino passava più tempo in compagnia degli animali che con gli umani. D'altronde, citando la canzone di Branduardi

"E tu mio caro amico vecchio cane,
Fioco e cieco ti ha reso la vecchiaia
e giri a coda bassa nel cortile
ignaro delle porte dei granai.
Mi sono cari i miei furti di monello
quando rubavo in casa un po' di pane
e si mangiava come due fratelli
una briciola all'uomo e una al cane.

Io non sono cambiato,
il cuore ed i pensieri son gli stessi,
sul tappeto magnifico dei versi
voglio dirvi qualcosa che vi tocchi."





Foto di repertorio (probabilmente 1988/1989), io e Cin-Cin.




Anni dopo, 3 Novembre 2014, con Bonnie.


venerdì 20 settembre 2019

La mela non cade mai lontana dall'albero: Il mio rapporto con i film western (e non solo)



Quando si dice "Tutto suo padre":

Da un po' di tempo a questa parte, complice una connessione internet che non mi da l'opportunità di vedere cosa offre sky, ho tolto un po' di polvere da alcuni vecchi film presenti qua a casa. Film che volevo vedere da tempo. Una buona percentuale di loro è fatta di fanterie, cowboy e la più classica delle camminate di John Wayne.

Dal titolo del post e dalla prima riga scritta è facilmente intuibile chi, silenziosamente, mi ha influenzato a distanza di anni. Probabilmente con molta fatica, visto che il mondo dei cowboy è il suo universo da sempre: Attento collezionista dei fumetti di Tex fin dalla sua gioventù, mio padre nel corso degli anni ha sempre in qualche modo provato a spingermi in questo mondo, forse un po' troppo distante per un ragazzino (ai tempi) che restava a bocca aperta per le avventure di varie coppie o quartetti di amici. A prescindere se erano due fratelli in missione per conto di Dio, oppure Stella Solitaria e il suo fido amico "Rutto" (Spaceballs), degli acchiappa fantasmi e per finire un giovane ragazzo di Hill Valley e il suo amico scienziato (visto le videocassette che giravano a casa mia in quel periodo).

Fino a che...



(Chi mi conosce, sa che questa foto è presente in una delle mie giornaliere t-shirt. Viva la prevedibilità)


Come in una puntata dei Simpson, dove Bart incontra l'attore Buck McCoy -Doppiato dal grande Corrado Guzzanti-, nell'ultimo periodo delle elementari non ritornò "di moda" tutto ciò che aveva a che fare con i Western, ma l'ultimo capitolo di Ritorno al futuro è stata quella scintilla che inizialmente ha alimentato questo fuoco che sto vivendo a trentacinque anni, forse con la giusta mentalità. Il tutto assieme ai fumetti di Lucky Luke e di Coccobill presenti sul Giornalino.
Ricordo ancora i vari sabato pomeriggio. Io ed uno dei miei più cari amici avevamo l'abitudine di fermarci a casa mia per vedere queste varie VHS presenti a casa, dopo quella mezz'ora di dottrina. Mezz'ora, detto senza imbarazzo, dove davamo il peggio di noi: Provate ad immaginare le piccole canaglie possedute da "Giuditta", il piccolo diavolo di Benigni. Non dico altro.
Con questo mio caro amico ho tutt'ora un meraviglioso rapporto, in qualche modo avevo proiettato la complicità di Doc e Marty McFly in noi. L'esempio più eclatante che ho in mente è l'entusiasmo nel ripetere lo scambio di battute: "Mani in alto!" "E' una rapina?" "...è un esperimento scientifico."
Inutile dire che altri dialoghi del film mi sono entrati sottopelle, non li elenco altrimenti più che un post diventerà il copione del film. (Da quello che ho notato nel tempo, però, posso dire di strappare una risata generale quando imito l'espressione di Biff nel sentire perplesso la frase "Smettila di fare il Rambo!").

A distanza di anni dalla sua uscita ovviamente, catturò la mia attenzione un film che tutti abbiamo visto. Un classico del cinema italiano amato da tutti e tutt'ora presente sul finire delle serate fantozziane "frittatona di cipolle, familiare di birra gelata e rutto libero" tra amici (anche se col tempo siamo diventati molto più sofisticati: Birre artigianali da degustare e il rutto libero non è più di casa da tempo). A introdurlo una rappresentazione cinematografica delle serate appena descritte:



Ovviamente lo spareggione finale va sempre a finire tra "Lo chiamavano Trinità", appunto, e "Tombstone" con Kurt Russell e Val Kilmer.

Sui due film di Trinità è già stato detto tutto, anche se la frase di mio padre "Questo mi da l'idea di un vero Western: Gente sporca, trasandata! Non cowboy ben vestiti e ordinati" mi è sempre rimasta impressa, notando poi questa caratteristica che accomuna svariati film, influenzandomi cinematograficamente parlando nel corso del tempo, anche con le fagiolate alla Bud.
Figlia anche di quel film già citato di Robert Zemeckis è quella frase detta da Buford Tannen: "Nessuno mi chiama Cane pazzo! E soprattutto non un camarelloso, merdoso damerino come te!" , riferita a Marty/Clint e il suo look da cowboy del cinema anni '50, durante il suo passaggio nel 1885.
Come dargli torto. Ovviamente sono solo rappresentazioni cinematografiche, ma col passare del tempo ho notato questa caratteristica nei vari protagonisti (Su tutti "El Dorado", con John Wayne. Uno dei primi classici visti con attenzione). Una volta eliminato questo dettaglio critico mi son lasciato trasportare dalle storie e in un certo senso, mi son sentito molto più vicino a mio padre di quanto pensassi: Non è il classico "Indiani contro cowboys" quanto lo spirito dell'avventura, trame ben stese a coinvolgermi.

Prima di tuffarmi in questo nuovo mondo cinematografico in puro stile "vecchia scuola", concedetemi il termine, va precisato che a incuriosirmi sono stati i vari riferimenti a questo stile o determinati film. Il tutto tra i '90 e i 2000: "Scappo dalla città: La vita, l'amore e le vacche" mi ha fatto conoscere la comicità di Billy Crystal, per esempio. Ed è una di quelle pellicole che se presente in televisione di certo non cambio canale, complice anche le battute e le varie espressioni comiche dell'attore Newyorkese. La sua gioia nel conquistare il traguardo finale canticchiando la sigla di "Bonanza" a mio dire da l'idea della sua generazione e quella non troppo distante di mio padre (l'attore è del 1948, mio padre del 1954): Quella semplicità di rivivere ricordi passati da bambini, dove la fantasia e l'influenza dei fumetti di quel periodo e dei soldatini di plastica avevano la meglio, senza essere schiavi delle notifiche quotidiane.
"Cowboys and Aliens", come la serie tv Westworld, avevano catturato la mia attenzione. Ora non so se definirli "Steampunk", ma di certo il nesso è quello. Anche se della serie TV mi sono fermato alla prima stagione, la seconda ho avuto un po' di difficoltà.
Gli ultimi film, già più recenti, ad attirarmi in questa ragnatela di Whisky e sparatorie, sono "Revenant", "Django" e "The hateful eight".  E non lo dico perché adoro la bravura di Di Caprio o di Tarantino, anche se sono di parte. Ma il film vincitore del premio Oscar aveva quel messaggio extra che tanto cerco nei miei interessi: L'arte di arrangiarsi nelle situazioni estreme. Ancora meglio se ambientato in mezzo alla natura.
Da lettore quale sono, devo dire di aver letto solo dopo il libro da cui hanno tratto il film omonimo (Revenant, appunto, di Michael Punke) e in questo caso...sono pro-film: Evito di fare vari spoiler, ormai mi conoscete. Mi limito a dire che ha un finale completamente diverso. Ma non per questo non mi è piaciuto, tutt'altro.

Una volta che sono risultato positivo agli speroni e a vari album country e simili ascoltati dalla vasta collezione di mio padre, mi son sentito pronto per affrontare film quali "Il grande cielo", "Rio Lobo", "Corvo rosso non avrai il mio scalpo!", "Caccia selvaggia", "il fiume rosso" e "La costa dei barbari". Anche se quest'ultimo risulta più un film d'avventura che western. Anzi, citando il padre di un mio amico "lo conosco...è un film sentimentale più che western". Ma comunque ha il suo perché e una trama che a prescindere dai punti di vista ti cattura.
Dei tanti citati solo "Il fiume rosso", film del 1948 di Haward Hawks, non mi è piaciuto solo per il finale e la reazione che ho avuto...tutt'ora faccio fatica a trovare parole per descriverla.
Trama che mi ha catturato anche quella de "Il grande cielo", film del 1952. Sarò sincero: Tra futuri libri che leggerò (anche per risparmiare qualche soldino), ci sarà il libro omonimo di A.B. Guthrie da cui hanno tratto il film.
So della sua esistenza perché l'avevo regalato a mio padre qualche natale fa, ma lui stesso mi ha detto che il suo approccio alla lettura è calato rispetto a qualche anno fa, pur avendo letto un quarto abbondante di pagine. Farà la stessa fine di Revenant, ovvero finire tra i miei ripiani (Anche quello era un regalo per lui).

A prescindere dall'età che avanza e i Tex che si moltiplicano in camera sua (sembra un disordinato museo di Sergio Bonelli editore), sono comunque grato di tutti gli interessi che mi ha trasmesso -senza nulla togliere a mia madre che, ovviamente, anche lei c'ha messo del suo su molti altri aspetti-: Col tempo ho imparato soprattutto grazie a lui a non mettere paletti tra generi musicali completamente diversi, stesso discorso vale anche per i film. Avere una mentalità aperta ci permette di avere un occhio critico su vari aspetti, imparando a confrontarci con chi ne sa di più e seguire determinati consigli in materia e cogliere determinati riferimenti o citazioni.

In questo caso posso dir loro grazie per avermi fatto crescere in un ambiente costruttivo ricco di attività stimolanti e creatività, da bambino (nonostante tutto). Se ora so apprezzare varie canzoni di Johnny Cash e la tecnica di Joe Maphis  il merito è suo e di quel sacchetto di soldatini blu di fanteria che mi aveva regalato da bambino e complici di mille avventure svolte nel giardino casa.

Ora, con futuri cambiamenti positivi sulla mia strada e pronto per affrontare una nuova avventura nella mia vita, immagino un dialogo (non proprio) Padre-Figlio degno di Jeremiah Johnson e Del Gue, tratto dal film "Corvo rosso non avrai il mio scalpo!"




In puro stile cowboy qual'è sempre stato e sempre sarà.



(Colonna sonora ascoltata durante la realizzazione del post: "lo straniero dai capelli rossi" Willie Nelson & Merle Haggard "Django and Jimmie" )

lunedì 1 luglio 2019

"Il mio migliore amico", film del 2006 di Patrice Leconte.



Mi son reso conto che, negli ultimi post, la parola "amicizia" o "migliore amico" è spesso frequente.
Una sera di qualche settimana fa, complice una noiosa programmazione tv priva di stimoli (e con Enigmi alieni in seconda serata), rovistando tra i vari dvd della mia collezione, mi son sentito letteralmente attirare da un film a mio dire sottovalutato e visto già svariate volte. Onestamente non ricordo neanche com'è finito tra le mie mani o quando l'ho acquistato. Di certo era uno di quei dvd in offerta speciale comprati per inaugurare il lettore dvd e si sa: non guardo i nomi degli attori, ma punto tutto sulla trama.

A fine film sentivo il bisogno di menzionarlo nel blog. Ma mi mancavano molte associazioni e agganci. Bastava solo aprire gli occhi nella vita quotidiana.

La trama di questo film, che vi consiglio, è molto interessante: François è un mercante d'arte, durante una cena tra colleghi tra un discorso e l'altro, la sua socia in affari lo accusa di non avere un amico o un migliore amico, facendo partire così una scommessa tra i due: Trovare il migliore amico nel giro di dieci giorni.
Per una serie di coincidenze trova Bruno, taxista e coprotagonista del film. I tanti fraintendimenti, nel vero senso della parola, sono sempre sul nascere. Causando incomprensioni e molte delusioni.
Ovviamente mi fermo qua, come sempre, evitando spoiler.

Giocando col mio cognome, da abile cecchino miro subito ad un protagonista. Studio le sue similitudini e mi affeziono. Trovando punti in comune e, in certi casi, esperienze di vita simili.
D'altronde è proprio per questo che esistono i film: Parlo sempre d'immedesimarmi nei personaggi, ma nel cinema, come nei libri, le abitudini di una persona sono a portata di tutti proprio per coinvolgere lo spettatore a non distrarsi durante lo spettacolo. Vi è mai capitato?
In questo caso, inutile dire, il chiacchierone Bruno riesce a trasmettermi empatia: A primo impatto sembra il classico tuttologo fastidioso, ma la sua è pura curiosità che lo contraddistingue fin da bambino: Quando era fan dei conduttori dei giochi a premi e ritagliava le notizie "Curiosità dal mondo" dalle riviste di enigmistica. Cordiale e disponibile con tutti, se può dare una mano non osa tirarsi indietro.
Storia, a grandi linee, già vista. Anche se la mia curiosità è merito di quel favoloso mondo chiamato internet (e di come riesco a spremerlo come un limone, pur di scoprire curiosità che non stanno ne in cielo ne in terra). Per non parlare della cordialità e il mio desiderio di attaccare bottone con persone sconosciute solo per il piacere di parlare. Scherzandoci su mi definisco sempre con autoironia, "Il Richie Cunningham del mio paese".
Ovviamente Bruno, com'era capitato a me alle superiori, ha un problema d'ansia: Il suo sogno è di partecipare alle trasmissioni a quiz ma, preso dal panico, non riesce mai a passare i provini. Probabilmente dovuto a certe situazioni dovute al passato e ad una sicurezza nei propri mezzi frantumata a causa di certe notizie ricevute.

La domanda che si sente con frequenza, nel film, è: "cos'è per te un amico?". Le risposte di François sono spesso descrizioni di colleghi o clienti. Questo modo di fare, quest'arroganza di sottovalutare l'amicizia, mi ha portato in mente un caso a me noto. Ma userò nomi fittizi, non voglio finire sul giornalino del paese per la merda che tiro alle persone ( o per dimostrare quello che realmente queste sono). Li chiamerò Raptus & Cactus. -si, sono in fissa con "Psichedelia" di Elio e le storie tese. -
N.B.: Cactus NON sono io.

Cactus è una persona buona di cuore, un po' stravagante nei suoi mezzi ma ricca di valori e cultura. Raptus è, oltre la mia nemesi nella vita reale, una persona che se ne approfitta della bontà di Cactus. Gli esempi sono tanti, troppi da elencare: Mancanza di rispetto, irriverente e saccente. Oltre a "La privacy, questa sconosciuta", visto che Raptus si presenta ogni maledetto giorno a casa di Cactus. Questa, credetemi, è solo la punta dell'iceberg. E non voglio continuare perché, a dispetto della canzone citata di Elio, non voglio "inacidirmi".
Il pensiero rivolto a Raptus è anche l'aggancio che mi ha illuminato per fare questo post, mentre ero in bici l'altro giorno e pensavo veramente a tutto. Ovvero: "Con i voti presi alle comunali (giunta, non fortunatamente come sindaco), non compri ne la simpatia ne la credibilità". Visto che non è ben visto in generale.

L'aggancio in questione sono varie scene del film, dove François cerca di farsi amici alcune persone del bar offrendo a tutti un giro, oppure comprando una vecchia scrivania da quattro soldi stimandola come pezzo d'antiquariato.
Amicizia, per me, non è questo. Innanzitutto non dev'essere una cosa forzata: Ho scritto spesso che risulto simpatico a molti, è vero, ma sono consapevole di stare sulle balle a molti altri. E con queste persone, di certo, non cerco d'instaurare dialoghi forzati. Prendo coscienza della cosa e me ne faccio una ragione. Solo fare questo piccolo passo è una forma di rispetto, a mio dire, per il prossimo e chi ci circonda. Non come Raptus che non si rende conto del fatto che Cactus ha una famiglia e, anche se non lo ammette, probabilmente vuole un po' di tempo per se. Essere invadenti, diventa pesante. Se non per chi ritieni tali almeno per le persone che fanno parte della vita dell'amico. Come la famiglia o i genitori.
L'amicizia la valuto in base alla qualità delle persone che frequento. Non alla quantità. Non timbro il cartellino per le uscite fatte insieme come se fosse un buono per una cena gratis al giapponese dopo dieci pasti. Sono i piccoli gesti: Portare le uova delle mie galline ad uno di loro, saper ascoltare nei momenti importanti e non farsi paranoie se uno "visualizza ma non risponde".
Se mi presento con la stessa frequenza di Raptus a casa di amici, ricevo lo stesso trattamento riservato al Pezza da parte di Aldo, Giovanni e Giacomo: prima le botte, poi "Taxi?... Malpensa!".

Sono solito guardare questa tipologia di persone in cagnesco. Gli amici lo sanno: Se il modo di fare irriverente di una persona non mi piace, non c'e verso di farmelo piacere. La mia simpatia non si compra con una birra offerta al bar, com'è capitato dopo il già citato disastro dell'11 Giugno 2016: Rifiuto per principio la tua offerta e me ne vado a casa. Non perdono o lascio scorrere come Cactus. E' un mio limite, ma ho i miei principi e in quanto persona di parola cerco di essere una persona coerente con me stesso.

Parlando di cose positive, uno dei tanti esempi che porto nel cuore in quanto amicizia è il rapporto che ho con una mia carissima amica di penna (a proposito, se vi capita cercate il suo libro qua su Amazon!), passata anni fa a trovarmi dopo svariate lettere. Volevo raccontarle tanti pensieri e idee. Da parte sua invece ho ricevuto lezioni importanti: La prima, ovviamente, la colazione abbondante, in quanto pasto fondamentale della giornata che ai tempi tendevo ad evitare; la seconda invece è il silenzio: Non bisogna mai forzare il dialogo. Inizialmente non capivo questo silenzio, ma poi col tempo ho imparato a leggere bene tra le righe. Scoprendo così una nuova forma di rispetto verso chi abbiamo di fronte:

Molte volte, i veri amici sanno essere tali anche senza spendere parole superflue.

Posso spendere ore a parlare di questo interminabile argomento: la differenza tra amici e conoscenti per esempio, così come il cambiamento dei ruoli nella crescita della persona e via dicendo. Avrò modo di continuare questo tema "evergreen", ne sono certo.

L'unica cosa che vi consiglio è di guardare (o cercare in streaming) questo film.

Buona visione.













mercoledì 12 giugno 2019

"Why can't we be friends?" ovvero riflessioni associate al film "A Wong Foo, grazie di tutto! Julie Newmar".




Perché associare la canzone dei War del 1975 a questo film uscito nelle case cinematografiche solo 20 anni dopo la canzone? Spiegherò tutto a tempo debito.

Volevo da tanto scrivere qualcosa riguardante questo film e il forte messaggio che mi ha donato. Ma ero sempre titubante, anche perché come spesso accade molte volte le belle parole spese per qualcuno o qualcosa nella mia mente suonano bene, a esternarle apertamente (o scriverle in una prima bozza) mi fanno sempre correre il rischio di essere frainteso e circondato dalla folla inferocita con torce e forconi.
Il primo impatto, che io mi ricordo, è stato nei primi anni 2000 su "Canal Jimmy" di sky. Canale che mi ha influenzato molto televisivamente parlando, da Seinfeld -storico rivale di Friends-, i miei amati Monty Python, Fawlty Towers, a seguire monologhi di vari comici tra cui Daniele Luttazzi e dissacranti puntate di south park.
Ricordo il teaser della pubblicità, ma stupidamente me l'ero perso. Fortuna vuole che è arrivato ibs.it come sempre a darmi grandi soddisfazioni per certe chicche cinematografiche, anche perché è stata dura trovarlo in programmazione nel corso degli anni.





La storia nel contesto è molto semplice: Due drag queen, Vida e Noxeema, interpretate da Patrick Swayze e Wesley Snipes, vincono un concorso che permette loro di andare ad Hollywood per partecipare così a "Miss Drag Queen dell'anno". A fine concorso incontrano Chi Chi Rodriguez (interpretata da John Leguizamo), una concorrente disperata per la sconfitta ma comunque piena di se  e decidono così portarla con loro, barattando di conseguenza i due biglietti dell'aereo in denaro, in maniera tale da viaggiare tutte quante assieme, insegnando alla nuova arrivata le quattro fasi fondamentali per diventare drag queen.


Ovviamente capitano spiacevoli imprevisti, quali il passaggio nel paese d'origine di Vida e l'incontro con sua madre che non ha mai accettato la sua sessualità, o l'incontro con uno sceriffo maschilista che, dopo aver "allungato le mani" a Vida, riceve una sonora lezione; fa partire la più classica e razzista caccia alle streghe, mentre loro si ritrovano in un piccolo paesino dalla mentalità che ricorda spesso molte zone a me note. (ogni riferimento a mentalità locali è puramente casuale?)
Senza spoilerare troppo l'andazzo del film, mi limito a dire che le tre protagoniste riescono a donare colore in questo piccolo paese e cerare un legame d'amicizia puro. Ed è qui che mi voglio fermare.(per il resto cercatelo in dvd, streaming o dove volete. Non voglio rovinarvi sorprese e altrettante emozioni. Ci penserà la pellicola a farlo). Ok, condivido solo una clip.



Esatto, Amicizia. Ecco il perché della canzone che da il titolo al post. Quell'amicizia con l'a maiuscola che tutti noi cerchiamo in svariate forme e cerchiamo di farla germogliare con dosi quotidiane di fiducia e onestà.
Ieri, mentre sfruttavo il bel tempo e percorrevo i miei primi 30 km dell'anno in bici, tra una pedalata e l'altra ho pensato ad alcuni amici o amiche e alcune confidenze ricevute in entrambi i casi. Il calore delle parole che ti avvolgono come una coperta e ricche di complicità, privi di secondi fini in stile "Lo stato A, Lo stato B" (Elio, a te la spiegazione).
Amiche, come amici, in alcuni casi spariti  (con in ostaggio alcuni miei dvd che probabilmente non rivedrò mai più) ed è stato facile per me associare, se vogliamo, la presunta diversità tra uomo e donna nella purezza del film e il messaggio di protezione reciproca - tra le tre protagoniste e le donne del paese -
Pari ad un'altro film: "Benvenuti a Marwen", visto al cinema qualche mese fa. Proprio perché, come nei due film anche io non noto diversità nelle persone, tantomeno etichette: Drag queen, etero, gay, bianchi, neri, donne, uomini, cristiani, atei...alla fine vedo solo esseri umani, come me. Le puntate de "esplorando il corpo umano" viste da bambino mi avevano fatto capire che (salvo la classica differenza tra maschi e femmine) non siamo poi così diversi gli uni dagli altri. E vale per tutti.
 Mi riconosco nei personaggi di questi due film: Non per tacchi e paiettes, non lo sottolineo per evitare momenti d'imbarazzo e facili fraintendimenti, sia chiaro. Anche se fosse non c'e nulla di male: Non sono dei vestiti a ferire gravemente le persone. Sono le armi ad ucciderle, assieme a quelle lame taglienti chiamate pregiudizi. Non la libertà di esprimere una propria identità nel mondo. Sicuramente invece, ci accomuna la percentuale femminile e la fiducia che in entrambi i casi si rivolge verso chi abbiamo di fronte. Alla fine sono sempre stato il classico amico "muto come una tomba" ma che allo stesso tempo sa ascoltare -pregio ribadito mesi fa da mia madre a cena-.
Cosa comporta questa mia fiducia, uomo o donna che sia? Forse il fatto che sono figlio unico, e vedo gli amici (Senza nulla togliere ai cugini, ovviamente) come quel qualcosa in più che effettivamente manca, nella mia vita. Per questo in certe occasioni tendo a diventare protettivo o geloso nei loro confronti. Nonostante tutti questi buoni propositi però mai mi sentirete dire "Sei come un fratello/sorella" in questo contesto. La ritengo una frase standard che se ripetuta più volte perde il suo significato, pari al "ti voglio bene". Anche perché non tutti si comportano come tali nei confronti del prossimo.
Anche per questo tendo spesso a fare comunella o cercare amici, nuovi o vecchi a prescindere: colmare pesanti momenti passati in silenzio. Ecco anche perché quando inizio a parlare non la finisco più. Si sa, in certe occasioni il silenzio non è un buon amico quanto si crede.

Ritornando al film, anche qui ci sono tante, troppe curiosità da menzionare per gli amanti del cinema: citazioni, cammei e riferimenti. Com'è stato per il post riguardante il film "Il Pap'occhio" anche in questo caso sono in crisi nera.
Visto che in lingua italiana molti dialoghi e riferimenti sono stati sostituiti, mi limito a nominare i cammeo non accreditati del compianto Robin Williams e di Naomi Campbell. Per non parlare della presenza di Ru Paul. Anche se proprio cammeo non è, visto che è stato accreditato e il suo nome compare nei vari titoli iniziali. Ovviamente la stessa Julie Newmar fa una breve apparizione nel film. (E da amante di tutto ciò che riguarda Batman ne sono più che contento: La Catwoman del 1966! Si, ho pure il cofanetto di quella serie). Al resto ci penserà wikipedia per voi curiosi e personalmente, mi sembra inopportuno copiare e incollare informazioni trascritte già da qualcun'altro.
Ok, dico solo che la reazione del poliziotto razzista e maschilista quando infila la mano sotto la gonna di Vida/Patrick Swayze è reale, perché quest'ultimo aveva messo una pannocchia nelle mutande!
Per maggiori informazioni: https://it.wikipedia.org/wiki/A_Wong_Foo,_grazie_di_tutto!_Julie_Newmar


E' tutto un circolo vizioso, questo post. Ieri sera alla fine della pedalata, sul divano in preda alle visioni mistiche, con un livido non so dovuto a cosa -maldestro come sono- e con Elio e le storie tese che mi ricordano quanto son pirla per fare 30 km dopo mesi d'inattività (fate clic sul nome del gruppo e ridete pure con me, ve lo concedo), cercavo pace mentale e fisica in televisione. Trovando così tre vecchi "amici" che mi hanno ricordato una cosa, soprattutto in questa scena.



 E le parole di Pau, dei Negrita, che fanno di contorno a tutte le emozioni provate. Sia nella visione di "A Wong Foo, grazie di tutto! Julie Newmar" quanto nella vita:

"...Quando inizi a capire che sei solo e in mutande, quando inizi a capire che tutto è più grande,
C'era chi era incapace a sognare
E chi sognava già
Tra una botta che prendo e una botta che do,
Tra un'amico che perdo e un amico che avrò
Che se cado una volta, una volta cadrò
E da terra, da li m'alzerò..."

Perché alla fine anche se alcuni amici svaniscono nel corso del tempo senza lasciare messaggi, ce ne sono molti altri pronti ad essere presenti in queste cadute. Magari com'è consuetudine ci ridono pure su, se sono se sono pari a delle gag fisiche esilaranti.
Ma in quelle emotive sono i primi a dare man forte e tutto il sostegno che abbiamo bisogno.